Ma è davvero la sinistra ad aver vinto in Spagna?



di Fabrizio Verde

«Abbiamo mostrato all’Europa e al mondo che si può fare, la Spagna ha fatto vedere a tutti, in questo voto, che le idee e le proposte dei progressisti possono battere il totalitarismo, il razzismo e la destra. Il Partito socialista ha vinto le elezioni e con noi hanno vinto la democrazia e l’Europa, ha vinto il futuro. Mentre il passato e la restaurazione sono stati sconfitti».

Queste le prime parole pronunciate dal segretario socialista Pedro Sanchez dopo che il PSOE ha vinto le elezioni anticipate.

A questo punto bisogna porsi due domande: ha vinto davvero la sinistra in Spagna? I socialisti spagnoli possono e vogliono aprire una nuova stagione a Madrid dove le istanze socialiste riprendono vigore in netta discontinuità con il passato?

Dobbiamo essere realisti e dare una risposta negativa a entrambi gli interrogativi. Nessuna discontinuità con il passato. Pedro Sanchez è perfettamente allineato alla fallimentare politica adottata da tutte le sinistre social-liberiste nel vecchio continente.

Diversi analisti prevedono che il prossimo governo Sanchez, se riuscirà a nascere, sarà ancora una volta subalterno alle politiche neoliberiste imposte da Berlino. Eventuali margini di deficit verranno concessi solo perché Madrid importa dalla Germania e quindi questo deficit torna comodo all’economia tedesca.

Una subalternità alle politiche neoliberiste e le ambiguità del PSOE che paga anche Podemos.

In ogni caso lo stesso Sanchez ha provveduto a spegnere ogni speranza in chi coltivava il desiderio che un nuovo esecutivo, magari targato PSOE - Unidos Podemos, potesse produrre un certo grado discontinuità con le politiche neofasciste e liberiste dell’Unione Europea. Il prossimo governo di Madrid sarà europeista. Il che vuol dire che vuol dire austerità e neoliberismo.

D’altronde nulla di diverso ci si poteva attendere da chi è stato il primo in Europa a riconoscere il golpista venezuelano Juan Guaidò. Arrivando perfino ad avanzare minacce dal sapore mafioso al legittimo presidente del Venezuela Nicolas Maduro. Scriveva l’AntiDiplomatico in merito alla vicenda: «Il golpe in corso in Venezuela ha trovato nel socialista spagnolo Pedro Sanchez uno dei più fieri sostenitori in seno all’Unione Europea. Il quotidiano ‘El Pais’ rivela che il governo spagnolo è stato avvisato in precedenza del fatto che Guaidò si sarebbe auto-proclamato presidente ad interim con l’amministrazione Trump che avrebbe fatto forti pressioni affinché Madrid rompesse ogni rapporto con Maduro».

Spostandoci dal Venezuela all’Ucraina la situazione non migliora. «…in occasione della visita in Spagna (4 giugno) del presidente ucraino Petro Poroshenko, il primo ministro spagnolo ha offerto ampie rassicurazioni circa il sostegno al regime neonazista che si è instaurato a Kiev dopo il colpo di Stato.

Attraverso Twitter, Poroshenko ha riferito: «Dal primo ministro del Regno di Spagna, Pedro Sanchez, ho ricevuto un chiaro e assoluto sostegno alla sovranità, integrità territoriale e indipendenza dell’Ucraina, e anche sostegno al prolungamento delle sanzioni contro la Russia e sostegno alle ambizioni euro-atlantiche dell’Ucraina».

Dall’Ucraina all’Arabia Saudita il copione è sempre lo stesso. Scriveva RT nel mese di ottobre sulla vendita di armi da parte della Spagna all’Arabia Saudita: «In questo contesto, se un partito politico dovrebbe fare tutto il possibile per mantenere un basso profilo parlamentare per quanto riguarda la vendita di armi questo è il Partito Socialista Operaio Spagnolo, che ha fatto crescere di sei volte l'industria delle armi durante il governo di José Luis Rodriguez Zapatero (2004 -2011) e accettato questo settembre (2018) mantenere l’immorale vendita di armi all'Arabia Saudita mentre viene perpetrata la più grande catastrofe umanitaria del pianeta: 6.000 morti e oltre 10.000 feriti, tra cui 5.000 bambini; 8 milioni di persone in carestia; e altri 20 milioni colpiti da colera o difterite (…) Con la vendita di armi ai sauditi tanto il PSOE così come Pedro Sanchez e Margarita Robles legittimano il genocidio yemenita e lo fanno, paradossalmente, con quella pubblicità che il precedente governo voleva evitare per non danneggiare le sue relazioni con Teheran».

Il socialista Sanchez ha anche mostrato di non disdegnare l’elmetto NATO. Ecco quanto scriveva l’AntiDiplomatico nel luglio del 2018: «La nuova stella del progressismo europeo, lo spagnolo Pedro Sanchez, si è già offuscata. Il premier socialista elogiato a reti unificate per l’umanità mostrata nel caso della nave 'aquarius' a cui l’Italia aveva rifiutato l’approdo nei propri porti. Lo stesso premier già ampiamente incensato perché aveva composto un governo a trazione femminile, non è però riuscito a resistere al richiamo ‘militarista’ di Donald Trump.

«Gli alleati europei devono aumentare le spese militari», ha tuonato questa mattina il presidente statunitense in occasione del vertice NATO a Bruxelles. Il socialista Sanchez ha subito risposto in maniera affermativa ponendosi sull’attenti.

Come riferisce il quotidiano iberico ‘El Pais’, la Spagna aumenterà le proprie spese militari portandole al 2% del PIL, come già concordato in ambito NATO e richiesto dal presidente Trump. Una richiesta, condita da esplicite minacce, che ha segnato il vertice in corso.

Pedro Sanchez ha confermato che si farà carico dell’impegno assunto dal suo predecessore Mariano Rajoy in occasione del summit tenutosi in Galles nel 2014».

Per concludere in bellezza questa breve rassegna ricordiamo come l’idolo della sinistra liberal europea dopo aver calzato l’elmetto della NATO si sia anche lanciato in sperticate lodi per la monarchia iberica.

Questo è quanto scrivevamo nel mese di agosto: «L’ineffabile socialista spagnolo Pedro Sanchez, già assurto ad idolo della sinistra liberal italiana, dopo aver calzato l’elmetto della NATO si scopre anche monarchico. Ebbene sì, monarchico, avete capito bene. Il presidente del governo iberico, infatti, in una conferenza stampa ha dichiarato che a suo modo di vedere la Spagna possiede una monarchia «rinnovata ed esemplare», come informa il quotidiano Publico.

Lo scorso venerdì dopo il Consiglio dei Ministri c’è stata una conferenza stampa. In quella occasione è stato chiesto al ‘socialista’ Sanchez se rietine ancora necessario porre fine al «principio di inviolabilità» del re come reclamato nel giugno del 2014 prima dell’approvazione della legge organica sull’abdicazione.

La risposta di Pedro Sanchez è eloquente: «Adesso abbiamo una monarchia rinnovata ed esemplare nella figura di Felipe VI».

Torniamo un attimo alle parole pronunciate stanotte da Sanchez: «La Spagna ha fatto vedere a tutti, in questo voto, che le idee e le proposte dei progressisti possono battere il totalitarismo, il razzismo e la destra».

Come? Con queste politiche? Non stupiamoci se alle prossime elezioni i franchisti andranno dritti al governo.

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