Nessuna seconda ondata e iniziano i primi "mea culpa" dei media sul "modello svedese"


di Francesco Santoianni


Emergenza Covid. Invece dei tanti mugugni sui social, nascono le prime proteste di piazza. A Napoli, ad esempio, l’inaspettatamente grande manifestazione davanti la Regione (ovviamente, ignorata da quasi tutti i media) ha ridimensionato le pretese del governatore De Luca di chiudere tutte le scuole per quindici giorni; ad Arzano, invece, dopo i blocchi stradali organizzati dai commercianti, è stato mandato l’esercito mentre si paventa una ondata di tamponi per scovare, anche lì, quale altro positivo (asintomatico) con il quale continuare a terrorizzare la popolazione. Ma cosa chiedono queste manifestazioni? A differenza di quelle di maggio, dove lavoratori penalizzati dall’emergenza Covid mendicavano allo Stato sussidi (trovando una immediata sponda nei governatori locali), queste, e le altre che si stanno organizzando, chiedono, la fine di una fallimentare gestione dell’emergenza e quindi nuove misure.

Quali? Le richieste sono ancora confuse ma, almeno qui in Campania, si stanno facendo strada proposte come quelle già attuate in Svezia (qui l’intervista all’epidemiologo di Stato, Anders Tegnell del Corriere della Sera) o suggerite dal prof. Giulio Tarro e da tanti altri esperti degni di questo nome.

Sintetizziamo queste proposte.

Per quanto riguarda il famigerato ”aumento del numero dei contagiati” (dettato solo dall’enorme aumento dei tamponi), di fronte ad un virus – quale il Sars-Cov-2 – che, verosimilmente, resterà per decenni radicato nella popolazione - invece di porre in isolamento tutta la popolazione per paura che l’infezione possa lambire “fasce di soggetti a rischio” (quali iper-anziani o persone immunodepresse) si sta facendo strada la richiesta (come, ad esempio fatto in Svezia) di organizzare uno stabile servizio di protezione per ridurre l’esposizione a queste persone costrette oggi – magari febbricitanti - a scendere in strada per fare la spesa o incassare la pensione.

Per quanto riguarda il monitoraggio del contagio - invece della caotica disseminazione degli attuali tamponi (che attestano la “positività” anche davanti a rimasugli di virus) - si sta chiedendo una, seria e capillare, campagna di screening, basata su test affidabili e svolta dallo Stato (tolta, cioè, dalle mani di personaggi, come gli attuali governatori regionali che l’anno trasformata in una caccia all’untore solo per ottenere consenso) nella quale le persone che volontariamente si sottopongono a screening non rischiano di essere sottoposte a quarantena se si evidenzia il loro eventuale stato di positività.

Per quanto riguarda la direzione dell’emergenza - invece della ridda di consulenti di ministeri e di un Comitato Tecnico Scientifico, che si tiene dentro ogni possibile “esperto” per potere così, informalmente, avallare le scelte del governo – viene chiesto, - così come è per la Svezia, un solo epidemiologo, che, dopo aver sentito chi vuole, propone al Governo le sue soluzioni.

Per quanto riguarda l’informazione alla popolazione viene chiesta la fine dell’attuale terrorismo mediatico. In particolare, invece della divulgazione di non meglio precisati “decessi”, “contagiati”, “guariti”… si chiede la conoscenza della loro storia clinica. Viene chiesta, inoltre la fine della censura e dei provvedimenti disciplinari con i quali si tenta di silenziare i tanti dipendenti ospedalieri che osano dichiarare qualcosa di difforme dalla Verità Ufficiale.

Per quanto riguarda la mascherina, si sta proponendo il suo uso solo all’interno di spazi pubblici chiusi (stazioni, negozi, uffici…) se in questi non è possibile rispettare la distanza di sicurezza di un metro.

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