Tutte le incongruenze della bufala "la falsa morte di Babchenko per sventare un complotto di Putin"


Ancora più sbracata del “caso Skripal”, sempre più incredibile la bufala della falsa morte di Arkady Babchenko, inscenata per “sventare un complotto di Putin” e che continua a stare in piedi solo grazie alla disattenzione di tanti giornalisti che non notano evidentissime incongruenze. Ma ricostruiamo i “fatti” così come ricostruiti in conferenza stampa da Vassilij Gritsak, capo dei Servizi segreti ucraini (SBU) e da media al suo soldo.

Due mesi fa, grazie ad intercettazioni telefoniche, l’SBU viene a conoscenza di un piano per uccidere Arkady Babchenko, giornalista e “dissidente russo”. Il mandante è il Cremlino che passa 40.000 dollari ad un suo emissario a Kiev, il quale commissiona il delitto ad un ex agente dell’antiterrorismo ucraino.

Invece di porre in atto le contromisure più ovvie (arrestare killer e il suo pagatore inchiodandoli con le intercettazioni) il 29 maggio, l’SBU mette in scena il falso omicidio di Babchenko attestandolo con fotografie del “cadavere” e, addirittura, con la sdegnata condanna del Capo del governo ucraino Volodymyr Groysman. Il 30 maggio, colpo di scena. Conferenza stampa di Gritsak e Babchenko (che si scusa con la moglie che lo avrebbe pianto come morto). Qualche ora dopo l’SBU mette in rete il video dell’arresto dell’emissario del Cremlino. Video che, incredibilmente, cela con pixel il volto dell’arrestato e degli agenti nonostante la cattura avvenga in una strada affollata di gente pronta a filmare con il telefonino la scena.



Ora, poniamoci alcune ovvie domande.

Intanto, due mesi per attuare l’omicidio di un inerme giornalista? E poi, perché commissionarlo tramite un suo emissario ad un ex agente dell’antiterrorismo ucraino? Il Cremlino non aveva qualcuno dei suoi, solitamente discreti ed efficienti, killer? E perché la messinscena dell’omicidio? Forse l’SBU sperava di intercettare una qualche telefonata di congratulazioni di Putin?

Ma queste sono congetture. Meglio soffermarci su alcune incongruenze, come quelle che costellano questa foto diffusa dall’SBU.



La foto (tra l’altro, scattata non già “sulle scale del suo edificio”, ma all’interno di una abitazione, come attestato dal parquet e dalle scarpe su questo) doveva attestare l’avvenuto omicidio.

Si, ma doveva convincere (oltre l’opinione pubblica e il Primo ministro) anche il killer? In tal caso l’unica (strampalata) dinamica della messinscena avrebbe dovuto essere questa. Un agente protetto da un corpetto antiproiettile si fa sparare alla schiena tre proiettili, sperando che (come avrebbe fatto ogni killer degno di questo nome) non venga sparato anche alla testa. Poi, dopo che il killer è scappato, l’agente si toglie il corpetto antiproiettile (che non si rivela nella foto sotto la maglietta ) e le buste di sangue finto e si fa fotografare. E la moglie che fa? Prima di disperarsi e chiamare l’ambulanza, non da una occhiata alla faccia del tizio riverso per terra? Davvero piena di incongruenze questa ricostruzione.

Ancora più domande suscita la dichiarazione del Primo ministro ucraino che aveva subito accusato Mosca dell’omicidio. Ma perché mai un capo di governo avrebbe dovuto fare queste dichiarazioni sapendo di essere sbugiardato il giorno dopo dai fatti? L’ipotesi più probabile è quindi che anche Groysman era all’oscuro della messinscena. Una faida all’interno del governo Ucraino dietro la bufala Babchenko (così come per le sbalorditive dichiarazioni di Poroshenko cinque anni fa)? Può essere.

Sarebbe il caso, quindi, di stare in guardia dal regime di Kiev. Non continuare a riempirlo di soldi, come continua a fare l’Unione Europea.

Francesco Santoianni





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