Norman Finkelstein storico e politologo statunitense non ha mai nascosto la sua simpatia per la causa palestinese. Nulla di strano, la sua empatia con i palestinesi e le loro sofferenze sotto l’occupazione israeliana acquisisce importanza e valore da momento in cui Finkelstein è ebreo e suoi genitori parteciparono alla rivolta del Ghetto di Varsavia e sono sopravvissuti dei campi di concentramento nazisti di Auschwitz.
La sua pubblicazione più conosciuta nel mondo è L'industria dell'Olocausto: Lo sfruttamento della sofferenza degli ebrei, nella quale lo storico mette in evidenza come la memoria dell’Olocausto sia servito agli scopi economici e politici dello stato di Israele. Anni fa fu emblematica una sua risposta ad una studentessa per che lo criticava per i suoi attacchi ad Israele.
In seguito allo scoppia della guerra fra Israele e la Resistenza palestinese, Al Jazeera ha intervistato Finkelstein, il quale non ha per nulla abbondonato le sue idee circa la brutalità di Israele.
Il politologo ha definito, durante l’intervista, l’operazione israeliana a Gaza come “una via di mezzo tra un crimine contro l’umanità e un genocidio secondo il diritto internazionale”, e ha ricordato che l’obiettivo dello sembra essere quello di “pulire etnicamente il settore settentrionale di Gaza e dichiararlo la nuova zona di sicurezza di Israele”. Ha aggiunto che “il taglio dell’acqua, del cibo e del carburante alla popolazione civile, tenendo presente l’affermazione di Netanyahu secondo cui questa situazione andrà avanti per un periodo di tempo prolungato, e se si collegano questi due fatti, niente cibo, niente acqua, senza elettricità per un lungo periodo di tempo, allora è difficile per chiunque ammettere che si tratti di altro che del crimine – secondo il diritto internazionale – di genocidio.”
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