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Venerdì la Palestinian Prisoners' Society ha lanciato l'allarme su un "piano pericoloso" che, a suo dire, mira ad assassinare il leader palestinese Marwan Barghouti, attualmente incarcerato nelle carceri israeliane, tra accuse di gravi aggressioni e crescenti richieste internazionali per la sua liberazione.
Barghouti, membro del Comitato Centrale di Fatah e figura di spicco della politica palestinese, è stato arrestato da Israele nel 2002 e condannato per omicidio e tentato omicidio. Sta scontando cinque ergastoli e continua a godere di grande popolarità tra i palestinesi.
Amjad al-Najjar, direttore generale del gruppo, ha dichiarato in una nota che "l'escalation degli attacchi contro il leader Marwan Barghouti, in concomitanza con movimenti e personalità internazionali che ne chiedono l'immediato rilascio, riflette le pericolose intenzioni del governo di occupazione di sbarazzarsi di lui mentre è in detenzione, in un crimine aggravato e in palese violazione del diritto internazionale umanitario".
Ha esortato le Nazioni Unite e le organizzazioni internazionali a “intervenire urgentemente”, inviando “un comitato delle Nazioni Unite a visitare il leader Barghouti, esaminare le sue condizioni di isolamento ed esercitare una pressione reale per garantirne il rilascio e salvargli la vita prima che sia troppo tardi”.
La famiglia denuncia una violenta aggressione
In un post su Facebook, Qassam Barghouti, figlio del leader imprigionato, ha citato un ex prigioniero che venerdì gli ha raccontato che le forze israeliane "hanno schiacciato il corpo di suo padre, gli hanno rotto denti, costole e dita e gli hanno tagliato parte dell'orecchio in prigione".
Ha precisato che i tentativi di raggiungere nuovamente la presunta fonte sono falliti.
"Abbiamo contattato tutti gli enti ufficiali e legali possibili per ottenere informazioni, ma fino a questo momento non siamo riusciti a farlo", ha scritto.
Risposta della presidenza palestinese
La presidenza palestinese ha condannato quelli che ha definito "attacchi continui e pericolose misure di ritorsione" contro Barghouti, ritenendo il governo israeliano pienamente e direttamente responsabile della sua sicurezza e di quella di tutti i prigionieri sotto custodia israeliana.
Ha invitato la comunità internazionale, le organizzazioni per i diritti umani e il Comitato internazionale della Croce Rossa ad “agire immediatamente e con urgenza” per fare pressione su Israele affinché ponga fine alle violazioni.
Minacce precedenti e interessi politici
Il 18 febbraio, il ministro della Sicurezza nazionale israeliano di estrema destra, Itamar Ben-Gvir, ha fatto irruzione nella cella di Barghouti e lo ha minacciato di morte, secondo un video diffuso all'epoca dai media israeliani.
Barghouti è spesso considerato dagli analisti una figura unificante, capace di radunare i palestinesi attorno a una "soluzione a due stati", in particolare nel contesto dei cambiamenti seguiti al genocidio israeliano nella Striscia di Gaza.
Il governo del primo ministro Benjamin Netanyahu continua a opporsi alla creazione di uno Stato palestinese indipendente.
Il 23 ottobre, il presidente degli Stati Uniti Donald Trump ha dichiarato che avrebbe deciso se insistere per il rilascio di Barghouti, ma non è stata ancora annunciata alcuna decisione.
Condizioni carcerarie
Secondo diversi report di organizzazioni per i diritti umani palestinesi e israeliani, più di 10.000 prigionieri palestinesi, tra cui donne e bambini, rimangono nelle carceri israeliane e “soffrono di torture, fame e negligenza medica”, condizioni che hanno portato alla morte in custodia.
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Fulvio Grimaldi, da Figlio della Lupa a rivoluzionario del ’68 a decano degli inviati di guerra in attività, ci racconta il secolo più controverso dei tempi moderni e forse di tutti i tempi. È la testimonianza di un osservatore, professionista dell’informazione, inviato di tutte le guerre, che siano conflitti con le armi, rivoluzioni colorate o meno, o lotte di classe. È lo sguardo di un attivista della ragione che distingue tra vero e falso, realtà e propaganda, tra quelli che ci fanno e quelli che ci sono. Uno sguardo dal fronte, appunto, inesorabilmente dalla parte dei “dannati della Terra”.
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