La campagna dei talebani contro le produzioni di oppio in Afghanistan

Mentre il mondo stringe l’Afghanistan in una morsa d’acciaio con sanzioni che ne stanno strangolando l’economia, portando alla fame centinaia di migliaia di persone, i talebani hanno avviato una campagna per eradicare le coltivazioni di papavero dal Paese.

L’Afghanistan, infatti. è il maggiore produttore di oppio del mondo, arrivando a produrre l’85% della produzione globale nel 2020, con produzione rimasta più o meno inalterata negli ultimi anni.

Una produzione che era stata eradicata già al loro arrivo al potere negli anni ’90 e che era ripresa, tornando ai livelli precedenti, anzi era aumentata, dopo l’invasione americana del 2001.

Tale circostanza ha gettato e getta un’ombra inquietante sull’intervento americano, che con il loro attivismo hanno, di fatto, alimentato il traffico di droga internazionale e il terrorismo, che col traffico di droga si finanzia.

Così una campagna anti-terrorismo, che vedeva peraltro i talebani intruppati nella variegata armata del Terrore, ha di fatto prodotto Terrore.

Per fugare tale ombra sull’occupazione americana, diversi analisti votati all’atlantismo senza limitismo avevano derubricato l’eradicazione dell’oppio da parte dei talebani a boutade, a una semplice operazione di marketing.

il punto, spiegavano tali soloni nei loro dettagliati articoli pubblicati su giornali importanti, era che c’era stato un surplus di produzione negli anni precedenti, per cui il prezzo dell’oppio era calato. Da cui la necessità di far rialzare i prezzi abbattendo la produzione.

Tutte sciocchezze, come indica il rinnovato tentativo dei talebani di cancellare dal proprio territorio la malapianta, con un’azione vigorosa della quale dà notizia nientemeno che l‘Associated Press, in una nota che riportiamo.

“Il governo talebano dell’Afghanistan ha avviato una campagna per sradicare la coltivazione del papavero, con l’obiettivo di spazzare via la massiccia produzione di oppio ed eroina del paese, anche se gli agricoltori temono che i loro mezzi di sussistenza saranno rovinati in un momento di crescente povertà”.

“Alcuni giorni fa, nel distretto di Washir, nella provincia meridionale di Helmand, combattenti talebani armati hanno fatto la guardia mentre un trattore dilaniava un campo di papaveri, mentre il proprietario del campo osservava da presso”.

“I talebani, che hanno preso il potere in Afghanistan più di nove mesi fa, hanno emesso un editto all’inizio di aprile che vieta la coltivazione del papavero in tutto il paese”.

“Coloro che violano il divieto ‘saranno arrestati e processati secondo le leggi della Sharia nei tribunali competenti’, ha detto all’Associated Press nella capitale provinciale di Helmand, Lashkar Gah, il vice ministro degli interni talebano per la lotta alla droga, il mullah Abdul Haq Akhund” etc.

La cosa è seria, dunque, e potrebbe assestare un duro colpo al traffico di stupefacenti internazionale e al Terrore globale. Tanto seria che, come annota l’Ap, pur di portare a termine quanto promesso, non guardano in faccia a nessuno, mettendo a rischio quanti, anche in buona fede, vivono di tale traffico (che però stanno meglio di altri, che non hanno campi da coltivare, né hanno incassato i lucrosi guadagni del passato).

Il mondo dovrebbe essere grato al governo di Kabul per quanto sta facendo a questo livello, e anzi dovrebbe aiutare, sostenendo in qualche modo la campagna con finanziamenti per creare un’alternativa agli agricoltori interessati.

Nulla di tutto ciò, anzi le sanzioni continuano a flagellare, ponendo criticità anche a tale determinazione. La cosa simpatica è che le sanzioni sono state comminate per le restrizioni poste alla didattica, alla quale le donne hanno un accesso limitato, e per l’imposizione del velo.

Agli occhi dell’Occidente si tratta di restrizioni non accettabili, anche se certe restrizioni sono accettate in altre latitudini (ad esempio in Arabia Saudita), ma affamare un popolo, donne e bambini compresi, non sembra la via più ragionevole per proteggere certi diritti.

Al di là della contingenza, resta appunto la determinazione dei talebani contro la droga e l’assordante silenzio con cui l’Occidente sta accompagnando tale decisione politica. Un disinteresse che interpella non poco.

Sempre sull’Afghanistan, riportiamo una notizia di Us. News: “Una squadra di funzionari indiani ha incontrato giovedì il ministro degli Esteri a interim dell’Afghanistan per parlare dei legami bilaterali e di aiuti umanitari, hanno affermato i talebani. Si tratta della prima visita del genere a Kabul dai tempi del caotico ritiro degli Stati Uniti dello scorso anno”.

L’Afghanistan sta tentando di ripristinare i rapporti con i Paesi confinanti, in particolare quelli più importanti (Cina, Russia, India, Pakistan, Iran), nel tentativo di far fronte all’indigenza in cui versa a causa del caos in cui è precipitato dopo l’intervento Usa, che ha instaurato governi fantoccio votati alla predazione, aggravato dalle stringenti sanzioni internazionali. Il passo dell’India può aiutare.

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