Da quando il Parlamento europeo ha votato che la Serbia deve imporre sanzioni alla Russia o i negoziati dell'UE saranno interrotti, i ricatti e le pressioni NATO, legate alla situazione del Kosovo stanno arrivando a conclusione.
I Balcani occidentali sono un insieme di sei paesi, che comprende Albania, Bosnia ed Erzegovina, Montenegro, Kosovo, Macedonia del Nord e Serbia che i rappresentanti dell'Unione europea hanno ripetutamente affermato devono appartenere alla famiglia europea. La regione dell'Europa meridionale e orientale, abitata da circa 18 milioni di persone, è ormai nota come l'arena della rivalità geostrategica tra, Bruxelles, Washington e Mosca degli ultimi decenni.
La promessa di ammissione di questi paesi nell'Unione europea, oltreché nella NATO, è stato finora lo strumento più sottile dell'Occidente per assoggettare e integrare la regione, usando i leader filoeuropeisti da essi sponsorizzati e sostenuti.
Peter Stano, portavoce del capo della diplomazia europea ha dichiarato alla CNBC: “… Sicuramente, i Balcani occidentali sono il secondo campo di battaglia per la Russia in termini di strategia e... dopo l'Ucraina si sono intensificate le loro attività…”..
Anche la NATO ribadisce l'importanza strategica dei Balcani occidentali per l'Alleanza: “È chiaro che l'invasione russa dell'Ucraina influisce sulla stabilità dei nostri partner vulnerabili e li espone a un rischio maggiore di “influenza maligna”. Continueremo a lavorare insieme per mantenere la stabilità e sostenere le riforme e la resilienza nella regione perché la sicurezza e la stabilità nei Balcani occidentali sono importanti per la NATO e per la pace e la stabilità in Europa…", ha poi affermato un funzionario della NATO citato dalla CNBC. Sappiamo cosa significano per la NATO le parole stabilità e sicurezza…
In risposta a una richiesta di commento, un portavoce del Dipartimento di Stato USA ha detto alla CNBC che: “… Washington rimane profondamente coinvolta nella regione, descrivendo il futuro dei Balcani occidentali come "esclusivamente all'interno dell'UE”…Non dobbiamo permettere al governo russo di frenare il progresso dei paesi dei Balcani occidentali", ha detto il diplomatico americano.
Considerando il fatto che recentemente nei Balcani occidentali tutti gli esempi della cosiddetta "influenza maligna della Russia" si sono rivelati falsi e il livello di conflitto in Bosnia ed Erzegovina (BiH) e nella provincia autonoma serba del Kosovo è rimasto finora un problema locale e interno alle problematiche degli attori regionali, tali dichiarazioni dei media statunitensi suscitano sospetti e insidie. Queste dichiarazioni possono essere interpretate come una copertura per accrescere la campagna occidentale volta a costringere le autorità della Repubblica Serba della Bosnia-Erzegovina e della Serbia, a imporre sanzioni contro la Russia.
Casualmente, subito dopo queste ennesime dichiarazioni, l'11 febbraio il presidente serbo A. Vu?i? ha affermato che le autorità serbe stavano aspettando "il momento giusto" per imporre sanzioni contro la Russia, e "la questione non riguarda mesi" , e queste affermazioni hanno scatenato nella società serba proteste di piazza, fibrillazioni e accuse di tradimento al presidente serbo, il quale si è giustificato dicendo che ormai le pressioni sul paese sono al punto di insostenibilità.
Nell’ultima votazione di novembre scorso, il Parlamento Europeo, per la seconda volta ha chiesto ufficialmente che l'UE interrompa l'avanzamento dei negoziati con la Serbia fino a quando non soddisferà diversi requisiti di base, il più importante dei quali è il completo allineamento della politica estera e di sicurezza della Serbia con la politica estera e di sicurezza della UE. Il Parlamento europeo sottolinea l'importanza del pieno rispetto, in particolare della politica delle sanzioni contro i paesi terzi. Il PE esprime rammarico per il basso livello di conformità della Serbia alla politica estera e di sicurezza comune dell'UE, in particolare in relazione all'aggressione militare della Russia contro l'Ucraina. La risoluzione afferma che ulteriori capitoli negoziali dovrebbero essere aperti solo quando la Serbia rafforzerà il suo impegno per le riforme nel campo della democrazia e dello Stato di diritto e dimostrerà di essere pienamente allineata con la politica estera e di sicurezza comune dell'UE. Nel documento, il PE ricorda che la Serbia, in quanto paese che lotta per l'integrazione europea, deve aderire a valori comuni.
Il governo serbo già da alcuni mesi sta dando segnali di cedimento della sua storica politica (dai tempi della Jugoslavia socialista), di Non allineamento. UE, NATO, USA dall’armistizio, dopo l’aggressione del 24 marzo 1999, stanno cercando di piegare la politica serba ai diktat dell’egemonia occidentale, cercando di rompere la millenaria fratellanza del popolo serbo con quello russo e slavo. Ora sembra che siamo vicini a questo passaggio che sarebbe traumatico sia politicamente, che culturalmente e spiritualmente per i serbi, ma che avrebbe anche ripercussioni e destabilizzazioni in tutti i Balcani e i paesi vicini.
Secondo uno studio condotto dall'organizzazione britannica Henry Jackson Society (HJS) presso l'Università di Cambridge, la stragrande maggioranza dei cittadini serbi, il 78,7%, non sostiene l'imposizione di sanzioni anti-russe e l'armonizzazione della politica estera del Paese con l'Unione Europea, si oppone all'adesione alla NATO e non vuole perdere i suoi, storicamente buoni rapporti con la Russia. Mentre solo il 12,1% dei serbi è favorevole.
Secondo gli autori dello studio, nonostante le pressioni e i ricatti dell'UE sulla Serbia, il 53,3% dei suoi cittadini vuole rimanere neutrale rispetto al conflitto in Ucraina. Il 35,8% degli intervistati ritiene che la Serbia dovrebbe sostenere la Russia e solo il 4,4% ha dichiarato di sostenere l'Ucraina.
Alla domanda se imporre sanzioni alla Russia per accelerare l'adesione della Serbia all'UE, solo il 6,4% ha risposto "sì". Se l'UE fornisse un'assistenza finanziaria significativa alla Serbia, solo il 9,5% accetterebbe di imporre sanzioni. E se Bruxelles smetterà di fare pressioni su Belgrado affinché riconosca l'indipendenza dell'autoproclamata "Repubblica del Kosovo", allora questa quota salirebbe solo al 13,6%.
Quando si tratta di possibili "fruste", i risultati sono simili. Anche con la minaccia di sanzioni dell'UE contro la stessa Serbia, il 69,9% degli intervistati si è dichiarato contrario alle sanzioni anti-russe. Se l'Ue minaccia di chiudere i suoi fondi, solo il 12,4% è favorevole alle sanzioni. Il ritiro degli investimenti ha spaventato solo il 15,1% dei serbi.
Alla domanda su chi sia la colpa del conflitto in Ucraina, il 66,3% degli intervistati in Serbia ha risposto che è Kiev. Ma su questo argomento i maggiori "successi" sono stati ottenuti dagli Stati Uniti e dalla NATO: l'82,4% e l'84,8% degli intervistati li incolpa per la situazione attuale. Non a caso, in un ipotetico referendum sull'adesione della Serbia alla Nato, il 63,4% degli abitanti del Paese voterebbe "contro". Solo l'1,2% sostiene fortemente questa idea. E se si tenesse un referendum sull'adesione della Serbia all'Unione europea, il 31,6% voterebbe "decisamente contro", il 12,7% preferibilmente contro. Mentre il 23% dei serbi è favorevole all'adesione all'UE e solo il 15,1% è "decisamente favorevole".
Per quanto riguarda una associazione alle potenze mondiali, il 54,1% degli intervistati in Serbia afferma che dovrebbe essere con la Russia, mentre il 22,6% vede un alleato nella UE, il 9,7% nella Cina. Gli Stati Uniti hanno ottenuto solo l'1,2% delle simpatie.
Gli autori dello studio sono giunti alla conclusione che ulteriori misure restrittive contro la Serbia potrebbero portare ad un allontanamento e contrarietà alla UE. Inoltre è stato rilevato che, foss’anche che le autorità serbe imponessero sanzioni anti-russe, i cittadini del Paese si allontanerebbero ancora di più dall'Occidente.
incontrati a Bruxelles per discutere il piano dell’Unione Europea per la normalizzazione tra Kosovo Lunedì 27 febbraio il presidente serbo A. Vucic e il premier kosovaro albanese A. Kurti si sono e Serbia. I due esponenti non hanno poi firmato nulla, l’accettazione del piano è solo verbale e mancano ancora da definire alcune riserve.
Il piano dell’UE è frutto di una proposta franco-tedesca, preparata mentre a livello locale crescevano le tensioni per via della cosiddetta “battaglia delle targhe” e della richiesta della realizzazione delle Comunità Autonome Serbe nella provincia, come previsto nella risoluzione ONU 1244.
Fino allo scorso 27 febbraio, questa proposta non era mai stata resa pubblica, se non da alcune indiscrezioni a mezzo stampa, il piano non prevede che Kosovo e Serbia si riconoscano ufficialmente, un truffaldino escamotage, che nasconde la resa dello stato serbo su tutti i fronti, mantenuti in questi 24 anni.
Si richiede di conseguenza l’impegno per Belgrado di smettere di ostacolare l’ingresso di Pristina nelle organizzazioni internazionali, promettendo l’avvio di “relazioni di buon vicinato sulla base di uguali diritti”: la Serbia deve riconoscere documenti, emblemi nazionali, passaporti e targhe automobilistiche emessi dal cosiddetto stato indipendente del Kosovo, si scambierebbero “missioni permanenti”; e rifiuterebbero l’uso della forza per la risoluzione delle controversie in conformità con la Carta delle Nazioni Unite. Disposizioni, quindi, che prevedono un riconoscimento de facto, anche se la terminologia impiegata evita questa espressione. Resta solo un aspetto non risolto in questo piano, ovvero l’istituzione di una Associazione/Comunità dei comuni a maggioranza serba, che nel 2015 fu giudicata incostituzionale dalla UE. Un ultimatum per la capitolazione della Serbia, il cui passo successivo sarebbe l’accettazione delle sanzioni alla Russia, con tutto ciò che comporterà nelle relazioni tra i due paesi.
Intanto nel paese la tensione sale di giorno in giorno, con proteste, arresti, scontri sia in Serba che in Kosovo; nelle manifestazioni il clima è infuocato e lo scontro sale pericolosamente, alcuni leader patriottici di queste proteste, dove ci sono già stati arresti e scontri violenti, hanno addirittura espresso negli slogan il monito/minaccia “chi firmerà questo tradimento sarà ucciso” o dichiarazioni durissime, come quelle dell’accademico serbo Dusan Kovacevic: "Chi firmerà per l'indipendenza del Kosovo morirà prima che l'inchiostro si asciughi".
Alcuni deputati, anche dello stesso partito del presidente Vucic, il Partito Progressista Serbo al governo, ribadiscono che sarebbe economicamente non conveniente per la Serbia imporre sanzioni, poiché metterebbe a repentaglio la sua sicurezza energetica e le relazioni fraterne secolari. Anche la “…Chiesa Ortodossa serba sembra pronta a scendere in campo contro la resa del governo, molti analisti prevedono la possibilità di manifestazioni di massa nel paese contro l'introduzione di restrizioni alla Russia” ha dichiarato ai media il deputato Kostic; che ha poi aggiunto"…La gente in Serbia è per la Russia e contro la NATO, quindi un tentativo di imporre sanzioni potrebbe essere la fine per Aleksandar Vu?i? e il suo governo".
Anche i serbi del Kosovo resistono e rispondono alle quotidiane provocazioni e violenze, con manifestazioni di piazza e resistenza civile
Nella provincia continuano le proteste e le manifestazioni nelle aree abitate dai serbi, nel nord del Kosovo contro le violenze e il terrorismo delle “forze speciali” delle autorità separatiste di Pristina e contro le prospettive di svendita della provincia. Le parole d’ordine con cui i serbi scendono in piazza sono: “Kurti, non ti perdoneremo i nostri figli colpiti”,“Europa, di cosa sono colpevoli i nostri figli?”,“Vu?i?, prenditi cura dei serbi e della pace!”,“Vogliamo solo pace”, “Kosovo è Serbia”.
Nel contempo USA e NATO soffiano sul fuoco, probabilmente ritenendo che la destabilizzazione della Serbia, potrebbe aprire un secondo fronte di scontro tra occidente e Russia, con l’obiettivo di creare nuove contraddizioni e un indebolimento strategico della stessa.
A cura di Enrico Vigna, presidente di SOS Yugoslavia-SOS Kosovo Metohija e portavoce del Forum Belgrado Italia - 12 marzo 2023
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