Da Hollywood alla realtà: il racconto dei media mainstream sul golpe fallito in Russia

29 Giugno 2023 10:00 Piccole Note

I media mainstream si stanno concentrando sulla vicenda Prigozhin, interpellandosi sul futuro dell’ex cuoco e della Wagner e raccontando come la congiura abbia indebolito Putin, evidenziato le contraddizioni in cui versa la Russia, con qualche media che si è spinto a dare la caccia ai complici interni del complotto, ipotizzando futuri rovesci interni.


Putin indebolito…

Il “Putin indebolito” è uno dei temi ricorrenti della guerra ucraina, che l’ha accompagnata fin dalle prime battute. Ma non è altro che una speranza che si vuole sovrapporre alla realtà, come spesso accade per narrative simili.

In realtà, l’aver risolto la questione in meno di 24 ore e senza versare una goccia di sangue (nonostante due elicotteri abbattuti dalla Wagner) dà la misura di una forza non riscontrabile facilmente altrove. Inoltre, il pronunciamento della Wagner, in realtà di parte di essa, ha fatto emergere nemici interni, verso i quali lo zar prenderà provvedimenti.

Provvedimenti che si può immaginare in linea con quelli adottati per Prigozhin e i wagneriti, cioè non sanguinari: qualcuno sarà degradato, altri andranno a riposo, altri ancora finiranno in carcere. Nel segreto e con la discrezione del caso. Un giro di vite limitato all’indispensabile che aumenterà ancor più il potere dello zar.

Il nostro non è solo un ovvio ragionamento: se si sta alla storia recente, cioè ai tre colpi di stato falliti degli ultimi anni, in Turchia, Venezuela e Kazakistan, si può notare facilmente che tutti e tre i destinatari dei golpe, Erdogan, Maduro e Tokayev, sono ancora ai propri posti (e sono passati anni…).

Non solo, se la popolarità di Putin era alta nel Paese prima della congiura, ora è arrivata alle stelle, avendo egli potuto assumere ancora una volta i panni del salvatore della patria. Non si tratta di elogiare Putin, solo di evidenziare come la realtà non sempre combacia con le (più o meno) pie illusioni.


Fantasie e domande scomode

Quanto alla sorte dell’ex cuoco, gli è stata risparmiata l’impiccagione, almeno per ora, ma resta guardato a vista. Non è più interessante per i destini del mondo. Mentre per quanto riguarda la Wagner, il fatto che Putin abbia dichiarato che è stata sovvenzionata dalla Russia (Financial Times) indica che sarà più strettamente controllata dallo Stato.

Infine, sulla caccia ai complici di Prigozhin da parte dell’intelligence Usa, che oggi campeggia sul New York Times e altrove, non avrà alcuna influenza sulle decisioni di Putin. Immaginare che il presidente russo possa basarsi su elementi forniti dall’intelligence straniera per decidere sul punto o che ciò possa seminare zizzania nel campo avverso è pura fantasia.

Ma tutto quel che abbiamo scritto è tanto ovvio quanto noto anche ai gestori della narrazione d’Occidente, che stanno producendo tale materiale per diversi scopi.

Il primo è che l’asserita debolezza di Putin conserva viva la speranza di una vittoria ucraina. Più tale speranza è viva più è giustificato l’invio di armi a Kiev, con lucro crescente per i produttori delle stesse, e consente di prolungare la guerra. Tutte cose da aggiungersi ad altri benefit meno palesi (come, ad esempio, un maggiore asservimento dell’Europa ai circoli iper-atlantisti).

Il secondo scopo è quello di oscurare quanto avviene nel teatro di guerra. La controffensiva non va e c’è il rischio che ciò faccia emergere domande sull’opportunità di proseguire il conflitto. Lo spiegava il Washington Post del 14 giugno: “Sia Kiev che i suoi sostenitori sperano nella rapida riconquista di un territorio strategicamente significativo. Un risultato più modesto susciterà negli Stati Uniti e nei suoi alleati domande scomode alle quali non sono ancora pronti a rispondere”.

Da Hollywood alla realtà

Peraltro, la congiura di Prigozhin, date le sue articolazioni e i tratti sulfurei del protagonista, è perfetta per alimentare la macchina hollywodiana che sta raccontando al mondo occidentale questa guerra.

Finché tale narrazione hollywodiana continuerà a suscitare emozioni, si potrà evitare la stanchezza dell’opinione pubblica e di fare i conti con la realtà, che purtroppo è ben altra. Un meccanismo perverso, ma che è alla base delle guerre infinite (peraltro, lo stesso Zelensky si è lamentato di tale deriva hollywodiana, nonostante ne sia il protagonista assoluto). Si veda la guerra afghana, dove la stanchezza per il prolungamento di una guerra considerata ormai inutile ne ha determinato la fine.

Se la narrazione decade, la realtà tornerebbe a emergere in tutta la sua plasticità. E la realtà, ad oggi, dice che l’Ucraina non è riuscita a sfondare neanche la prima linea (e le linee difensive russe sono tre). Da cui le domande di cui sopra.

Sul punto, riportiamo quanto riferito in un reportage del New York Times del 26 giugno: “Un alto funzionario dell’amministrazione [Usa] ha definito i risultati delle prime due settimane come qualcosa ‘che fa riflettere’, aggiungendo: ‘Sono in ritardo'”.

Più esplicito Graham Allison sul Washington Post dello stesso giorno, nel quale spiegava come l’Ucraina devesse cogliere l’occasione offerta dalla rivolta di Prigozhin, “altrimenti lo stallo potrebbe essere inevitabile” (così nel titolo).

“Se le forze ucraine nel corso dell’estate dovessero rimanere impantanate – scriveva Allison – dobbiamo aspettarci che gli eventi di questa guerra siano determinati dalla dimensione politica. Molti dei sostenitori dell’Ucraina in Europa e persino negli Stati Uniti si uniranno al coro del Sud del mondo per chiedere a entrambe le parti di porre fine alle uccisioni e avviare seri negoziati per un cessate il fuoco”.

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