PICCOLE NOTE
L’inchiesta del Doge, il ministero per l’efficienza governativa, sui fondi erogati a pioggia dall’USAID (l’Agenzia Usa per l’aiuto internazionale) in tutto il mondo riserva sorprese esplosive. Ne ha accennato il deputato repubblicano Scott Perry in un intervento alla Camera nel quale ha spiegato che parte di quei soldi, milioni e milioni di dollari, sono andati ai Talebani, ora al governo dell’Afghanistan, ma soprattutto nelle tasche di organizzazioni terroristiche di tutto il pianeta, da al Qaeda all’Isis e tutti i loro derivati ancora attivi, tra cui Boko Haram, che insanguina la Nigeria e il Shael, e l’Isis Korashan, che insanguina con i suoi attentati l’Afghanistan. “Tutto questo deve finire”, ha concluso Perry.
Diciamo che non siamo eccessivamente sorpresi, né della rivelazione di Perry né dell’odio che si è attirato Elon Musk per aver scoperchiato il vaso di Pandora dell’USAID, in attesa che venga scoperchiato quello della National Endowement Agency, organismo similare al quale per ora si è imposto solo di sospendere i finanziamenti all’estero.
Le rivelazioni di Perry sono solo la punta dell’iceberg della rete di finanziamenti – in parte pubblici in gran parte riservati – che ha funzionato come una sorta di apparato circolatorio del vasto e composito apparato di influenza imperiale, che ha subito una crescita ipertrofica nel momentum unipolare del post ’89.
Tale apparato costituiva il necessario corollario e supporto alle guerre infinite che hanno caratterizzato tale momentum, che senza di esso avrebbero avuto un impatto meno incisivo sulle dinamiche del mondo. Difficile che tale verminaio emerga in tutta la sua plasticità e portata, ma per ora va bene così.
L’intervento di Perry, pur se limitato nelle sue rivelazioni, è di portata storica: mai un esponente del Congresso americano aveva osato fare una simile denuncia nelle più alte stanze del potere imperiale. Un intervento tanto devastante e tanto importante da venire ignorato dai media generalisti, interessati ad altro. Tant’è.
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