Da madre di tutte le Fake News a verità ufficiale in pochi mesi: ecco a voi la "scienza" di Fauci

25 Maggio 2021 11:00 Francesco Santoianni

Contrordine! Ora la storia del virus del Covid inventato nel laboratorio di Whuhan, additata per mesi come fake news, diventa una mezza Verità Ufficiale. Per bocca, addirittura di Antony Fauci che ad una intervistatrice che gli chiedeva se fosse ancora convinto che il virus Sars-Cov-2 avesse un’origine naturale risponde: “No davvero, non sono convinto di questo; penso che dovremmo continuare a indagare su quello che succedeva a Wuhan per scoprire cosa è successo. Sono assolutamente a favore di qualsiasi indagine che esamini l’origine del virus“.

Finora l’ipotesi del virus inventato sembrava, già nel marzo 2020, essere stata definitivamente accantonata dal mondo scientifico dopo uno studio pubblicato su Nature Medicine da un gruppo internazionale di ricerca guidato dal californiano Scripps Research Institute confermato da numerosi altri studi (il più recente, addirittura stima la comparsa di questo virus a 140 anni fa) mentre l’ipotesi del virus inventato formulata dal Premio Nobel per la Medicina Luc Montagnier (in realtà, da un suo collaboratore il biomatematico Jean-Claude Perez) non ha mai trovato posto nelle riviste scientifiche. Questo, ovviamente, non significa affatto che, dopo le dichiarazioni di Fauci, buona parte del mondo accademico non scenderà in campo a suo fianco pur di criminalizzare la Cina e scovare l’untore verso il quale indirizzare la rabbia di milioni di persone. In attesa di questo prevedibile giravolta, alcune considerazioni – saccheggiate dal mio libro “Fake news. Guida per smascherarle – su come la Cina abbia “inventato”, non già il virus, bensì l’allarme Covid.

Come è noto l’allarme Covid nasce dall’annuncio, diramato dalle autorità cinesi il 31 dicembre 2019, di un nuovo, pericoloso, virus – diffusosi, a loro dire, da un mercato di animali di Whuhan - per fronteggiare il quale hanno imposto, il 23 gennaio 2020, un cordone sanitario di due mesi nel distretto di Wuhan Hubei (58 milioni di persone), la realizzazione in tempi record di 6 ospedali da 1500 posti l’uno e blande misure profilattiche nel resto della Cina. Grazie a queste misure, la Cina (1,393 miliardi di abitanti) avrebbe avuto, in un anno, appena 4.636 decessi per Covid. Al di là dell’inverosimile cifra dei decessi per un virus che, comunque, aveva colpito anche persone a rischio come gli anziani e per una epidemia affrontata con un cordone sanitario realizzato due mesi dopo i primi casi, vi è un’altra questione sulla quale è il caso di riflettere: perché le autorità cinesi hanno realizzato queste misure per un virus che, già ai suoi esordi, rivelava un tasso di letalità inferiore a quello, ad esempio, della Sars del 2002? Sono possibili, quindi, letture diverse sul perché di queste misure?

La prima è che le autorità cinesi le avrebbero attuate, sostanzialmente, per rispondere alla ennesima campagna mediatica sul “virus cinese” (nata negli USA, si badi bene, già nell’autunno 2019) per supportare i dazi e le sanzioni alla Cina annunciate da Trump. Del resto in Occidente, le campagne mediatiche su minacce biologiche provenienti dalla Cina – spesso basate sull’”innata” sporcizia dei Cinesi – non erano una novità. Basti pensare a quelle inerenti la SARS del 2002 o l’influenza aviaria A H5N1 del 2005 per le quali le autorità di Pechino furono messe sotto accusa dai media occidentali, per anni, per la loro supposta inerzia. In tal senso la spettacolare risposta della Cina sarebbe stata una operazione meramente mediatica finalizzata ad enfatizzare, oltre al livello tecnologico e organizzativo raggiunto, l’efficacia del Programma per il miglioramento della Sanità cominciato nel 2003.

Un’altra lettura, che non esclude la prima, evidenzia che il Wuhan Hubei è il principale distretto manifatturiero dove attingono le aziende occidentali, soprattutto quelle automobilistiche. Il blocco della produzione conseguente al lockdown in questo distretto, quindi, stava strangolando non poche aziende occidentali e innescando un rovinoso effetto a cascata. In tal senso, il lockdown imposto dalle autorità cinesi può essere letto come una sorta di avvertimento ai paesi occidentali e a tal riguardo non ci sembra un caso che, quando cominciò nel Wuhan-Hubei il lockdown), paradossalmente, negli USA sui media scomparvero o si ridimensionarono i timori di minacce biologiche provenienti dalla Cina cominciati mesi prima, mentre il Governo Usa rifiutava i tamponi diagnostici messi a disposizione dall’Organizzazione Mondiale della Sanità e cercava di mettere il bavaglio a suoi ricercatori (primo tra tutti Antony Fauci) che paventavano una imminente e catastrofica epidemia proveniente dalla Cina .

Un’altra motivazione che potrebbe aver spinto le autorità cinesi ad imporre il lockdown era spegnere gli scioperi e le proteste che avevano scosso proprio lo Wuhan-Hubei nel 2019 e, militarizzando il paese, le proteste ad Hong-Kong che avevano visto, addirittura, la smaccata presenza di diplomatici occidentali. Obiettivi che si direbbero pienamente raggiunti considerando la scomparsa, dal 2020, di ogni protesta di massa in Cina.

Ad integrare questa lettura meramente politica, una ipotesi che, certamente sarà, da alcuni, tacciata di “complottismo” ma che riteniamo verosimile. E cioè che le immagini, che troneggiavano sulle TV di tutto il mondo, di un lockdown mai visto prima e della frenetica costruzione di sei ospedali servissero sostanzialmente a presentare quella che era una epidemia non più grave di tante altre, come una spaventosa catastrofe che, considerata la contagiosità del virus, ben presto sarebbe dilagata in Occidente. Qui l’immancabile enfatizzazione del pericolo – grazie alle misure che venivano prese in Cina - e l’intrinseca vulnerabilità delle società occidentali alle psicosi di massa – avrebbe gettato nel panico la popolazione e fatto crollare la produzione.

Così è stato, e oggi la Cina, dopo avere misteriosamente “eradicato il virus”, registra un tasso di crescita economico superiore a quello del 2019 mentre i paesi occidentali registrano un crollo del PIL del 4%, (l’Italia dell’8,9%). In più, oggi, grazie al Covid, la Cina registra un successo di immagine inottenibile con altri mezzi. Basti pensare alle folle oceaniche nelle strade di Wuhan a festeggiare l’anno nuovo, che le TV europee hanno, a malincuore, dovuto mostrare.

Comunque sia, nei primi mesi del 2020, il governo italiano (forse affidandosi alle dichiarazioni del celebre virologo Roberto Burioni, che assicurava essere Zero il rischio Covid per il nostro Paese), non predisponeva praticamente nulla per affrontare una eventuale epidemia, neanche la fornitura di dispositivi di bio-protezione a medici e infermieri. Ancora peggio, patrocinava iniziative come #milanononsiferma (che invitava i cittadini a godersi la vita affollando bar, strade e negozi) o inneggiava al presidente della Repubblica che andava a salutare scolari appena tornati dalle vacanze in Cina, che, senza nessun controllo, rientravano in classe.

Il tutto condito da irresponsabili dichiarazioni sulla efficienza del nostro Sistema sanitario che avrebbe certamente retto ad un eventuale impatto del virus e, cosa altrettanto grave, rassicurando che tutto era stato predisposto per affrontare quella che, comunque, veniva considerata una improbabile emergenza sanitaria. Nulla veniva detto sui tagli che avevano ridotto al lumicino la Sanità in Italia e che – anche per lo scioglimento del Centro nazionale di epidemiologia e sorveglianza dell’Istituto superiore di sanità– non esisteva nessun Piano per affrontare una epidemia.

Alla fine di febbraio, i primi tamponi positivi e i primi “morti per Covid” facevano crollare come un castello di carte l’ottimismo generale. E con notizie sempre più allarmanti che cominciavano a diffondere i media, il governo si rese conto che, invece di rassicurare, doveva fare “qualcosa”. Si passò, quindi, alla istituzione di “zone rosse” dove, accertata la presenza di “positivi” tutti venivano chiusi a casa; zone rosse che divennero oggetto di mercanteggiamento tra Governo, regioni e Confindustria che non si mettevano d’accordo su quale fosse la percentuale di “positivi” oltre la quale doveva scattare la quarantena.

Ma poteva essere efficace l’istituzione di una quarantena? Assolutamente no. Ma le iniziative delle autorità cinesi erano riuscite a far credere che un cordone sanitario, istituito ben due mesi dopo la scoperta dei primi casi di Covid, stava preservando il resto della Cina da un virus estremamente contagioso. Questa credenza istituzionalizzò il dogma del “contagiato da virus Sars-Cov-2 che bisogna isolare” e, quindi il “modello italiano”.

Questa credenza istituzionalizzò il dogma del “contagiato da virus Sars-Cov-2 che bisogna isolare” e, quindi il “modello italiano” che, dapprima, fu dileggiato da non pochi paesi (Francia, Germania, Israele…) ma poi adottato da moltissimi governi quando si constatò che riusciva a irreggimentare la popolazione e sbaragliare le opposizioni.

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