4 giugno, Piazza Tiananmen. Tutto quello che la narrazione anti-cinese non vi ha mai raccontato

Chiaro scuro

Oggi è il 4 Giugno: come ogni anno verremo inondati da servizi, articoli e post sul “massacro di Piazza Tiananmen”, avvenuto nel 1989 contro gli “studenti pacifici per la democrazia”. In quella concitata notte, le cose andarono veramente come ci racconta da tre decenni l'informazione occidentale? I manifestanti erano veramente pacifici studenti in cerca di democrazia? Per comprendere al meglio quella complessa pagina della storia cinese, per una volta ci vengono in aiuto esempi dal presente piuttosto che dal passato, riassunti dall'appellativo di “rivoluzioni colorate”. Bielorussia, Ucraina, Hong Kong, Libia, Siria; solo qualche nome per ricordarci di una strategia perfettamente integrata nel modo di lavorare dell'occidente liberista all'interno dei paesi rivali o semplicemente non allineati. Sostegno e “benzina sul fuoco” alle tensioni interne dei paesi (esistenti o create), dipingendo i manifestanti di turno come “paladini della democrazia”, anche quando ne sono paradossalmente agli antipodi.

Strategia che, sul finire degli anni '80, ebbe un notevole successo: l'attacco intestino ai paesi del blocco orientale, porterà ad un effetto domino che in due anni completerà il crollo del socialismo reale. Su questo fatto storico va valutata la risposta decisa del governo cinese; al contrario, oggi avremmo un assetto geopolitico molto diverso. Tiananmen rimane una sconfitta per la strategia d'ingerenza occidentale, ma un enorme successo a livello mediatico, considerando la risonanza che mantiene tuttora.

Nel video, qualche spunto per un invito all'approfondimento, su quei lati della vicenda mai riportati dalla narrazione anti-cinese: la violenza inaudita dei manifestanti “pacifici”, fatta di linciaggi, impiccagioni, soldati arsi vivi; le pressioni esterne; i numeri gonfiati delle vittime; i documenti americani, resi pubblici da Wikileaks, che confermano la versione governativa cinese. La risposta di uno degli studenti in piazza, alla domanda “fu un errore?”: “Sì, un grosso sbaglio. Dovevamo capire di essere utilizzati per altri fini, e dovevamo fermarci per tempo, non spingere sino in fondo. Così abbiamo procurato un bel guaio al Paese. Ripeto, siamo stati troppo ingenui”.

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