ELEZIONI USA - SPECIALE REPORTAGE DI LORETTA NAPOLEONI

05 Novembre 2024 07:00 Loretta Napoleoni

L'"AMERICA SCONOSCIUTA" - LEGGI TUTTI I REPORTAGE PRECEDENTI DI LORETTA NAPOLEONI SU L'ANTIDIPLOMATICO


LAS VEGAS: L’anima fratturata dell’America

ARIZONA : Il Limbo dei migranti

SANTA FE' : Cosa resta del sogno americano nella "Disneyland messicana"?

COLORADO: Il fattore migrazioni nella corsa presidenziale USA

DAKOTA: Riserve indiane, fracking e i dettami di Trump: "un’America d’altri tempi"

WISCONSIN - Trump o Harris? In uno swing state la politica è tabù

CHICAGO - I "non votanti" invisibili al sistema


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di Loretta Napoleoni - San Francisco

2 novemebre 2024


La California è uno stato tradizionalmente democratico, non dimentichiamo che Kamala Harris è stata eletta in California, ma anche la California sta cambiando. Il motivo: le migrazioni interne ed il flusso dei migranti. Per capire di cosa si tratta basta trascorrere un week end a Yosemite, il meraviglioso parco naturale ad est di San Francisco, e visitare il quartier generale del partito democratico a San Francisco.





Il parco è stato chiuso per diversi mesi a causa di un’invasione di topi, si proprio così. Dopo la derattizzazione è stata la volta dei rifugi che sono stati quasi tutti chiusi e non si sa quando saranno riaperti. Tra le poche eccezioni c’e’ il Curry Village dove pero’ si dorme in tende bianche stile militare sotto alberi di sequoie secolari.

Bastano venti minuti per accorgersi del degrado delle strutture, alcuni bagni sono chiusi, la piscina è vuota e circondata da transenne, ci sono lavori in corso un po’ dovunque, nella postazione per l’acqua potabile sotto i rubinetti c’e’ un contenitore pieno di melma. Le tende, poi, non sono pulite, ai bordi sul pavimento di legno c’e’ sabbia e terra.

Ancora peggio è la situazione dei bar e ristoranti, tre in tutto, che servono l’intera area incluse le baite del villaggio accanto. La fila per comprare una pizza dura 45 minuti, impossibile trovare un tavolo dove sedersi, c’e’ la calca dalle 17,30 fino alla chiusura alle 21,30. Cameriere stressatissime cercano di soddisfare un’orda di visitatori affamati. È chiaro che la gestione manageriale di Yosemite ha problemi ben piu’ grandi dell’invasione dei topi. Ma tralasciamo questo argomento e concentriamoci invece sullo spaccato sociale ed etnico del Curry Village.

La stragrande maggioranza non sono turisti ma gente che risiede in California e che ha deciso di trascorrere un week end nel parco. È una vacanza che costa relativamente poco e quindi è accessibile a redditi medio bassi. Ci sono famiglie con bambini, qualcuna è con i nonni, giovani coppie, famiglie numerose, gruppi di ragazzi e di ragazze. La cosa che colpisce è che ci sono pochi bianchi e pochissimi neri, i visitatori sono asiatici, messicani e centro americani. Dopo settimane viaggiando attraverso l’America bianca degli stati centrali e le riserve indiane questa nuova nota di colore razziale colpisce.

Qui non siamo al Grand Canyon popolato da turisti provenienti da tutto il mondo, a fine ottobre a Yosemite l’ondata del turismo internazionale è finita, tra poco il parco sarà coperto di neve e le strade verranno chiuse. A fine ottobre a Yosemite c’e’ uno spezzato sorprendente degli abitanti della California contemporanea.

Man mano che i pensionati si trasferiscono negli stati del sud dove le tasse sono infinitamente piu’ basse o inesistenti e le case costano molto meno che in California, subentrano i migranti, che invece sono attratti da questo stato dove si trovano ancora lavori che i californiani non vogliono fare, ed i rifugiati che vengono collocati dallo stato in California. E cosi’ in un caldo week end di fine ottobre a Yosemite gruppi di uomini afgani girano intorno ai ristoranti, si intrufolano nelle code per il cibo. Come a casa si muovono in branco, non indossano gli abiti tradizionali del loro paese ma la versione afgana di quelli occidentali, i colori non si abbinano e le magliette hanno disegni sgargianti. E poi ancora ci sono famiglie messicane vestite alla moda di città del Messico o di Monterey, indiani con intorno al collo scialli provenienti dal Rajasthan. Appaiono tutti un po’ sciatti e se non sapessi dove mi trovo penserei di essere in un altro continente, e.g. in Asia. Tutto questo multi-etnicismo in un paese che è nato, cresciuto e diventato la maggiore potenza economica mondiale sull’immigrazione di chi scappava da una vita di stenti rincorrendo il sogno di una vita migliore, non dovrebbe sorprenderci, anzi dovrebbe essere la normalità. Ma non è cosi’.

Sullo sfondo del degrado delle strutture di Yosemite, questa inusuale finestra sulla nuova popolazione di californiani conferma le metamorfosi sociali degli Stati Uniti. Nell’assenza di un meccanismo di omogenizzazione dei migranti, le migrazioni interne stanno ridisegnando la composizione etnico-sociale della California senza integrazione.



I giovani rifugiati afgani non riescono a lasciarsi alle spalle le usanze ed i costumi di casa loro, non sono americani. Perche’? Perche’ con molta probabilità vivono in ghetti etnici e non si sentono accettati. Certo anche gli italiani o gli irlandesi che approdavano a Boston nel XIX secolo andavano a vivere nei corrispettivi ghetti, ma allora l’America era in via di formazione e gli immigrati la stavano costruendo.

Per chi vota questa popolazione? Ma voterà? Pochi capiscono la dinamica politica americana ed ancora meno si sono registrati per votare.

In California le migrazioni interne erodono lo zoccolo duro del partito democratico e così facendo ne diluiscono la compattezza mentre il flusso dei migranti non lo va a ricostituire perche’ molti, troppi non votano.

Nel quartier generale del partito democratico a San Francisco su Market Street a poca distanza da una colonia di senza tetto e vittime del fentalyn questo problema è visibile.



I pochi volontari, tra cui molte donne, sono tutti bianchi ed anziani, manca multi-etnia e gioventù. Dentro sembra che il tempo si sia fermato a fine secolo scorso e che i volontari siano invecchiati dietro i loro banchetti mentre intorno a loro la citta’ e la California cambiavano. È tutto un po’ triste.

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