di F. Giusti ed E. Gentili
Nel Parlamento è in discussione l’art. 19 del nuovo DDL 1532-bis, che a detta di molti potrebbe riportare in auge la pratica – mai del tutto scomparsa –di far firmare le dimissioni in bianco al lavoratore neo-assunto (cioè senza apporre la data sul foglio), concedendo ai datori di lavoro un’arma straordinaria di pressione e ricatto.
Il tentativo del D. Lgs. n. 151 del 2015, che in caso di dimissioni obbligava ad una procedura telematica, sarebbe dovuto servire ad arginare questo vergognoso fenomeno: al fine di chiudere un rapporto di lavoro il dipendente era tenuto a presentare dimissioni formali e con una procedura ben definita[1], che ad oggi resta comunque vigente. La proposta del Governo, invece, aiuta le imprese (non che i Governi precedenti siano stati clementi con i salariati) : evita che paghino il ticket per il licenziamento e, soprattutto, istituisce una modalità per illicenziamento automatico in caso di assenza prolungata del dipendente.
Ma prendiamo ad esempio un dipendente che si assenta perché da tempo non viene pagato oppure perché non vengono rispettate le norme a tutela di salute e sicurezzae accusa problematiche di usura muscolo-scheletrica.
L’onere di giustificare l’assenza prolungata (che passa dai 15 giorni) viene direttamente scaricata sul dipendente, che si vedrà attribuita per principio la colpa del proprio comportamento senza che ne vengano considerate le cause. Ora, al netto delle interpretazioni giuridiche possiamo asserire che visti gli organici a disposizione l’Ispettorato potrebbe non essere in condizione di accertarsi delleragioni dell’assenza, obbligando il dipendente a fornirne giustificazione scritta anche davanti a fatti conclamati, come il non rispetto delle norme di sicurezza o il mancato pagamento delle spettanze dovute.
Eppure l’assenza ingiustificata era già sanzionata nei termini previsti dai contratti nazionali e dai codici di comportamento aziendale: non è certo da oggi che l’assentarsi senza giustificazione alcuna e nel mancato rispetto di alcune procedure comporta l’apertura di un procedimento disciplinare.
Infine, un ulteriore problema è rappresentato dalla estrema arrendevolezza con cui il sindacalismo confederale affronta la contrattazione nazionale – da cui generalmente escono fuori i contratti collettivi nazionali –, ove la parte datoriale fa sempre valere i rapporti di forza e spesso riesce a utilizzare le nuove leggi in senso peggiorativo rispetto al loro contenuto originario.
[1] Rimaneva comunque la possibilità di procedere con un provvedimento disciplinare e accedere così alla Naspi, che in caso di dimissioni volontarie non spetterebbe.
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