Stato di eccezione e vincolo esterno: ora Draghi dice (parte della) verità e per i motivi sbagliati

20 Marzo 2025 11:00 Gilberto Trombetta


di Gilberto Trombetta

VINCOLO INTERNO, STATO DI ECCEZIONE E VINCOLO ESTERNO




«Siamo sicuri che vogliamo mantenere questo gigantesco surplus commerciale con il resto del mondo? O piuttosto non è meglio sviluppare la domanda interna, non trascurare le nostre infrastrutture, spendere per la ricerca, per l'innovazione, per il clima? Abbiamo sacrificato la spesa pubblica, abbiamo compresso i nostri salari anche perché noi in quegli anni eravamo in competizione con gli altri Paesi europei e quindi tenevamo i salari più bassi come strumento di concorrenza. Quindi austerità e salari bassi. E questo ha creato una compressione della domanda».

Draghi dice oggi alcune delle cose (altre le omette, come il ruolo della moneta unica) che molti di noi spiegano da anni. E cioè l’insostenibilità (sociale prima ancora che economica) di una politica mercantilista improntata alle esportazioni attraverso la compressione della domanda interna.

Lo dice ovviamente senza fare autocritica e, soprattutto, per i motivi sbagliati.

Ovvero per spingere i risparmi dei cittadini a finanziare la riconversione dell'industria automobilistica franco-tedesca in industria bellica e per pagare gli aumenti della spesa militare al fine di combattere la Russia assecondando così la (scellerata) politica estera anglo-francese appoggiata da Germania e Polonia.

Insomma per chiedere “più Europa”, cioè ulteriori cessioni di sovranità. Col pretesto dell’ennesima emergenza (la Russia).

Ma lo stato di emergenza permanente diventa stato di eccezione.

Consente quindi al Governo di imporre misure che in situazioni normali non sarebbero accettate tanto docilmente dalla popolazione.

Spread, pandemia, guerra in Ucraina.

Che l’emergenza sia vera, inventata o ingigantita è secondario in un Paese in cui l’informazione è di fatto assimilabile alla stampa di regime.

Il problema non riguarda solo l’informazione, ma più in generale la stragrande maggioranza della classe dirigente: politici, imprenditori, intellettuali, insegnanti. Questi soggetti nel loro insieme rappresentano il vincolo interno. Una forma metastatica di vincolo esterno. Un vincolo esterno autoindotto.

Questo succede, se non esclusivamente, prevalentemente in Italia.

Dove da decenni abbiamo una classe dirigente di servi (ai grandi capitali esteri, soprattutto a stelle e strisce) e di ciarlatani.

Una classe dirigente che ha lavorato scientemente contro gli interessi italiani al fine di aggredire il risparmio privato (liquido e immobile) e svendere tutti i beni del Paese (industria pubblica, industria privata, servizi e beni naturali).

Privatizzazioni, liberalizzazioni, riforme regressive del mercato del lavoro, avanzi primari, lasciapassare verde, razionamenti, transizione energetica, sanzioni alla Russia. Sono tutte declinazioni dell’austerità.

Cioè di un Governo che ha formato un anti-Stato.

Di un Governo cioè che attraverso lo Stato anziché lavorare per rendere effettivi i diritti sanciti dalla Costituzione (piena occupazione, salari dignitosi, diminuzione delle disuguaglianze), ha lavorato indefessamente per eliminarli.

Per favorire interessi e grandi capitali esteri.

Abbiamo una classe dirigente che ha istituzionalizzato il nostro status di colonia.

Che ha lavorato per favorire gli interessi di tutti: grandi fondi di investimento, multinazionali, Usa, Francia, Germania, Inghilterra.

Di tutti tranne dell'Italia e dei suoi cittadini.

Per tornare ad appropriarci della nostra sovranità, la prima catena che dobbiamo rompere è quella del vincolo interno. Cioè il vincolo rappresentato dall’attuale classe politica. E dalla nostra classe imprenditoriale. Dalla stampa di regime. E dai finti intellettuali di regime.

Dopo e solo dopo saremo nelle condizioni di poter rompere le catene del vincolo esterno per riconquistare il diritto all’autodeterminazione e tornare a essere un Paese finalmente sovrano.

Non più una colonia.

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