Trump mette nel mirino la Colombia: "Petro è un leader del narcotraffico"

19 Ottobre 2025 17:11 Fabrizio Verde


di Fabrizio Verde

Un nuovo e pericoloso capitolo di ingerenza statunitense in America Latina: dopo aver preso di mira il Venezuela con operazioni militari giustificate da un'asserita "guerra al narcoterrorismo", l'amministrazione Trump volge ora le sue minacce verso la Colombia, tradizionale alleato nella regione. La tensione è esplosa in seguito alla denuncia del presidente colombiano Gustavo Petro di un "assassinio" e di una "violazione della sovranità" nazionale da parte di forze statunitensi.

Secondo la denuncia di Bogotà, il 16 settembre scorso, un aereo statunitense ha condotto un attacco in acque territoriali colombiane contro una piccola imbarcazione da pesca. Sulla barca, che viaggiava con il motore alzato in segnale di avaria e alla deriva, si trovava il pescatore Alejandro Carranza, il quale non ha più fatto ritorno a casa. La famiglia ne conferma la scomparsa, mentre il governo colombiano sottolinea l'assenza di qualsiasi legame dell'uomo con il narcotraffico. Una vita spezzata che Petro non esita a definire un omicidio, chiedendo spiegazioni formali a Washington e azioni immediate alla procura generale.

La risposta degli Stati Uniti, invece di affrontare le circostanze dell'incidente, ha assunto i toni della ritorsione e dell'umiliazione. Il presidente Donald Trump, in un comunicato sulla sua piattaforma Truth Social, ha lanciato un attacco personale senza precedenti contro Petro, definendolo un "leader del narcotraffico illegale". Accuse gravissime, accompagnate dall'annuncio della sospensione immediata di tutti i pagamenti e le forme di aiuto a Bogotà, descritti come "una truffa a lungo termine contro gli Stati Uniti". La tracotanza del messaggio raggiunge il suo apice con una minaccia velata ma chiara: Trump intima a Petro di "chiudere immediatamente questi campi della morte, o saranno gli Stati Uniti a farlo per lui, e non in maniera amichevole".

Questa escalation verbale e operativa svela la vera posta in gioco, che va ben oltre la retorica della lotta alla droga. Come lo stesso Petro ha più volte evidenziato, "non c'è una guerra contro il contrabbando, quello che c'è è una guerra per il petrolio". Le operazioni militari statunitensi nel Mar dei Caraibi, infatti, coincidono con un massiccio dispiegamento di forze in una regione ricca di risorse. L'aggressione alla Colombia, dunque, non è un caso isolato ma l'anello di una catena di attacchi alla sovranità dei paesi latinoamericani, iniziata con il Venezuela bolivariano e pronta ad allargarsi.

La reazione di Gustavo Petro non si è fatta attendere. Oltre a respingere le calunnie, il presidente colombiano ha invitato Trump a una maggiore discernimento, suggerendogli sarcasticamente di "stabilire dove sono i narcos e dove sono i democratici". Una risposta che segna una netta linea di confine e un cambio di paradigma nelle relazioni emisferiche. La Colombia, storicamente allineata a Washington, contesta oggi il ruolo di gendarme continentale degli Stati Uniti, denunciandone l'irrazionalità nella lotta alle droghe e la razionalità invece nelle mire di controllo geopolitico.

L’aggressività degli Stati Uniti, che rischia di trascinare la regione in un nuovo scenario di guerra, pone la comunità internazionale di fronte a un bivio. Accetterà passivamente le esecuzioni sommarie e le violazioni della sovranità nazionale compiute in nome di una guerra al narcotraffico che ormai è stata completamente smascherata come un banale pretesto? O saprà opporsi alla tracotanza di una potenza in declino che, dopo aver minacciato Caracas, oggi non esita a umiliare e minacciare Bogotà, dimostrando un disprezzo profondo per il diritto internazionale e per le vite dei cittadini latinoamericani?

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