La nostra sovranità ambientale e alimentare mai così a rischio


di Angela Fais per l'AntiDiplomatico



Dopo un primo appuntamento tenutosi il 6 maggio scorso a Strasburgo, il 30 giugno si sarebbe dovuto riunire nuovamente il Trilogo europeo per trovare un punto di accordo sulle Nuove Teniche Genomiche (NGT) ma il negoziato è stato rimandato a data da destinarsi. I colossi del settore agroalimentare spingono per una deregolamentazione rispetto alle normative attuali sugli OGM previste dalla 2001/18/CE e recepite dall’Italia con una serie di Decreti Legislativi successivi che stabiliscono procedure chiare e trasparenti introducendo la possibilità di vietare gli OGM sulla scorta di preoccupazioni legate alla salute pubblica, alla tutela dell’ambiente e alla salvaguardia della biodiversità. Ispirandosi fermamente al principio di precauzione tali normative hanno garantito così ai consumatori di fare scelte consapevoli grazie all’obbligo di etichettatura e tracciabilità, consentendo una valutazione del rischio.

Francesco Paniè, responsabile della campagna OGM di Crocevia, associazione che dal 1958 si batte per i diritti, l'agroecologia e la Sovranità Alimentare in tutto il mondo, ci spiega che le multinazionali da tempo perseguono il progetto di smantellamento di questo impianto legislativo che de iure e de facto attualmente sta tutelando consumatori e cittadini. Purtroppo tra i Paesi membri dell’Unione l’Italia è uno di quelli che oggi spinge di più per la deregolamentazione dei nuovi OGM. Le NTG ossia gli organismi dalle modificazioni genomiche più all’avanguardia che in Italia per confondere e ammaliare maggiormente i consumatori sono state ribattezzate TEA, acronimo di Tecniche di Evoluzione Assistita, rappresentano l’ultima frontiera degli OGM. Mentre nei vecchi OGM infatti si inseriva un gene esogeno sulla pianta ospite, nelle TEA si introducono delle sequenze genomiche provenienti da individui della stessa specie; sempre più spesso queste sequenze sono lavorate dalla intelligenza artificiale. Ma anche i TEA, prosegue Francesco Paniè, sono delle forme di manipolazione genetica. La vulgata corrente spaccia le TEA come le colture ideali per fronteggiare il cambiamento climatico in quanto esse sarebbero più resistenti agli stress ambientali. Si dice che queste tecniche consentano di ottenere piante più produttive e “resilienti” peccato però che sino a oggi questo obiettivo gli OGM l’abbiano fallito clamorosamente. Va infatti detto che alle sequenze di genoma modificato manca il fattore decisivo, quella conditio che ha sempre permesso la prosecuzione della vita sulla terra ossia la capacità di adattarsi all’ambiente. Soprattutto se queste sequenze sono create con l’intelligenza artificiale esse risultano prive di una base biologica sperimentata e quindi senza alcuna garanzia di riuscita, per cui dopo massimo un paio di anni di produttività si rivelano inefficaci ed improduttive, rendendo necessario l’acquisto di brevetti aggiornati facendo così moltiplicare le spese per l’agricoltore. Queste sementi OGM, NGT o TEA che dir si voglia, inoltre richiedono l’uso di pesticidi e diserbanti ad hoc che è la stessa multinazionale a fornire all’interno del costoso pacchetto. Si pensi che il costo dei prodotti che ruotano attorno alle sementi OGM costituisce il 40-48% delle spese stagionali cui un agricoltore deve far fronte.

Ricordiamo a tal proposito la spirale di morte che in India nell’arco di una ventina d’ anni ha portato al suicidio ben 400mila agricoltori strozzati dai debiti, dai costi crescenti derivanti dalla agricoltura OGM e dai suoi colossali insuccessi. Oggi il sistema dei brevetti recide quel profondo e viscerale legame che porta gli agricoltori sin dal Neolitico a scambiarsi sia le sementi che le conoscenze e che ha sempre costruito il rapporto dell’uomo con la terra. Si trasforma tutto in lucro e ci si avvia a ricalcare in tutto e per tutto il modello degli Stati Uniti dove la varietà delle colture è ridotta, standardizzata ed omologata e dove, ricordiamolo, il costo delle sementi OGM negli ultimi 20 anni ha subito degli aumenti del 450% contro il 160% dei semi tradizionali. Se si introdurrà il regime del brevetto le multinazionali acquisiranno l’editing genomico sulle piante per ottenere la proprietà esclusiva di varietà vegetali ogm che saranno rivendute agli agricoltori di anno in anno. Questa deregolamentazione tanto agognata dalle multinazionali tratteggia un inquietante futuro in cui il DNA degli organismi viventi può essere trasformato in proprietà privata.

Sullo sfondo il rischio enorme e concreto che tutte le coltivazioni possano essere potenzialmente ibridate dagli OGM di nuova e vecchia generazione. In grave pericolo anche le colture distintive e di pregio del nostro Paese dal momento che non si sarà più in grado di garantire una filiera pulita e senza ibridazioni. A tal proposito l’Ass. Crocevia invita i Comuni e le Regioni preoccupati che gli OGM/TEA possano essere introdotti nel proprio territorio entrando nelle filiere e nelle mense scolastiche, negli ospedali e nelle case, a contrastare le sperimentazioni in campo aperto tramite la delibera presente sul sito e scaricabile gratuitamente.

Si palesa dunque l’abnorme danno economico per l’agricoltura che potrebbe assistere al tracollo dell’intero comparto del biologico, ma anche quale atroce minaccia costituiscano gli OGM per la conservazione della biodiversità, messa a repentaglio da queste sperimentazioni che non consentirebbero più di preservarla. Se pensiamo che solo in Sicilia all’inizio del ‘900 esistevano 250 tipi di grani antichi oggi ridotti ad appena 52, ci rendiamo conto che con gli OGM questa tendenza subirà un enorme incremento.

Relativamente al problema della contaminazione delle colture c’è anche un risvolto legale particolarmente drammatico per i piccoli agricoltori. Col vento infatti il polline migrerà, rischiando di trasferire sequenze genetiche brevettate che potranno esprimersi nei campi adiacenti di proprietà di agricoltori che non hanno acquistato i brevetti ma che rischiano di vedersi citati in giudizio per l’ appropriazione indebita delle varietà brevettate. E’ già successo centinaia e centinaia di volte negli USA dove questi dibattimenti molto spesso si sono conclusi con degli accordi extragiudiziali in cui gli agricoltori accettano di dover acquistare e coltivare le sementi brevettate per gli anni a venire; trovandosi così costretti a pagare delle royalties alle multinazionali detentrici dei brevetti delle sequenze. Sulla scorta di quanto detto emergono chiaramente i vantaggi commerciali per le multinazionali. A oggi queste controllano oltre il 60% del mercato globale delle sementi e il 51% dei pesticidi ma grazie ai brevetti sulle NGT questa quota vedrebbe un ulteriore, cospicuo accrescimento. Quindi se la richiesta di deregolamentazione è motivata ufficialmente dalla necessità di aggiornare le norme per rendere l’agricoltura più sostenibile e resiliente, in realtà sorge più di un dubbio se il vero obiettivo non sia invece privare gli Stati della sovranità ambientale e alimentare per trarre profitti infiniti, puntando a un regime basato sui brevetti industriali ai quali poter accedere solo dietro l’esborso di denaro. All’ oligopolio però va contrapposta una idea di sovranità alimentare che esuli dai brevetti e si fondi sulla resistenza e sulla lotta per non farsi portar via le chiavi dei propri territori, per custodirli, per conservare e mantenere i veri “codici”: i semi, le talee, le varietà autoctone e quelle che, a differenza degli ogm, sono state in grado di adattarsi nel corso del tempo nel territorio legandosi indissolubilmente alla storia del popolo che lo abita e che grazie alla ricchezza della biodiversità ha avuto e potrà avere sempre qualcosa da mangiare.

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