di Fabrizio Poggi per l'AntiDiplomatico
«Nel Donetsk gli scontri più violenti», recita pilatescamente il sommario de il manifesto, sopra un'immagine di Ukrinform con «i danni di un attacco di droni russi» a un edificio ucraino.
Per parte nostra, proprio nei giorni in cui liberal-fascisti e liberal-reazionari autoproclamantisi di “sinistra” ci raccontano che, nel mondo, oggi, esiste un solo e unico giornalista e questo è rinchiuso proditoriamente in una segreta, “lontano dalla patria”, nonostante la qualifica stessa di “giornalista” stia a indicare – a detta loro - “innocenza per definizione”.
Per parte nostra, si diceva, preferiamo chinare la testa di fronte all'ennesimo giornalista ucciso la sera di sabato 4 gennaio dalle forze armate di un paese di cui alcuni cosiddetti eurodeputati (ancora una volta: liberal-fascisti liberal-reazionari, liberali e nullafacenti) chiedono che l'Italia si faccia “cobelligerante” contro la Russia.
Una Russia che uno dei pennivendoli del Corriere della Sera, proprio il 4 gennaio, metteva a capo, insieme alla Cina, delle «dittature imperialiste dell’asse del caos» (e perché non della “Spectre”?), con la prima che si distinguerebbe per «gulag polari per dissidenti» e la seconda per «campi di internamento di Xinjang»: tutte e due, dunque, da scartare quali interlocutori, poiché in entrambe «un linguaggio politico come noi lo intendiamo è semplicemente escluso alla radice». Lo dicono loro, ancora liberal-fascisti liberal-reazionari, liberali e “giornalisti” di lusso, infervorati di quella loro Europa che «può ancora sognare», dal momento che «ci unisce agli Stati Uniti la fedeltà atlantista» e quella fedeltà ci impone di essere, già da anni, “cobelligeranti” di fatto e complici manifesti di un regime nazi-golpista che assassina anche i propri giornalisti, come fu, già nel 2015, per Oles Buzinà, freddato sulla soglia di casa, con l'assassino rimesso in libertà su “raccomandazione” degli squadristi di Pravij Sektor, di guardia fuori del tribunale.
Per parte nostra, diciamo ancora, preferiamo ricordare invece il corrispondente freelance delle Izvestija, Aleksandr Martem'janov, rimasto ucciso il 4 gennaio dopo che l'auto civile, su cui viaggiava insieme ad altri suoi quattro colleghi rimasti feriti, è stata colpita da un drone ucraino lungo la strada Donetsk-Gorlovka, lontano dalla linea del fronte.
I cinque giornalisti, tra cui due di RIA Novosti, Maksim Romanenko e Mikhail Kevkhiev e due di “Bloknot Donetsk”, Izabella Liberman e Svetlana Larina, stavano rientrando a Donetsk, dopo aver filmato le conseguenze dei bombardamenti ucraini su Gorlovka, andati avanti per l'intera giornata di sabato, anche con l'impiego di droni.
Il leader della DNR, Denis Pušilin, ha dichiarato che nella cittadina (circa 250.000 abitanti, una cinquantina di km a nordest di Donetsk) almeno 15 civili sono rimasti feriti in seguito a oltre una quindicina di attacchi ucraini, portati il 4 gennaio sia con artiglieria in grado di sparare proiettili a grappolo, sia con droni da bombardamento.
Komsomol'kaja Pravda ricorda che il giornalista ucciso, Aleksandr Martem'janov, era stato uno dei primi corrispondenti di guerra a coprire gli eventi nella DNR, già dal 2014, filmando le conseguenze dei bombardamenti ucraini su Donetsk, Gorlovka e altri centri della Repubblica, compresa l'evacuazione di civili da Mariupol. Nel 2023, era già stato colpito da un bombardamento ucraino su Donetsk, rimanendo ferito a entrambe le gambe.
il Fatto di qualche giorno fa scriveva di 21 giornalisti uccisi in Ucraina negli ultimi tre anni e 40 in Donbass in 8 anni e ricordava il coraggioso fotoreporter Andrea Rocchelli, ucciso nel 2014 nell'area di Slavjansk, già nei primi mesi dell'attacco terroristico ucraino al Donbass e il cui assassino riconosciuto, Vitalij Markiv, era stato scandalosamente scarcerato nel processo d’appello dal tribunale di Milano, presente in aula l'allora eminenza grigia del regime di Kiev, il Ministro degli interni golpista Arsen Avakov.
E lasciamo alla coscienza atlantista dei pennivendoli del Corriere di riflettere sulle parole della giornalista Paola Caridi, riprese il 3 gennaio da l'Unità, a proposito della carneficina perpetrata da Israele contro i giornalisti palestinesi: «Cinque giornalisti uccisi. In un soffio. In un solo attacco aereo mirato. Bruciati vivi nel pulmino che recava la scritta Press ben in vista. Stampa. Stampa che documenta il massacro, i massacri. È stata superata quota 200. Oltre 200 giornalisti e operatori dell’informazione palestinesi uccisi a Gaza dalle forze armate israeliane dall’ottobre 2023. È una cifra in difetto, quota 200. Non comprende i familiari uccisi assieme ai giornalisti». Se le ricordano, queste cifre, i liberal-reazionari che ci raccontano di un solo e unico giornalista, rinchiuso proditoriamente in una segreta, “lontano dalla patria” e “innocente per definizione”?
Il presidente dell'Unione dei giornalisti di Russia, Vladimir Solov'ëv ricorda che, dal 2014, oltre trenta giornalisti russi sono rimasti uccisi, di cui quattro nel 2024, tra cui un altro corrispondente delle Izvestija, Semën Erëmin.
I droni FPV sono uno dei fattori più pericolosi, soprattutto per i giornalisti, afferma Solov'ëv; i militari ucraini che li manovrano, cercano specificamente i giornalisti russi per eliminarli: «in violazione di tutte le convenzioni internazionali, cercano di mettere a tacere la voce della verità».
Il primo vice ambasciatore russo presso le Nazioni Unite, Dmitrij Poljanskij, ha dichiarato alle Izvestija che la Russia solleverà la questione degli attacchi ai giornalisti durante la prossima riunione del Consiglio di Sicurezza sull'Ucraina.
La portavoce del Ministero degli esteri russo, Marija Zakharova, ha dichiarato che l'uccisione deliberata di giornalisti russi è l'ennesimo crimine brutale, nella serie di sanguinose atrocità del regime di Zelenskij, che ricorre apertamente a metodi terroristici per eliminare i propri avversari ideologici. «Sulla coscienza della cricca di Kiev ci sono le innumerevoli vite di cittadini innocenti, persone che svolgono professioni civili, tra cui giornalisti e corrispondenti di guerra, rimasti vittime di attacchi deliberati nell'ambito della campagna di terrore scatenata dai subumani di Bandera contro la popolazione civile della Russia e del loro stesso paese», ha dichiarato Zakharova.
L'amarezza per la notizia della morte di Aleksandr Martem'janov è di poco attenuata da quanto riferiscono i giornalisti della tedesca Der Spiegel, secondo cui le forze russe sono ormai prossime ad assicurarsi il controllo degli interi territori di DNR e LNR, tanto che le stesse fonti ufficiali di Kiev sono costrette ad ammettere la costante avanzata dei reparti russi.
Basta non farlo sapere agli scribacchini del MI6 in eterna lotta contro «l’asse del caos»; altrimenti, la loro Europa sarà costretta a smettere di «sognare».
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