di Francesco Santoianni
Sul perché in Italia, per le posizioni di innumerevoli organizzazioni (che pretendono ancora oggi di condannare “l’imperialismo di Putin” o di abbandonarsi a bizzarre indicazioni elettorali) stenta a decollare, contro la guerra in Ucraina, un movimento abbiamo già scritto.
Chissà ora che diranno queste organizzazioni davanti al “Manifesto per la sovranità e i diritti dei popoli: L’Italia e l’Europa contro la guerra” presentato - mercoledì 8 maggio, alla sede della Stampa estera - da Franco Cardini, Valentina Ferranti, Stefano Orsi, Enzo Pennetta, Andrea Zhok; presentazione alla quale hanno partecipato Gianni Alemanno, Massimo Ariechino, Elena Basile, Marco Rizzo, Francesco Toscano. Manifesto che, nascendo dall’incontro di svariate ideologie, spesso, da’ per scontate questioni sulle quali ognuno fa le sue letture. Unica eccezione nel Manifesto, il riferimento al positivo irrompere sulla scena mondiale dei BRICS: <<Questa realtà, pur tra mille (feconde) differenze, si sta coalizzando per superare l’egemonia statunitense e il modello unipolare nato dalla fine della guerra fredda, con l’intento dichiarato di costruire un nuovo ordine mondiale fondato sull’autodeterminazione dei popoli.>>
Su alcuni punti di questo Manifesto, abbiamo intervistato uno dei suoi estensori: il professore Andrea Zhok.
<<Il manifesto è solo un episodico punto di incontro dettato dalla esigenza di opporsi alla guerra o è una tappa verso la nascita di un nuovo partito ? >>
Il Manifesto per la Sovranità e i Diritti dei Popoli non vuole essere un episodio occasionale, ma intende essere un contributo alla nascita di un nuovo orientamento culturale e politico. Qualunque tentativo di cambiare lo status quo deve essere insieme culturale e politico. In quest’ottica la prospettiva del formarsi di una forza capace di farsi sentire anche nelle istituzioni è altamente auspicabile. Quanto all’interclassismo, non esiste oggi partito italiano o europeo che non sia “interclassista”. Il termine è, credo, fuorviante. Personalmente credo che la linea oppositiva tra chi vive del proprio lavoro e chi vive di rendita o speculazione sia una linea politicamente cruciale, ma non definisce un’identità di classe in senso tradizionale.
<<L’adesione della “sinistra” al Sovranismo non rischia di farle abbandonare parole storiche del movimento operaio, ad esempio internazionalismo proletario? >>
Il sovranismo non è nazionalismo, non lo è mai stato. Il sovranismo, sin dalle origini del termine in Irlanda e Quebec, è indipendentismo, rivendicazione di sovranità, autodeterminazione, che è presupposto e precondizione per l’esercizio della democrazia. Nessun paese può essere democratico senza essere sovrano. Detto questo, parlare oggi di “internazionalismo proletario” mi sembra un po’ come parlare del conflitto tra papato e impero. Dell’internazionalismo proletario si sono perse le tracce da prima del 1914. Quello che esiste nella realtà odierna è il transnazionalismo finanziario o l’imperialismo sovranazionale degli USA. Nella concretezza dell’azione politica le rivendicazioni di sovranità non sono rivendicazioni di egoismo nazionale, ma rivendicazioni del diritto di ogni popolo all’autogoverno. E solo in questo contesto ci può essere una proficua interazione tra nazioni, senza che essa diventi sottomissione ad una qualche forma di imperialismo egemone.
<<L’irrilevanza numerica, della “destra” che si vuole coinvolgere è stata valutata qualora con essa si volesse creare un partito o movimento interclassista?>>
Io non ragiono da tempo in termini di “destra” e “sinistra”, che sono a mio avviso oggi concetti inservibili. A mio avviso la linea del fronte sul piano politico è oggi quella tra capitale e lavoro (ogni lavoro), e il “nemico politico” è l’impianto neoliberale egemone. Credo sia essenziale che tutti coloro i quali identificano come cruciali questo fronte e questo avversario facciano causa comune, a prescindere da come si siano identificati politicamente in passato. Quanti siamo e quanti saremo lo scopriremo strada facendo.
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Di seguito, il testo del Manifesto
L’ITALIA E L'EUROPA CONTRO LA GUERRAManifesto per la sovranità e i diritti dei popoli
L'Europa e la guerra
L'Europa non è l'Unione Europea: mai come in questo momento è evidente la radicale divergenza tra le politiche delle istituzioni di Bruxelles e gli interessi reali dei Popoli europei. Una bolla mediatica, dotata di una distopica capacità di falsificare la realtà, sta portando tutta l'Europa verso l'isolamento mondiale e verso una possibile catastrofe bellica.
Gli attuali governi europei non vogliono accettare l'emergere di un nuovo Mondo multipolare, che trova espressione politica ed economica nei BRICS. Questa realtà, pur tra mille (feconde) differenze, si sta coalizzando per superare l'egemonia statunitense e il modello unipolare nato dalla fine della guerra fredda, con l'intento dichiarato di costruire un nuovo ordine mondiale fondato sull'autodeterminazione dei popoli.
Questo Mondo multipolare per trovare un nuovo equilibrio ha bisogno di un'Europa totalmente diversa da quella attuale.
La prima vera sfida per le Nazioni europee è quella di fermare la guerra ai propri confini, prima che ci travolga nella barbarie, nella depressione economica e nel rischio di un conflitto nucleare.
Per uscire da questo processo degenerativo in accelerazione è necessario imporre subito un cessate il fuoco in Ucraina e in Palestina, emergenze di fronte a cui ogni giorno perso è un crimine contro l'umanità e la giustizia.
Occorre riconoscere che la NATO, finita la contrapposizione tra i due blocchi con il venir meno dell'URSS, è passata da un ruolo difensivo ad un ruolo offensivo, a sostegno di un mondo unipolare a guida americana, inducendo l'Italia a violare l'articolo 11 della Costituzione che ripudia la guerra come mezzo per risolvere le controversie internazionali. È tempo, quindi, di mettere radicalmente in discussione lo strumento dell'Alleanza atlantica.
Ma per fermare la guerra non bastano né i buoni sentimenti né un mero atteggiamento pacifista, non basta neppure la paura. Occorre una nuova visione politica e sociale in linea con i tempi nuovi che stiamo vivendo.
Popoli e cittadini in ostaggio di un'oligarchia
L'Unione Europea è guidata da un'Euro-casta che ha perso il contatto con la realtà: essa pratica un'austerità monetarista che produce deindustrializzazione, combina autoritarismo burocratico e liberismo ideologico (a seconda delle lobby che vuole favorire), alimenta in tutte le forme la divisione sociale, nega la tradizione storica e culturale della civiltà europea, e, nell'epoca della maggior crisi dell'egemonia globale americana, fa pagare ai popoli europei un prezzo altissimo pur di rimanere schiacciata all'ombra di quell'egemonia.
L'attuale premier italiano Giorgia Meloni ha raccolto i voti di milioni di Italiani che volevano il cambiamento, ma oggi dimostra di perseguire un solo obiettivo: entrare nell'Euro- casta nell' illusione di condizionarla. La stessa trappola si era chiusa in precedenza, in forme diverse, su Matteo Salvini e Giuseppe Conte.
I cedimenti della Meloni, di Salvini e di Conte hanno lasciato l'Italia, a differenza di altri paesi europei, senza alcun fronte autenticamente antagonista ai potentati economico- finanziari euroatlantici. Oggi in Italia domina una politica che litiga su poltrone e controversie di costume, ma è concorde nel mantenere la nostra Nazione in una condizione di sudditanza in Europa e in Occidente.
L'ultimo grave atto politico compiuto insieme dal centrodestra di Giorgia Meloni e dal centrosinistra di Elly Schlein, l'approvazione del nuovo Patto di Stabilità europeo, è la conferma del consociativismo della politica italiana nell'accettare i diktat finanziari dell'Unione Europea che portano l'Italia verso la recessione e verso la cancellazione progressiva di tutti i diritti sociali.
Questo dimostra, una volta ancora, che non è più possibile costruire il cambiamento rimanendo all'interno dei vecchi schemi oppositivi: destra liberale e sinistra liberal, progressisti e neo-conservatori, sono solo due facce della stessa medaglia. Lo scontro artificiale, recitato a beneficio del pubblico sotto elezioni, tra centrodestra e centrosinistra è riuscito per anni a paralizzare il sistema politico, forzando spesso le migliori energie in alleanze imbarazzanti e inconcludenti. La precondizione per una rinascita politica è un superamento culturale profondo di questo schematismo stantio e paralizzante.
Una nuova visione politica
Abbiamo perciò bisogno di una nuova visione politica, di nuove alleanze sociali, di un nuovo radicamento in autentici valori umani.
Dobbiamo fermare la concentrazione della ricchezza in pochissime mani, negli oligopoli multinazionali e nella finanza internazionale. Bisogna denunciare il fallimento del capitalismo neo-liberista che aumenta le divisioni tra i popoli e all'interno dei popoli, che non crea ricchezza, se non per pochi, e tantomeno sa distribuire ricchezza.
Contro questo nuovo totalitarismo dobbiamo proclamare l'alleanza tra ceti popolari e ceto medio, tra classe lavoratrice e piccole e medie imprese, tra lavoratori autonomi e lavoratori dipendenti, l'alleanza di tutte le forme del lavoro, contro la rendita finanziaria e il dominio delle grandi corporation transnazionali, contro l'egemonia di élite sradicate e cosmopolite.
Dobbiamo proporre un nuovo modello di sviluppo in cui economia pubblica e privata sappiano cooperare nell'interesse del popolo e della nazione, dove la libertà di lavorare e la libertà d'intraprendere non siano confuse con il liberismo mercatista che permette alle multinazionali di sfruttare il lavoro, di distruggere l'economia reale e la bellezza dei territori.
Dobbiamo fermare un'immigrazione oramai fuori controllo, diventata non solo un terribile dramma umanitario ma anche un'arma politica, culturale ed economica contro le identità e i diritti sociali dei popoli, sia quelli europei che quelli asiatici e africani.
Dobbiamo difendere l ' ambiente con una cura autentica del territorio e del paesaggio, con un piano straordinario di manutenzione pubblica, fermando il consumismo “usa e getta” e la cementificazione, promuovendo le comunità agricole, non facendoci ingannare da una transizione “green” pilotata da chi si è arricchito inquinando il mondo (il 70 per cento dell'inquinamento è causato dalle prime 100 multinazionali) ed ora vorrebbe trarre ulteriore profitto facendo finta di disinquinarlo.
Dobbiamo difendere la natura umana, le famiglie e le comunità, dalle manipolazioni genetiche e sanitarie, dall'ideologia gender, dalle forzature della transizione digitale e dell'intelligenza artificiale, che nascono dagli interessi dei grandi oligopoli Big pharma, Big tech e Biotech, prima ancora che dalle elucubrazioni culturali del progressismo globalista. In tal senso vanno tutelate la libertà delle persone e la sovranità delle nazioni dalla dittatura sanitaria dell'OMS, che vuole trasformarsi da consulente globale in legislatore sovranazionale della sicurezza sanitaria e hub commerciale dei cartelli che la finanziano.
La convergenza di sovranità, democrazia e multipolarismo
Affinché queste prospettive prendano corpo è necessario che ogni identità nazionale possa esprimere tutte le proprie potenzialità, uscendo dal meccanismo di subordinazione dell'UE e recuperando la sovranità popolare, fondata sulle Costituzioni votate dai popoli e base della democrazia.
Con la partecipazione dei cittadini e dei lavoratori dobbiamo rifondare gli Stati nazionali, che sono l' unico baluardo contro lo strapotere delle multinazionali, l' unico ombrello che può difendere i popoli e le comunità dalle imposizioni del mercato globale. Ridare agli Stati nazionali la propria indipendenza, la piena sovranità economica e monetaria, la sovranità sui propri confini è la chiave per difendere le identità culturali, per tornare a fare grandi investimenti di interesse pubblico, per garantire i diritti sociali e il diritto al lavoro di tutti i cittadini.
In Italia ricostruire lo Stato significa liberarsi dagli apparati deviati e diretti dall ' estero, strumenti della nostra sudditanza, che hanno trattato con le mafie, che obbediscono alle tecnostrutture multinazionali ed euroatlantiche e che ancora oggi stanno nascondendo la verità sugli anni di piombo come sull'emergenza Covid.
Questi Stati nazionali indipendenti potranno ricostruire l'Europa solo partendo da una vera condivisione di principi e da una reale solidarietà economica e sociale, premesse necessarie per andare verso un modello confederativo di nazioni sovrane. Solo questa Europa potrà assumere un ruolo creativo nel nuovo Mondo multipolare, liberandosi della tutela USA, senza reprimere le identità e l'indipendenza dei nostri Popoli.
In tutto questo l'Italia ha molto da dire. Deve riportare l'attenzione dell'Europa sul Mediterraneo, con la sua Costituzione può insegnare l'equilibrio tra giustizia sociale e sviluppo economico, con il suo patrimonio storico e culturale può aiutare la cultura universale a liberarsi dalla cappa del colonialismo woke e globalista, può cooperare con l ' Africa senza le colpe del neo-colonialismo delle multinazionali. L'Italia può essere, come è stata in passato, un ponte tra Nord e Sud, tra Occidente e Oriente, smettendo di essere solo un vagone a rimorchio dell'ormai decotta “locomotiva tedesca”.
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Per questo chiamiamo a raccolta le donne e gli uomini che si muovono lungo la traiettoria della Pace, della giustizia sociale, del radicamento identitario e comunitario, della solidarietà tra i popoli e della scelta del dialogo e della diplomazia come risposta alle controversie internazionali, per costruire l'alternativa culturale e politica a partiti e apparati sudditi di un'Unione europea senza valori e di un Occidente senza giustizia.
Cominciamo oggi, senza rimanere prigionieri delle divisioni del passato, lottando per una Pace con Giustizia in Ucraina e in Palestina.
Riscoprendo un futuro per l'Italia e per tutti i popoli europei.
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