Coronavirus, c'è chi ci guadagna con l'Italia in ginocchio

Tutti a crocifiggere la Società italiana di anestesia, rianimazione e terapia intensiva che in un suo documento ha chiesto di “porre un limite di età all’ingresso in terapia intensiva (…) riservando risorse che potrebbero essere scarsissime a chi ha in primis più probabilità di sopravvivenza". E che altro avrebbe dovuto suggerire davanti alla sciagurata gestione di questa “epidemia Coronavirus”? Dove il tampone viene fatto a chiunque dichiari di essere “a rischio”? Dove si portano d’ufficio nei reparti di terapia intensiva anziani, oggi positivi al tampone, con problemi respiratori che in passato venivano curati e, spesso guariti, con una bombola di ossigeno e un medico a casa loro. Dove nessuno dice alla gente che le epidemie influenzali, senza nessun panico, si portano via ogni anno in Italia, mediamente, ottomila persone. Dove i politici, scimmiottando le autorità cinesi e farneticando di “cordoni sanitari”, si trincerano – dopo l’estromissione del buon, ma poco malleabile Walter Ricciardi - dietro le considerazioni dell’altisonante “Comitato tecnico-scientifico per l'emergenza Coronavirus” (composto, non da scienziati indipendenti, ma da super burocrati nominati da loro)…

Ma come è possibile che (divieti o meno) nessuno scenda in piazza contro questa follia che già ha bruciato 40 miliardi di euro, fatto collassare le strutture ospedaliere (dove già si registrano, ogni anno, quasi 50.000 morti per infezioni prese lì), gettato il paese nel caos, scatenato la caccia all’untore? Ma per scendere in piazza è importante capire che dietro questa situazione non c’è solo l’irresponsabilità di media e giornalisti che solo con la paura riescono a raccattare audience.


No. C’è ben altro, Lo spieghiamo in poche parole.

Questa storia del Coronavirus è nata, a dicembre, da una ennesima guerra mediatica contro la Cina, per supportare l’imposizione di dazi e sanzioni voluti da Trump. Guerra alla quale il governo di Pechino ha reagito con forza, sbalordendo il mondo per la sua capacità organizzativa e tecnologica e, soprattutto, imponendo un cordone sanitario nell’Ubei-Wuhan, principale distretto manifatturiero dove attingono le aziende occidentali. Un blocco della produzione che, certamente, ha rallentato la prodigiosa crescita del PIL cinese ma che, se continuava, avrebbe scompaginato l’economia dei paesi occidentali. Circostanza questa che, ad esempio, ha indotto, il governo USA e i suoi media a ridimensionare “l’allarme Coronavirus” fino al punto di rifiutare l’uso dei tamponi.


Tutt’altra situazione in Italia, dove i Cinque Stelle dovevano farsi perdonare, dagli Stati Uniti e dal PD, l’accordo commerciale con Pechino “Nuova Via della Seta”. E dove si è passati, nel giro di pochi giorni, dal rientro in classe, senza alcun controllo, di bambini provenienti dalle vacanze in Cina, allo stop dei voli aerei da e per la Cina. Questa confusa situazione politica e la conseguente debolezza del governo ha fatto si che a dettare il da farsi siano stati i media con articoli sempre più allarmisti che (ma questo è un classico dai tempi della “Mucca Pazza”) presentando solo persone preoccupate per l’”epidemia” ha finito per convincere la gente di una imminente e catastrofica minaccia. I risultati li abbiamo sotto gli occhi.

Ma quello che è un problema per milioni di Italiani può costituire una risorsa per pochi. Ci riferiamo alla irreggimentazione dell’opinione pubblica che, così come avviene per le guerre, oggi, in Italia, è garantita dall’allarme Coronavirus. Irreggimentazione che già ha fatto accettare misure antidemocratiche e che rischia di fare accettare infamie come il MES (Meccanismo Europeo di Stabilità) per il quale, a dicembre, il governo italiano, considerando l’ostilità dell’opinione pubblica, aveva chiesto un rinvio e la modifica di alcune clausole capestro (che, ovviamente, non sono state modificate)


E ora che il governo italiano, (dopo aver messo in ginocchio il Paese con la dissennata gestione dell’emergenza Coronavirus) va a chiedere “aiuti” (fossero soltanto l’invio urgente di mascherine) all’Unione Europea si sente rispondere che prima bisogna accettare il MES, la cui firma è prevista entro marzo.


Complottismo? Ne parliamo alla fine di marzo, dopo la firma del MES e la ratifica (se pure ci sarà) da parte del Parlamento italiano. Quando questa psicosi di massa sarà già svanita in pochi giorni.

Francesco Santoianni

Articolo già pubblicato su disastermanagement.it

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