Come più volte abbiamo detto, nella guerra mondiale a pezzi, fino ad ora, si rilevano quattro fronti fondamentali, apparentemente tra loro separati, ma a ben vedere uniti dal fatto che sono sempre le stesse potenze a combattersi, spesso e volentieri utilizzando attori proxy locali che vengono pesantemente armati e abilmente spinti verso la guerra.
Ci riferiamo al fronte europeo che vede il suo epicentro nell'Ucraina devastata dalla guerra aperta con la Russia, ma dove non possono essere scordati il fronte baltico e quello finlandese dove sempre più si addensano truppe Nato in contrapposizione a quelle russe.
Scendendo più a sud abbiamo il fronte caucasico che fino ad ora ha visto il conflitto aperto tra Armenia e Azerbaijan per il controllo del Nagorno Karabakh, ma che ora vede emergere il rischio di un nuovo conflitto in Armenia a causa delle elezioni di ieri dove ha vinto largamente il partito filorusso “Sogno Georgiano” decretando così la sconfitta delle opposizioni filo europee e filo occidentali.
Il terzo fronte è naturalmente quello fondamentale del Medio Oriente, nel quale l'epicentro è Israele, sempre più “Mastino della guerra” diretto da Washington che vuole evitare la penetrazione sino-russa in quest'area di mondo della massima importanza strategica.
Il quarto fronte è quello africano dove sempre più si combattono guerre per procura tra occidentali e russi; questo soprattutto nell'area del Sahel (Mali, Repubblica Centroafricana, Burkina Faso) ma con il rischio di ulteriori conflitti soprattutto nel Corno d'Africa.
Come si può vedere si tratta di un fronte immenso, apparentemente spezzettato, ma dove si può vedere chiaramente il file rouge del Grande Gioco delle potenze mondiali che muovono gli attori locali, spesso manipolandoli sapientemente sfruttando le vicende storiche, le contese territoriali, l'antropologia e le tensioni religiose presenti. A questa logica, non può sfuggire il Caucaso, crocevia fondamentale tra oriente e occidente (anche dal punto di vista energetico) e luogo composito dove si incrociano religioni e culture diverse e storie plurimillenarie di conflitti tra popolazioni.
Il Caucaso è un area fondamentale – come è facilmente intuibile – nella strategia di lungo periodo dell'occidente che vuole far crollare la Russia destabilizzandola grazie a conflitti generati attorno ai suoi confini; infatti gli strateghi di Bruxelles da decenni perseguono la strategia di penetrare quest'area anche grazie ad Organizzazioni non governative che manipolino le popolazioni locali e che assoldino e corrompano élites senza scrupoli ed in vendita al migliore offerente. In questa logica va visto per esempio il conflitto russo-georgiano del 2008 che vide prima l'attacco georgiano (con chiaro appoggio occidentale) alla regione semi indipendente dell'Ossezia del Sud, fatto che portò al diretto intervento russo e alla successiva indipendenza di fatto delle regioni (ex) georgiane dell'Ossezia del Sud e della Abkhazia. Sempre in questa logica di destabilizzazione dei confini russi possono essere visti gli svariati conflitti tra Armenia e Azerbaijan degli ultimi anni che hanno avuto come casus belli il controllo del territorio conteso del Nagorno Karabakh. Anche in questa contesa si vedono in controluce le mani delle grandi potenze con l'Armenia da sempre all'interno del trattato CSI e dunque sotto l'orbita di Mosca e invece l'Azerbaijan sempre più legato all'occidente e alla Nato, in particolare al grande fratello turcofono di Ankara e ad Israele. Incredibilmente però, con la perdita del Nagorno Karabakh da parte dell'Armenia abbiamo assistito ad un repentino cambio di fronte con Yerevan sempre più vicino all'Occidente e in particolare alla Francia che sta provvedendo a fornire armi occidentali in grande quantità, mentre l'Azerbaijan sembra sempre più rientrare nell'orbita di Mosca con l'affiliazione (come partner) di Baku ai BRICS e con i tanti progetti economici sia relativi al gas che al corridoio Nord-Sud che si stanno realizzando tra russi e azeri.
Ma in questa fase è sul lato della Georgia che si stanno addensando le nuvole più nere. Questo a causa dell'arrivo nei palazzi del potere di Tblisi del cosiddetto partito “Sogno Georgiano” che ha di molto allentato i rapporti con l'Occidente per riavvicinarsi a Mosca. Il segno di questo cambiamento è stato certamente la cosiddetta “legge sugli Agenti Stranieri” che ha visto regolamentare le ingerenze nel paese delle Organizzazioni non Governative (ONG) finanziate dall'Occidente; una legge che ha provocato enormi cori di protesta (molto interessati) nei palazzi di Bruxelles e che infatti hanno portato al congelamento della procedura di adesione alla UE della Georgia.
Ma è con le elezioni politiche di ieri nel paese che si sta rischiando lo scoppio di una cosiddetta rivoluzione colorata (di marca occidentale) e nel caso di resistenza nella sua trasformazione in guerra civile. Infatti Il Partito Sogno Georgiano ha ottenuto il 54,2% dei voti dopo che è stato esaminato il 99% delle schede. Un risultato dello spoglio che dovrebbe permettere a questo partito di formare un proprio governo autonomamente senza aver bisogno di coalizioni.
Dal canto suo l'opposizione georgiana filo occidentale (che si è presentata divisa al suo interno) ha dichiarato a sua volta la propria vittoria alle elezioni, senza attendere la fine dei lavori della commissione elettorale, e ha annunciato proteste di piazza a partire da oggi. Ma la mossa più sbalorditiva è stata quella della presidente georgiana Salome Zurabishvili che ha dichiarato di non riconoscere i risultati della tornata elettorale; come si può vedere una situazione che rasenta il vero e proprio golpe.
A questo punto due parole specifiche le merita la presidente Zurabishvili, infatti basta scorrere distrattamente qualunque sua biografia per capire che è una figura molto particolare: si tratta di una “oriunda” come si sarebbe detto una volta, nata e formatasi in Francia e peraltro con laurea presso l'Università nota per gli stretti rapporti con i servizi segreti francesi: Sciences Po di Parigi. Insomma, siamo di fronte alla perfetta biografia del Manchurian Candidate messo in quella posizione per dirigere il paese nel nome e nell'interesse dei suoi mandanti, ovvero le potenze occidentali che, infatti, non hanno mancato di esprimere immediatamente il loro sostegno alle posizioni della Zurabishvili.
Il Dipartimento di Stato americano ha affermato infatti che i risultati elettorali "non sono credibili" perché "gli osservatori internazionali non hanno definito i risultati liberi e giusti". Blinken ha affermato che gli Stati Uniti condannano “tutte le violazioni delle norme internazionali” e si uniscono “alle richieste degli osservatori nazionali e internazionali per un’indagine completa su tutte le irregolarità segnalate relative alle elezioni”.
Dal canto suo la Commissione Europea ha chiesto una “indagine sulle violazioni”, anche con riferimento a quanto detto dagli osservatori internazionali. Una richiesta quella della Commissione Europea che appare molto pretestuosa poiché la missione di osservazione congiunta dell’Ufficio OSCE per le istituzioni democratiche e i diritti umani (ODIHR) non sono riuscite a trovare frodi o irregolarità evidenti. Infatti gli osservatori di queste istituzioni hanno riconosciuto che "agli elettori è stata offerta la scelta tra 18 liste di candidati, e i candidati erano generalmente liberi di fare campagna elettorale".
Come si può vedere una situazione che rischia di incendiarsi molto facilmente con il fattivo apporto delle potenze occidentali e dei suoi agenti a Tblisi (a partire dal Presidente della Repubblica) e di creare le premesse per l'ennesimo capitolo della Guerra Mondiale a pezzi.
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