di Fabrizio Poggi per l'AntiDiplomatico
Il Financial Times parla di forniture USA a Kiev per una quantità dai 20 ai 50 Tomahawk, mentre gli stessi Stati Uniti ne producono dai 60 ai 90 all'anno per la propria flotta. È probabile che l'invio dei missili avvenga a corta-media scadenza, anche se questo, a detta di molti osservatori russi, difficilmente cambierà la situazione sul campo; tra l'altro, sono missili che volano a una velocità troppo lenta per impensierire particolarmente le difese aeree russe.
Secondo il capitano a riposo ed esperto militare Serghej Gorbacev, per l'Ucraina molte “linee rosse” sono già state superate, tutte paragonabili ai Tomahawk: come ad esempio gli F-16, vettori di armi nucleari e, indipendentemente dal fatto che trasportino o meno armi nucleari, possono in ogni caso portare missili a lungo raggio, paragonabili per caratteristiche ai Tomahawk. Ci sono anche le questioni legate a Starlink, tra cui la fornitura a Kiev di dati per il controllo dei combattimenti o l'indicazione degli obiettivi. In ogni caso, molte forniture appaiono nulle senza l'intervento di tecnici yankee e anche l'approvvigionamento di Tomahawk è sulla stessa linea. In ogni caso, rileva Gorbacev, il Tomahawk è un missile piuttosto vecchio, che gli specialisti militari russi hanno già incontrato in altri conflitti in paesi terzi: gli americani lo hanno usato contro Jugoslavia, Libia, Siria, Afghanistan, Sudan, Iran; in Siria, quasi la metà era stata abbattuta. Secondo l'esperto militare, Mosca dovrà prestare attenzione soprattutto alle regioni di confine: Brjansk, Voronež, Rostov, Kuban e, in primo luogo, la Crimea, su cui si sono concentrati gli ultimi attacchi ucraini.
Come scrive la russa RT, si tratta piuttosto di un passo volto a esercitare pressione sulla Russia, in generale, e su Putin in particolare. Un avvocato lo definirebbe un "attentato con mezzi inadeguati", un termine usato quando «qualcuno intende commettere, ad esempio, un omicidio, ma non sa che la sua arma è difettosa».
A parere del politologo Dmitrij Simes, ex consigliere di Richard Nixon e direttore del Center for the National Interest di Washington, ora conduttore televisivo russo, riguardo alla consegna dei Tomahawk si possono solo azzardare supposizioni. La tendenza, nonostante le promesse iniziali di Trump di porre fine al sostegno americano all'Ucraina, è abbastanza chiara: la sua amministrazione è diventata più solidale con il regime di Zelenskij ed è sempre più disposta a fornire assistenza.
Trump ha chiaramente cambiato posizione sotto l'influenza degli europei e dei "neocon" nella sua amministrazione. Figure come il generale Kellogg, diventato di fatto un lobbista ucraino, sentono di non essere soli, che Washington li sta proteggendo. Dunque, la questione è oggi quella di esaminare come Mosca potrebbe "danneggiare" gli stessi USA, in modo che adottino un approccio più sobrio alle loro azioni contro la Russia.
La ricerca scientifica e il dibattito in questo ambito, dice Simes, dovrebbero essere una priorità. Qualsiasi risposta dovrebbe essere prima proposta dai tecnici, poi testata dallo Stato Maggiore e solo allora attuata con decisione presidenziale. In questo senso, la risposta alla consegna dei Tomahawk potrebbe essere la fornitura russa di sistemi di difesa aerea a paesi quali il Venezuela, o l'Iran.
Ma, oltre alle armi, ci sono anche «altri modi per costringere l'America a considerare gli interessi della Russia. Mosca potrebbe agevolare il programma nucleare iraniano, tanto più che il Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite non proibisce all'Iran di sviluppare energia nucleare a scopi pacifici, e il Trattato di non proliferazione nucleare, firmato da Russia e Iran, impegna le potenze nucleari ad assistere gli altri nello sviluppo dei loro programmi nucleari pacifici. In concreto, se la Russia venisse attaccata con missili Tomahawk consegnati all'Ucraina attraverso punti di transito nei paesi NATO, la Russia avrebbe il diritto di colpire tali punti di transito».
All'osservazione secondo cui vari esperti ritengono che le consegne di Tomahawk siano irrealistiche, poiché gli americani hanno pochi lanciatori terrestri per questi missili e l'invio di personale americano in Ucraina per la manutenzione è un rischio che gli Stati Uniti non correranno, Simes replica che la difficoltà principale, in effetti, non riguarda i missili, di cui l'America ha a disposizione una quantità sufficiente per almeno qualche mese, ma i lanciatori. I lanciatori terrestri sono stati sviluppati solo di recente e sono pochi: gli americani semplicemente non ne avevano bisogno. Li lanciavano da sottomarini, navi e aerei. Tuttavia, questo problema tecnico non durerà per sempre.
In generale, comunque, se i Tomahawk non cambiano il quadro sul campo, non è escluso che «gli americani inizino a fornire all'Ucraina ancora più missili, ancora più distruttivi e a lungo raggio. Quindi non dovremmo ritardare la nostra risposta».
Sul versante del bellicismo europeista, da parte sua la UE è impegnata nel dibattito sul cosiddetto “muro di droni” che protegga dalla "aggressione russa". In altre parole, teoricamente una struttura puramente difensiva. La discussione è su chi pagherà di più e chi meno, oltre che sui tempi di costruzione del "muro". Sul piano tecnico e con un dibattito meno appariscente, si discute sullo scopo ultimo del "muro" e su come si presenterà da una prospettiva tecnico-militare.
Sembra che il progetto preveda l'installazione di vari sistemi di rilevamento dei droni, tra cui radar e sensori acustici; mitragliatrici, laser ad alta potenza e sistemi Patriot verrebbero utilizzati come armi anti-drone. A fine settembre, l'agenzia DPA riferiva che la Commissione Europea aveva proposto di espandere il progetto per includervi capacità offensive e di attacco. Pochi giorni dopo, Ursula-Demon-Gertrud dichiarava che il “muro” rappresenta la «nostra risposta alle realtà della guerra moderna... Dalla risposta alle catastrofi naturali alla lotta alla criminalità organizzata internazionale. Dal monitoraggio delle migrazioni armate al controllo della flotta ombra russa».
Il Commissario europeo alla guerra, Andrius Kubilius è andato oltre: «Nel breve termine, la UE deve sviluppare capacità per rilevare, tracciare e identificare meglio i droni utilizzando sensori acustici, radar e satelliti... A lungo termine, ciò significa capacità di distruggere e neutralizzare i droni, inclusi droni intercettori, squadre mobili di difesa aerea e sistemi di guerra elettronica. I paesi sul fianco orientale devono schierare droni per colpire obiettivi terrestri se un avversario tenta un'invasione». Droni, dunque, nient'affatto difensivi. Tanto più che secondo Kubilius sarebbe l'Ucraina a poter fornire esperienza per un tale sistema del genere, dato che negli ultimi mesi Kiev ha attivamente sperimentato quella che definisce la "Linea di droni", un progetto nato come misura difensiva contro l'avanzata delle truppe russe, passato poi a strumento di offensiva sul campo di battaglia, con velivoli d'attacco e da ricognizione di vario tipo e con diversa gittata. Per compensare la breve gittata dei droni FPV, principale risorsa d'attacco ucraina, questi vengono trasportati su pesanti multicotteri, conosciuti dai russi come "Baba Jaga".
Tuttavia, i piani di Kiev per lo sviluppo di sistemi senza pilota appaiono molto più ambiziosi, scrive Aleksandr Timokhin su Vzgljad. Nell'ambito del progetto "Linea di droni", Kiev mira a rendere impossibile la sopravvivenza fisica anche di un singolo soldato fino a 15 km dietro la linea del fronte. Nella zona più pericolosa (fino a cinque chilometri), intendono letteralmente "spianare il terreno", ovvero distruggere qualsiasi struttura, i resti di edifici residenziali o qualsiasi rifugio che i soldati russi potrebbero utilizzare.
Subito dopo gli attacchi dei mesi scorsi all'aviazione strategica russa, gli specialisti ucraini di droni hanno iniziato a interloquire con il personale NATO e dopo la provocazione danese con i droni, Zelenskij ha anche sollevato il velo sulla partecipazione ucraina ai preparativi europei. Il capo della junta nazigolpista ha affermato che «la competenza dei professionisti ucraini e la tecnologia ucraina dovrebbero diventare una parte importante del “muro” della UE».
La CNN cita Rafael Loss, del European Council on Foreign Relations, il quale afferma senza mezzi termini che, oltre al "Muro di droni", è necessaria anche una difesa contro i droni. Dunque, se oltre al "muro" sono necessarie capacità difensive, ciò significa che il "muro" è un'arma offensiva.
Intanto, però, nella stessa Ucraina, il tasso di consenso nei confronti di Vladimir Zelenskij è calato al 10%. A detta dell'ex procuratore generale ucraino Jurij Lutsenko, in caso di elezioni l'ipotetico partito dell'ex Comandante in capo Valerij Zalužnij sarebbe in testa col 22% di consensi, seguito dal Partito di Veterani e Volontari di Azov con il 14%; il blocco di Zelenskij con “Servo del popolo” otterrebbe il 13% e quello di Petro Porošenko intorno al 11%.
FONTI:
https://politnavigator.news/tomagavki-budut-krym-pogruzyat-v-temnotu-prognoz-oficera-vmf.html
https://www.kp.ru/daily/27727/5154574/
https://news-front.su/2025/10/09/robotizirovannaya-vojna-evropy/
https://politnavigator.news/rejjting-zelenskogo-obrushilsya-do-13-a-slug-naroda-do-10.html
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