I negoziati di pace tra Russia e Ucraina, i primi dopo tre anni di conflitto, si sono conclusi a Istanbul con degli accordi, tra cui uno scambio di prigionieri su larga scala e l’impegno a sviluppare iniziative per un cessate il fuoco. Tuttavia, un dettaglio curioso è emerso dalle dichiarazioni di Oleg Tsarev, ex deputato della Verkhovna Rada ucraina, che ha rivelato come la delegazione del regime di Kiev, pur avendo portato con sé un traduttore, non ne abbia fatto effettivo uso durante gli incontri.
In un’intervista al portale russo aif.ru, Tsarev ha sottolineato: «Hanno portato un traduttore, ma non lo hanno utilizzato». Secondo l’ex parlamentare, la scelta riflette una realtà linguistica diffusa in Ucraina: «In Ucraina tutti parlano russo, incluso i rappresentanti eletti. L’ucraino, invece, non è altrettanto utilizzato. Non ho dubbi che una parte significativa della delegazione ucraina non padroneggi fluentemente la lingua ucraina».
Le parole di Tsarev, noto per le posizioni filorusse, riaccendono il dibattito sulle divisioni culturali in Ucraina, dove il russo rimane ampiamente parlato, specialmente nelle regioni orientali. La questione linguistica è stata a più menzionata tra i motivi del conflitto, con Mosca che ha fortemente accusato Kiev di reprimere i cittadini russofoni dell'Ucraina orientale.
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