Mentre i bombardamenti israeliani sulla Striscia di Gaza proseguono senza tregua, cresce il numero delle vittime civili, in un contesto sempre più disumano. Solo nelle ultime ore, attacchi mirati a Jabalia, Deir al-Balah e Khan Younis hanno provocato decine di morti, molti dei quali rifugiati in tende o in aree civili. L’intero sistema sanitario è al collasso: l’ospedale al-Shifa ha dichiarato di non poter più accogliere i feriti.
A peggiorare la situazione, la carestia ormai dilagante: 86 persone, tra cui 76 bambini, sono morte di fame solo domenica. Nel frattempo, un gruppo di oltre venti Paesi occidentali ha firmato una dichiarazione chiedendo la fine immediata della guerra e denunciando le gravi condizioni umanitarie. Tra i firmatari, Regno Unito, Francia, Canada, Giappone e Australia.
Ma il loro “risveglio morale” suona ipocrita: per mesi hanno armato Israele, bloccato risoluzioni ONU per il cessate il fuoco e giustificato le stragi in nome della “difesa”. Ora criticano il “modello di distribuzione degli aiuti israeliano” e parlano di crimini contro civili affamati, ma ignorano che quasi 1.000 palestinesi sono già morti mentre cercavano aiuto.
Parole tardive, che seguono — anziché anticipare — l’indignazione globale. L’indifferenza dell’Occidente, dicono in molti, ha contribuito direttamente alla catastrofe in corso. Gaza muore sotto le bombe e la fame, mentre le diplomazie del Nord globale si scrollano di dosso le proprie responsabilità.
Tratto dalla newsletter quotidiana de l'AntiDiplomatico dedicata ai nostri abbonati
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