Da quando le ultime truppe statunitensi si sono ritirate dalla base aerea di Bagram e dall'aeroporto internazionale di Kabul è rimasta solo la Cina a dare assistenza economica al popolo afghano, diventando la prima nazione al mondo a garantire assistenza umanitaria all'emirato islamico dell'Afghanistan (nome scelto per il paese dai Talebani) in difficoltà.
Anche il ministero degli Esteri cinese come le nuove autorità di Kabul ha richiesto che la banca centrale degli Stati Uniti e i suoi alleati nell'Europa occidentale restituiscano le risorse che appartengono legalmente all'Afghanistan. Ma le risorse afghane restano “congelate” perché il Tesoro statunitense ha imposto sanzioni finanziarie ai talebani, consentendo agli Stati Uniti di confiscare effettivamente il denaro (anche se probabilmente rimarrà congelato per qualche tempo poiché gli Stati Uniti non possono spenderlo legalmente).
Secondo quanto calcolato dalla Banca Mondiale, gli afgani hanno circa 10 miliardi di dollari di riserve estere al di fuori del paese, principalmente negli Stati Uniti e in Europa.
E mentre gli Stati Uniti hanno finora ignorato le richieste di Pechino che la Fed rilasci le riserve dell'Afghanistan in modo che il denaro possa essere utilizzato per nutrire le persone affamate e stanche della guerra, l’agenzia Reuters ha però notato che una tale politica potrebbe colpire l’Europa che vedrebbe riversarsi su di essa una considerevole ondata migratoria.
Il ragionamento dei talebani è semplice: se l'occidente trattiene i soldi - che di fatto appartengono al popolo afghano - si scatenerà un'inevitabile crisi umanitaria. Una volta che ciò accadrà, gli afgani inizieranno a fuggire in Europa su strada, in barca e con qualsiasi altro mezzo, scatenando un'altra crisi migratoria.
A tal proposito in quel di Bruxelles, sempre poco interessati ai diritti umani in maniera concreta, più prosaicamente temono che ciò possa comportare una nuova rinascita della destra anti-globalista e anti-migranti.
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