Marco Travaglio - Natale ai Parioli

di Marco Travaglio - Fatto Quotidiano, 26 ottobre 2025

L’altra sera Jeffrey Sachs, l’economista Usa che sa tutto di Mosca e Kiev per aver collaborato con Gorbaciov, Eltsin, il presidente ucraino Kuchma e tre segretari generali Onu, ha avuto la sventura di imbattersi in Carlo Calenda a Piazzapulita. Mentre raccontava ciò che vide a Kiev nel 2013-‘14 nella cosiddetta “rivoluzione di Maidan” foraggiata dagli Usa per cacciare il presidente Yanukovich, reo di voler restare neutrale fra Nato e Russia, Calenda lo interrompeva: “Non è vero, ero al governo” (sì, ma ai Parioli, non a Kiev). E il prof, allibito: “Incredibile, lei non sa quanto gli Usa hanno pagato per rovesciare Yanukovich. Ero lì, l’ho visto, sono stato portato a Maidan. Mi hanno spiegato di aver dato 15 mila dollari a uno, 20 mila a un altro”. Lo disse pure l’inviata di Obama, Victoria Nuland: “Gli Usa hanno investito 5 miliardi per dare all’Ucraina il futuro che merita”. Poi dettò all’ambasciatore i nomi del governo golpista da mettere al posto del presidente eletto. Impermeabile ai fatti, Calenda farfugliava qualcosa sui vaccini e il Covid. Poi sparava: “Lei mente e fa propaganda putiniana”. Sachs trasecolava: “Mi sta dando del bugiardo? Sono scioccato, è odioso”. In effetti noi ai Calenda siamo così abituati da non farci più caso. Ma per chi viene da fuori dev’essere uno choc discutere con un ex ministro rimasto fermo alla lallazione: mamma-cacca, bello-brutto, buono-putiniano, pumpum-ratatatatà.

Magari Sachs pensa che qui nessuno prenda sul serio Calenda. Invece questo caratterista che ha soppiantato le maschere da commedia dell’arte, anzi da cinepanettone (Natale ai Parioli) tipo il Cumenda, il Ganassa, il Bauscia, è considerato, invitato, lodato negli ambienti politico-giornalistici come quello “serio”, “preparato”, “riformista” (per mancanza di riforme). La sua collezione di fiaschi da magnager e da politico (si fa per dire) fa curriculum: meno ne azzecca, più piace alla gente che piace. L’altra sera deplorava che “nel 2014-22 l’Europa fu totalmente dipendente dal gas russo”. E si scordava di dire che fu pure grazie a lui. Nel 2016, ministro dello Sviluppo, volò col premier Renzi al Forum Economico di San Pietroburgo alla corte di Putin, da due anni sotto sanzioni Ue per l’annessione della Crimea. E dichiarò alla tv russa: “Nessuna grande azienda italiana ha mai chiuso bottega in Russia… e questo è un segno di amicizia. Qui ci sono tutte le grandi aziende, il presidente del Consiglio, il ministro, le associazioni economiche, le banche. Più di cosi? non potevamo portare, dovevamo traslocare il Colosseo…”. Se l’avesse saputo, Sachs avrebbe rivolto al conduttore la domanda che ogni essere senziente gli porrebbe ogni volta che vede il Calenda in tv: “Ma uno normale non l’avete trovato?”.

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