Corte d’appello Napoli: Condotta antisindacale di Fiat sul trasferimento operai al reparto confino Nola

09 Febbraio 2023 18:38 Francesco Guadagni

Una brutta mazzata per l’ex Fiat, ora Stellantis, che ha perso una lunga battaglia sindacale e giudiziaria contro le discriminazioni in fabbrica portata avanti dallo Slai Cobas della Fiat di Pomigliano d’Arco.

Non si potrà non tenere conto di questa sentenza emessa dalla Corte d’Appello di Napoli che, martedì scorso, ha stabilito che ci fu condotta antisindacale da parte del Lingotto riguardo il trasferimento di 316 lavoratori Fiat di Pomigliano al reparto logistico di Nola, dopo aver recepito i rilievi della Cassazione in merito all'attuazione in Italia del Diritto Antidiscriminatorio europeo.

D’ora in poi, il diritto del Lavoro in Italia dovrà conformarsi al Diritto Antidiscriminatorio europeo, ribaltando l’onere della prova. Se un lavoratore denuncia una discriminazione del datore di lavoro dovrà dimostrarla ma, allo stesso tempo, alla controparte toccherà l’onere di provare che non ci sia stata.

Facciamo un passo indietro, per capire quando può essere importante questa sentenza e che slancio può dare alle mobilitazioni del mondo del lavoro.

La vicenda è relativa al trasferimento di 316 operai del sito Pomigliano al reparto-confino WCL di Nola avvenuto nel 2008. L’80% degli iscritti allo Slai Cobas fu trasferito in questo reparto confino, istituito quando alla guida del Lingotto c’era Sergio Marchionne, che elaborò un piano di ristrutturazione aziendale per lo stabilimento di Pomigliano d'Arco. Questo Polo logistico, non era altro che una riedizione dei reparti confino Fiat degli anni' 50 del 900, le cosiddette 'Officine Stella Rossa', dove venivano relegati gli operai comunisti e socialisti.

Lo Slai Cobas già 2008, come raccontarono i coordinatori del sindacato di base, fece ricorso, ma il Tribunale di Nola non ritenne che ci fossero elementi sufficienti per provare la discriminazione, nonostante fosse stato provato, con nomi e cognomi, che l’80% degli operai traferiti erano iscritti al sindacato di base. L’azienda dal canto suo continuava a ribadire che i trasferimenti erano stati attuati per le sue esigenze di impresa.

Successivamente, anche la Corte d’appello di Napoli, avallò la sentenza di primo grado, ma lo Slai Cobas non si arrese e ricorse in Cassazione, la quale nel 2019, come spiegò a suo tempo Vittorio Granillo, coordinatore nazionale del sindacato di base, riteneva che “la sentenza dei giudici napoletani era fuorilegge perché violava il diritto antidiscriminatorio europeo. Sull'onere della prova evidenziava che noi avevamo provato le discriminazioni, ovvero che l'80% era stato trasferito. Per il Diritto europeo è obbligo del padrone dare prova contraria”.

La corte d’Appello di Napoli, quindi, martedì scorso, dopo 4 anni di attesa tra la Pandemia da Covid-19 e altri rinvii, ha dovuto riformulare la sentenza dopo i rilievi della Cassazione ritenendo che il comportamento dell’attuale Stellantis, già FCA e Fiat, fu antisindacale, non solo, ha annullato i trasferimenti per tutti i lavoratori interessati.

È utile ricordare che, intuendo forse che sarebbe arrivata una sentenza a condannarla, Stellantis già lo scorso anno aveva deciso di chiudere il sito di Nola.

Cosa rappresenta questa sentenza per i lavoratori?

Per l’ex parlamentare Mara Malavenda dell’esecutivo nazionale dello Slai Cobas “in un momento storico di grande debolezza dei lavoratori in Italia stiamo ridimensionando lo strapotere padronale nei luoghi di lavoro e riscrivendo lo Statuto dei Lavoratori, e l’iniziativa sindacale sta mandando a ‘gambe all’aria’ la progressione degli insidiosi contenuti normativi (dal pacchetto-Treu di Prodi-Bertinotti al jobs act di Renzi al decreto dignità di Di Maio) che in questi decenni hanno consentito la copertura dei trasferimenti e/o licenziamenti discriminatori sotto il camuffamento di ‘ristrutturazione o crisi aziendale’, ma di fatto tendenti a colpire le convinzioni personali e/o ideologiche, l’appartenenza sindacale, di genere, di “razza”, le condizioni di salute, handicap, età, tendenze sessuali ecc.”

Malavenda ha ribadito, inoltre, che “come sindacato stiamo oggi adoperandoci a realizzare l’obiettivo dato di ‘rompere le moderne catene del ricatto padronale’ per l’assoggettamento dei lavoratori. E questa è una rilevante questione di civiltà prima ancora che sindacale e politica!”

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