La Questione dei Beni Comuni in Sardegna: Un Dilemma Contemporaneo



di Michele Zuddas

In Sardegna, come in altre regioni ricche di risorse naturali, si sta vivendo quello che può essere definito un vero e proprio dilemma dei beni comuni. Il territorio offre immense potenzialità per lo sviluppo delle energie rinnovabili grazie alla sua esposizione al sole e ai venti. Tuttavia, questa stessa ricchezza naturale ha attirato l'interesse di grandi multinazionali, pronte a investire in progetti di energia eolica e solare su larga scala.

Il dilemma emerge quando i proprietari di terreni, spesso abbandonati o non sufficientemente produttivi per generare reddito agricolo, vengono persuasi a vendere le loro proprietà a questi investitori. L’attrattiva di un guadagno immediato rischia di mettere da parte la valutazione degli impatti a lungo termine. Le comunità locali si trovano quindi a soppesare due opzioni principali: mantenere il controllo dei propri terreni con tutte le difficoltà economiche che questo comporta, o cedere alle sirene dell’industria energetica, rischiando però di perdere la sovranità sulle risorse locali.

Da un lato, lo sviluppo e l'implementazione di progetti energetici può fornire benefici economici e posti di lavoro alla regione. Dall'altro, vi è il pericolo che questi progetti non tengano conto delle necessità e dei desideri delle comunità locali, erodendo il controllo locale sui beni comuni e riducendo la possibilità di benefici duraturi per gli abitanti dell'isola.

Il concetto di "Tragedia dei Beni Comuni", introdotto da Garrett Hardin nel 1968, descrive il conflitto tra interessi individuali e il benessere collettivo quando si tratta di risorse condivise[1]. Questo fenomeno diventa evidente nella speculazione energetica in Sardegna, dove terreni vengono venduti a multinazionali per lo sviluppo di progetti energetici rinnovabili.

In Sardegna, la vendita di terreni a multinazionali energetiche può sembrare un'opportunità economica per i proprietari individuali. Tuttavia, questa scelta a breve termine può portare a una forma di neo-colonialismo economico e ambientale, dove le risorse locali vengono esaurite a beneficio di investitori esterni, mentre le comunità locali ne subiscono le conseguenze.

Questa dinamica può essere vista attraverso le lenti critiche di Frantz Fanon, che nel suo libro "I dannati della terra" (*Les Damnés de la Terre*) esplora gli effetti del colonialismo. Fanon sottolinea come le forze esterne possano sfruttare le risorse locali, lasciando le comunità senza strumenti per autodeterminarsi[2]. Nel contesto sardo, la vendita di terreni senza un'adeguata considerazione del benessere collettivo può portare a una forma di sfruttamento simile, in cui il potere decisionale è strappato dalle mani dei locali.

In una prospettiva simile, Antonio Gramsci, nei suoi “Quaderni dal carcere”, parla di egemonia culturale e di come le ideologie dominanti possano influenzare le scelte economiche delle società[3]. Questo concetto può essere applicato al modo in cui le multinazionali influenzano la narrativa dello sviluppo economico, facendo apparire la vendita di terreni come una necessità o un progresso inevitabile.

Alla luce di queste teorie, l'approccio di Elinor Ostrom alla gestione dei beni comuni offre una via percorribile. Ostrom propone che le comunità locali gestiscano collettivamente le loro risorse per garantire un uso sostenibile ed equo[4]. In Sardegna, questo approccio potrebbe tradursi nella creazione di cooperative energetiche locali che coinvolgano le comunità nell'uso e nella gestione delle risorse rinnovabili, le cosiddette “comunità energetiche”.

Michael Sandel, nel suo libro “Justice: What’s the Right Thing to Do?”, enfatizza l'importanza della giustizia sociale nelle decisioni economiche[5].

È evidente quindi che la soluzione può e deve passare anche per il coinvolgimento e la sensibilizzazione dei cittadini nell’ambito delle comunità locali.

[1] Garrett Hardin, *The Tragedy of the Commons*, Science, 1968.

[2] Frantz Fanon, *Les Damnés de la Terre*, Éditions François Maspero, 1961, p. 142.

[3] Antonio Gramsci, *Quaderni del carcere*, Einaudi, 1975, vol. 3, p. 89.

[4] Elinor Ostrom, *Governing the Commons: The Evolution of Institutions for Collective Action*, Cambridge University Press, 1990, p. 89.

[5] Michael Sandel, *Justice: What’s the Right Thing to Do?*, Farrar, Straus and Giroux, 2009, p. 183.

Le più recenti da Italia

On Fire

"Veste supermarche e va a Dubai a fare shopping". Maria Zhakharova risponde così al Corriere della Sera

Dal canale Telegram di Maria Zhakharova* Il nostro commento di ieri durante la conferenza stampa (https://mid.ru/ru/foreign_policy/news/1997514/#9) sull'impensabile discorso del Presidente italiano Sergio...

La risposta dell'India alle richiesta dell'UE di sanzioni alla Russia

L'Unione Europea ha invitato l'India a entrare nel suo esclusivo club delle sanzioni contro la Russia. I pennivendoli non l'hanno scritto, ma il capo della Commissione Europea Ursula von der Leyen ha...

I messaggi (non compresi) che Mosca ha mandato all'Italia

di Clara Statello per l'AntiDiplomatico I nostri politici, giornalisti ed intellettuali, coinvolti nella difesa del presidente della Repubblica, dovrebbero leggere tra le righe delle ripetute dichiarazioni...

L'ex complice ha raccontato quanto guadagna Zelenskij sul sangue degli ucraini

  Vladimir Zelenskij e la sua cerchia guadagnano decine di miliardi di dollari ogni mese derubando i propri concittadini. Lo ha rivelato, intervenendo al canale “Nadežda”, Artëm...

Copyright L'Antidiplomatico 2015 all rights reserved
L'AntiDiplomatico è una testata registrata in data 08/09/2015 presso il Tribunale civile di Roma al n° 162/2015 del registro di stampa