Cacciatori di "rosso-bruni" che dichiarano: “Voto a sinistra e scrivo senza disagi sul Foglio e il Giornale”




Ma non avrebbe dovuto andarsi a nascondere per sempre? E invece, no. Il sito Rolling Stone dopo la spaventosa figuraccia di un appello antirazzista “firmato” da personalità che non ne sapevano nulla (tra le quali l’inviperita Selvaggia Lucarelli che così ci documenta sull’onestà della redazione di questo sito) torna in cattedra con una campagna diffamatoria contro chiunque, sopratutto a sinistra, si permette di mettere in dubbio i dettami della Globalizzazione: i cosiddetti “rosso-bruni”.

Apre la crociata della rivista un articolo sui “rosso-bruni” europei, firmato dal signor Guido De Franceschi che, tanto per evidenziare la sua coerenza politica si presenta così: “Voto a sinistra e scrivo senza disagi di esteri e di libri sul Foglio e sulle pagine culturali del Giornale”; prosegue la sua crociata Rolling Stone con “Un fantasma si aggira per l’Italia: il rossobrunismo” che, più che un articolo, si direbbe una lista di proscrizione (nella quale compare anche “L’Antidiplomatico”) da consegnare alla costituenda Psicopolizia dell’Unione Europea. Un articolo che meriterebbe, al più, una querela per diffamazione, se non fosse l’occasione per soffermarsi su questa faccenda dei “rosso-bruni” che sta alimentando una colossale faida, sopratutto su Facebook e che rischia di seppellire per sempre quel poco che resta della sinistra antagonista in Italia.

Quale sarebbe l’essenza dei “rosso-bruni”? Secondo i maître à penser di Rolling Stone, sostanzialmente il rifiuto della Globalizzazione. Sarebbero stati, quindi, “rosso-bruni” anche, a Genova, nel 2001, le centinaia di migliaia di No-Global? Se, per assurdo, lo fossero stati, non lo davano a vedere anche perché, nel 2001, la Globalizzazione muoveva allora i primi passi, l’esigenza da parte del Capitale di piallare ogni identità nazionale (anche con l’esautoramento dei vari parlamenti, per meglio favorire questo processo) era ancora agli esordi e abbastanza marginali erano allora i flussi migratori e le conseguenti reazioni nell’opinione pubblica.

Intanto, gli strateghi dell’Imperialismo non stavano con le mani in mano, anche perché il crollo del Muro di Berlino e la conseguente scomparsa dello “Stato Guida” necessitava di un nuovo punto di riferimento culturale e politico dove indirizzare le energie di milioni di giovani. Esplode così il fenomeno delle ONG, da allora cresciute esponenzialmente (da circa 600 dei primi anni di questo secolo alle attuali 30.000) e finanziate, in gran parte, da istituzioni governative e pescecani della finanza travestiti da filantropi. Loro caratteristica comune: la pretesa di essere gli unici depositari del bene, checché ne dicano parlamenti e governi democraticamente eletti. E sono proprio queste ONG, vere ancelle della Globalizzazione, a dettare, oggi, le mobilitazioni della “sinistra antagonista”, prima tra tutte l’accoglienza per tutti i migranti economici con le conseguenti accuse di “razzismo” rivolte a tutti coloro che non manifestano entusiasmo per il “multiculturalismo” o per il “meticciato”. Si animano così mobilitazioni spesso imponenti mentre – di riflesso – si riducono a sparute iniziative manifestazioni su tematiche che pure avevano visto folle oceaniche, come quelle contro la guerra o per la difesa dei diritti dei lavoratori.

Come già detto, chi, a sinistra, si oppone a questa deriva politica, finisce, quasi sempre, per essere etichettato come “rosso-bruno”, sopratutto se ha l’ardire di contrapporre alla Globalizzazione del Capitale il cosiddetto “Sovranismo”. Termine che ribadisce l’irrinunciabile diritto di popoli e di nazioni di poter gestire il proprio destino senza soccombere a diktat sovranazionali (basti pensare ad abominevoli trattati - quali, ad esempio, il TTIP - che pretendono di esautorare i parlamenti nazionali) ma che rischia di presentare come omogenei realtà quali “nazione” “popolo” o addirittura “Patria”, che sono, invece, attraversate da ineliminabili contrapposizioni, prima tra tutte quella tra sfruttati e sfruttatori.

Cosa fare per ricondurre le tantissime pulsioni contro la Globalizzazione (incluse quelle che hanno trionfato il 4 marzo) alla lotta di classe? Certo, se ci fosse ancora una organizzazione come l’Internazionale fondata da Marx, o qualcosa di simile, le cose sarebbero più semplici. Per il momento bisogna accontentarsi; ad esempio, unendo in Europa le forze della sinistra antagonista che, senza ambiguità e cedimenti, si oppongono alla Globalizzazione.

In Europa, ci sta provando, con Aufstehen, l’ottima Sahra Wagenknecht. Che sta al primo posto nella lista dei pericolosissimi “rosso-bruni” realizzata da Rolling Stone e da altri media padronali.
Ci sembra un ottima garanzia.

Francesco Santoianni

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