Il rapporto della Banca mondiale che certifica il fallimento della strategia contro la Russia


di Giacomo Gabellini per l'AntiDiplomatico

All’inizio di luglio, la Banca Mondiale ha pubblicato il suo rapporto annuale che fornisce una classificazione dei Paesi del mondo sulla base dei livelli di reddito, misurati secondo il criterio del reddito nazionale lordo pro capite. Il documento evidenza in primo luogo che tra il 1987 e il 2023, la quota di Paesi a basso reddito è letteralmente crollata nella regione dell’Asia meridionale (dal 100 al 13%) e sensibilmente aumentata in Medio Oriente e Nord Africa (da 0 al 10%), mentre il macrogruppo che riunisce i Paesi ad alto reddito si è allargato in America Latina e nei Caraibi (dal 9 al 44%) e ridimensionamento in Europa e Asia centrale (dal 71 al 69%).

Le alterazioni maggiormente significative segnalate dalla Banca Mondiale all’interno del documento riguardano anzitutto l’Iran, passato dalla categoria dei Paesi a reddito medio-basso a quella dei Paesi a reddito medio-alto di concerto con Algeria, Mongolia e Ucraina. L’economia della Repubblica Islamica è cresciuta del 5,0% nel 2023, trainata principalmente dalle esportazioni di petrolio e dalle entrate derivanti dall’espansione dei servizi e della produzione manifatturiera. Di conseguenza, il reddito nazionale lordo è aumentato del 39,5% in termini nominali. L’affermazione dell’Algeria è invece frutto della rimodulazione delle statistiche attuata dalle autorità nazionali in un’ottica di allineamento agli odierni standard internazionali. Ne è scaturita una revisione al rialzo della crescita del Pil (aumentato in media del 13,3% nel periodo 2018-2022), dovuta prevalentemente all’espansione degli investimenti in ricerca e sviluppo. La riclassificazione della Mongolia riflette la prosecuzione della robusta ripresa post-pandemica, con un incremento del Pil reale pari al 7% nel 2023 sospinto dall’espansione delle attività minerarie (+23,4%) combinata al boom dei proventi da export imputabile alla rivalutazione delle materie prime sui mercati internazionali. Quanto all’Ucraina, il suo passaggio al novero dei Paesi a reddito medio-alto nasce da una ripresa economica pari al 5,3% nel 2023 – trainata dal settore edilizio – che ha parzialmente compensato la caduta verticale del 28,8% registrata l’anno precedente, coniugata al decremento continuo e strutturale della popolazione che va protraendosi dall’invasione russa. Questi fattori sono stati amplificati dagli aumenti dei prezzi dei beni e dei servizi prodotti a livello domestico.

La Cisgiordania e la Striscia di Gaza, entrate nel novero dei soggetti a reddito medio-alto nel 2023, hanno invece visto la loro economia contrarsi nettamente per effetto diretto della guerra con Israele. Sebbene il conflitto sia scoppiato ad ottobre e le sue ripercussioni risultino quindi limitate al quarto trimestre del 2023, si è assistito a un calo del Pil del 9,2% in termini nominali e del 5,3% in termini reali.

Lo studio condotto dalla Banca Mondiale evidenzia infine la riclassificazione di Bulgaria, Palau e Federazione Russa da Paesi a reddito medio-alto a Paesi ad alto reddito. I primi due Paesi raccolgono i risultati dalla crescita inanellata nel periodo post-pandemico, trainata dai consumi. L’economia della Russia, invece, ha risentito profondamente delle implicazioni dell’incremento dello sforzo bellico, oltre che dall’espansione del commercio (+6,8%), del settore finanziario (+8,7%) e delle costruzioni (+6,6%). Lo sforzo propulsivo che ne è derivato si è tradotto in una forte crescita del Pil in termini sia reali (3,6%) che nominali (10,9%).

Dalle statistiche fornite dalla Banca Mondiale si evince che il reddito nazionale lordo pro capite della Federazione Russa è cresciuto tra il 2000 e il 2013 di quasi nove volte da 1.710 a 15.160 dollari (correnti), per poi precipitare a 9.160 dollari (-40% circa) alla fine del 2017 per effetto della prima tornata di sanzioni irrogate dall’Occidente per punire l’inglobamento della Crimea sulla scia del colpo di Stato di Jevromajdan del febbraio 2014.

Tra il 2017 e il 2023 si è registrata una marcata inversione di tendenza, con il reddito nazionale lordo pro capite che è tornato a crescere da 9.160 a 14.250 dollari. Una cifra ancora inferiore a quella i raggiunta nel 2013, ma sufficiente a iscrivere la Russia nel “club” dei Paesi ad alto reddito e nettamente superiore se si analizza il fenomeno attraverso la chiave interpretativa della parità di potere d’acquisto. Il grafico relativo all’andamento del reddito nazionale lordo pro capite a parità di potere d’acquisto attesta la superiorità in termini reali del risultato conseguito nel 2023, pari a 43.510 dollari, rispetto a quello raggiunto nel 2013, pari a 25.120 dollari.

La lettura fornita dagli specialisti della Banca Mondiale che hanno redatto il rapporto pubblicato all’inizio del mese ascrive quindi alle dinamiche militari, che alimentano la domanda di beni e servizi, l’ottima performance realizzata dalla Russia. La quale ha saputo minimizzare l’impatto delle sanzioni senza precedenti imposte dal cosiddetto “Occidente collettivo” attraverso triangolazioni e politiche di “sostituzione delle importazioni”.

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