di Loretta Napoleoni per l'AntiDiplomatico
Durante il conflitto afghano degli anni '80, l’anti-soviet jihad, la cosiddetta Pipeline degli aiuti americani e sauditi era un intricato e opaco sistema di finanziamento dei mujaheddin. Per celare il flusso di miliardi di dollari e armi destinati ai mussulmani che venivano arruolati per combattere i soldati sovietici la CIA usò come canale di distribuzione l'Inter-Services Intelligence (ISI), i servizi segreti pakistani. In questo modo venne consegnato di fatto all'ISI il controllo totale sulla distribuzione delle risorse, permettendo ai servizi pachistani di indirizzare preferenzialmente gli aiuti verso i gruppi islamisti più vicini ai propri interessi strategici nella regione, marginalizzando le fazioni laiche o nazionaliste. Sappiamo tutti come è andata a finire questa storia, ma cio’ che molti non sanno sono gli effetti negativi della Pipeline sulle istituzioni pakistane e sul futuro della regione.
Allora si sapeva poco o nulla di quanto stava realmente accadendo in Pakistan ed in Afghanistan, erano i tempi della guerra fredda e l’Occidente considerava il blocco sovietico il nemico. Tuttavia, mentre noi vivevamo nell’oblio, questo fiume di denaro, gestito in gran parte in contanti e con una supervisione americana volutamente distante per "plausibile negabilità", innescò una corruzione sistemica all'interno dell'apparato militare e dell'ISI pakistano. Una parte significativa dei miliardi di dollari inviati da Washington non raggiunse mai i mujaheddin sul campo, ma venne intascata da generali, agenti dei servizi e funzionari corrotti come tangente per il "servizio" di transito. Si stima che fino al 40-50 per cento degli aiuti sia stato dirottato in questo modo, alimentando un'enorme economia sommersa. I canali di questa appropriazione indebita erano molteplici: dalle commissioni sui contratti di acquisto delle armi, alla creazione di società fantasma, alla semplice sottrazione di valuta dai container che arrivavano al porto di Karachi. Questo fiume illecito di ricchezza creò una nuova classe di milionari corrotti, arricchì i servizi segreti oltre ogni controllo civile e corrose il tessuto istituzionale del paese, i cui effetti si fanno sentire ancora oggi. Ma soprattutto contribuì alla creazione ed ascesa dei talebani ed alla destabilizzazione permanente dell'Afghanistan.
La corruzione nelle guerre per procura cessa di essere un semplice effetto collaterale per diventare una componente strategica e un moltiplicatore di forza, assumendo forme più sfaccettate e letali. In questi conflitti, dove potenze esterne finanziano e riforniscono una fazione locale, i flussi di armi, denaro e aiuti umanitari rappresentano un'enorme opportunità di profitto per élite e intermediari corrotti. La corruzione funziona da "lubrificante" che permette il funzionamento stesso del conflitto: da un lato, le potenze sponsor possono utilizzare il clientelismo e la cooptazione per comprare la lealtà di signori della guerra e fazioni, assicurandosi un'influenza a basso costo e con poca accountability; dall'altro, i leader locali spesso dirottano sistematicamente gli aiuti per arricchirsi personalmente o consolidare il proprio potere, piuttosto che indirizzarli verso l'obiettivo bellico.
Questo sistema crea un perverso incentivo a perpetuare il conflitto piuttosto che a risolverlo, poiché per molti attori la guerra diventa un affare redditizio. Il paradosso finale è che la corruzione, strumentalizzata per esercitare influenza, finisce per sfuggire al controllo dello stesso sponsor, indebolendo la fazione che si intende sostenere, alimentando l'instabilità e, in definitiva, sabotando gli stessi obiettivi geopolitici per cui la guerra per procura era stata avviata.
La guerra in Ucraina è una guerra per procura e come spesso accade il flusso di aiuti ed armi è gestito da un’élite, che si è presentata come patriottica ma che ha al suo interno tanti, troppi elementi corrotti. L’opinione pubblica se ne è accorta dopo alcuni anni di conflitto, i politici probabilmente molto prima. È una corruzione che è avvenuta sotto gli occhi del suo leader, come si dice in inglese under his watch, ed in quanto tale Zelensky ne è responsabile. È anche avvenuta sotto gli occhi dei suoi alleati, che sono ugualmente responsabili. La loro credibilità non è stata solo intaccata è svanita, de facto sono stati delegittimati. Continuare a far gestire il conflitto a questi individui vuol dire creare le condizioni per una futura maggiore instabilità alle porte dell’Europa.
Basta questo per inficiare tutto cio’ che ci viene detto sul conflitto in Ucraina, la reticenza alle trattative di pace in nome di un’Ucraina libera ed indipendente, per non parlare della richiesta di amnistia per i corrotti. Ignorare cio’ che è accaduto perche’ in tutte le guerre ci sono i corrotti non va bene, e’ un errore che la storia ci ha insegnato tutti coloro che ne sono coinvolti, soprattutto gli sponsor, pagheranno caro. Stiamo attenti, la corruzione è un virus che se non viene fermato in tempo corrode tutto anche il nostro futuro.
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