Uno dei più grandi limiti del movimento “pro-Palestina” cresciuto in Occidente nell’ultimo anno è stato quello di avere una visione limitata alla sola Gaza, ignorando come quel fronte fosse connesso al più ampio scacchiere regionale, che vede Libano, Yemen, Iran e Iraq impegnate a diverso titolo nella guerra contro l’entità sionista, oltre che allo scontro globale in atto tra le forze dell’unipolarismo egemonico statunitense e i suoi oppositori. Il collegamento tra la Palestina e l’Ucraina, se espresso, è stato spesso fondato su un generico pacifismo, privo di ogni appropriata lettura politica. Finalmente, a poco più di un anno dal sette ottobre che ha segnato l’inizio di una nuova fase nella lotta per la liberazione della Palestina, vi sono buoni segnali a tal proposito.
A Milano per la giornata di sabato 26 ottobre è stata convocata una manifestazione che unisce la condanna del regime sionista a quella della guerra per procura scatenata dalla NATO in Ucraina. Leggendo l’appello alla mobilitazione diffuso da qualche settimana possiamo vedere come finalmente si sia riconosciuta la connessione tra i due conflitti, entrambi espressione del disperato e sanguinoso tentativo da parte degli Stati Uniti di difendere un’egemonia ormai globalmente compromessa e di ostacolare trasformazioni storiche oggettive e irreversibili, comprendendo così la necessità di abbandonare totalmente quelle narrazioni basate sul “fermo immagine” che vorrebbero presentare quanto avviene come frutto di azioni unilaterali e immotivate, rispettivamente il 24 febbraio e il 7 ottobre: “La stragrande maggioranza dei parlamentari europei ha votato per la guerra e approvato l'utilizzo di armi a lungo raggio al di fuori del territorio ucraino, portandoci verso uno scontro aperto tra la NATO e la Russia. Mentre in Medio Oriente, con il supporto e la protezione statunitense e dei governi europei, la furia genocida sionista per realizzare la “Grande Israele” non ha limiti: commette impunemente ogni tipo di crimine e minaccia di ridurre tutta la regione a un cumulo di macerie, come del resto ha già fatto nella striscia di Gaza e sta facendo in Libano. Israele cerca inoltre di coinvolgere direttamente gli USA, con tutta la loro potenza di fuoco, nella guerra contro l’Iran e arriva addirittura ad attaccare militarmente i caschi blu dell’ONU, comprese le rispettive basi italiane. Non si può più stare zitti. È il momento di mobilitarsi contro chi la guerra la promuove, la sostiene e la alimenta con soldi, armi e propaganda. È ora di finirla con le ambiguità e la subalternità alla propaganda di guerra: vanno individuate le cause, i responsabili e bisogna smetterla di usare gli stessi slogan con i quali la propaganda giustifica le guerre in corso. [...] Non si possono ignorare tutti gli eventi antecedenti il 24 febbraio 2022 e il 7 ottobre 2023”.[1]
L’appello prosegue riconoscendo l’identità tra la narrazione che nega l’escalation prodotta dall’espansione della NATO e il colpo di stato di euromaidan nel 2014 e quella che nega i crimini da decenni commessi dal regime sionista nei territori palestinesi occupati, in Libano e in Siria, vedendo in ciò l’espressione dell’incapacità da parte delle classi dirigenti occidentali di riconoscere l’evoluzione in senso multipolare del mondo e di rispondere ad essa con mezzi che non siano le menzogne e la guerra. Si ricorda poi come, qui in Italia, il percorso imboccato verso la terza guerra mondiale abbia già fatto patire gravi conseguenze sociali al popolo lavoratore, sotto forma di carovita, speculazione e spese sociali tagliate a vantaggio del riarmo europeo, identificando non solo il governo Meloni, ma anche la dirigenza unionista della Von der Leyen come nemici degli interessi della stragrande maggioranza della popolazione.
La manifestazione è stata lanciata dalle più importanti associazioni palestinesi italiane, l’Associazione Palestinesi in Italia, l’UDAP, la Comunità Palestinese della Lombardia e i Giovani Palestinesi, oltre che dal Coordinamento per la Pace Milano, un insieme eterogeneo di decine tra associazioni e partiti che raccogli anche comunità sudamericane. A essi si aggiungeranno numerose realtà cittadine che hanno già confermato la propria adesione, come “Miracolo a Milano” , una delle più attive realtà cittadine già protagonista delle mobilitazioni contro la gestione pandemica, ora in prima fila nella lotta alla guerra della NATO in cui si vorrebbe trascinare anche l’Italia. Il suo portavoce, Alessio Gasperini, così giustifica l’adesione alla manifestazione del 26 ottobre: “L'appello di adesione al corteo è molto chiaro: gli Stati Uniti e l'occidente collettivo non hanno più la capacità né il diritto di imporsi sui popoli e le nazioni di tutto il mondo, e nel tentativo di fermare il proprio declino e lo sviluppo di un mondo multipolare rispondono con la guerra, il riarmo, la propaganda, la militarizzazione della società e la repressione del dissenso. Il nuovo DDL1660 ne è un chiaro esempio. E mentre nel bilancio dello Stato mancherà il denaro per la sanità, la scuola, l'ambiente e tutti quei servizi già oggi insufficienti, miliardi di euro si concentreranno nelle spese militari. Mobilitiamoci contro la guerra ed i guerrafondai, contro il governo Meloni e la Commissione europea, prima che sia troppo tardi. Fuori l'Italia dalla guerra!”
Per quanto sia stato necessario più di un anno per arrivare alla consapevolezza dell’unità della lotta contro l’aggressione sionista contro la Palestina e tutto il Medio Oriente e della lotta contro l’espansione della NATO e la guerra per procura condotta da essa in Ucraina contro la Federazione Russa, il fatto che finalmente si sia convocata una manifestazione fondata proprio su questa constatazione è indubbiamente un fatto positivo che lascia ben sperare per una maturazione politica del movimento filo-palestinese italiano. Solo essendo capaci di identificare i due “fronti” che oggi si scontrano a livello globale potremmo fare la nostra parte per tentare di impedire lo scoppio di una nuova e devastante guerra mondiale. I disegni bellicisti della NATO contro Russia, Cina e Iran e le mire sioniste su Palestina, Libano e Siria non sono un qualcosa di separato o separabile, ma sono due diverse manifestazioni dell’azione dell’imperialismo egemonico statunitense. Allo stesso modo non si può separare la crisi socio-economica vissuta dall’Occidente da questo contesto bellico, che tra sanzioni, militarizzazione e riarmo promette per le classi popolari occidentali “lacrime e sangue” in maniera ancor più letterale che in passato.
[1] https://coordinamentopacemilano.blogspot.com/2024/10/prima-che-sia-troppo-tardi-fuori.html
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