L’esercito degli Stati Uniti, che sta attraversando un periodo di decremento delle domande di arruolamento, ha deciso di offrire la cittadinanza americana agli stranieri che vogliano servire nell’US Army.
L’iniziativa è un altro indice della decadenza dell’Impero, ponendo, peraltro, un altro parallelismo con la decadenza dell’Impero romano che fu caratterizzata da Imperatori deboli, come deboli appaiono gli ultimi presidenti degli Stati Uniti. Così l’imbelle George W. Bush, così la fragile presidenza del guerriero riluttante Obama (sotto l’immagine, niente), così l’assediato Trump, con il senile Biden a chiudere la provvisoria lista.
Imperatori deboli e generali forti nella decadenza romana. Così negli Stati Uniti, dove i generali sono rappresentati dal più diversificato complesso militar-industriale. Infine, la cittadinanza offerta agli stranieri accolti nell’esercito Usa ricorda l’arruolamento sempre più massivo dei barbari nelle legioni romane.
Tante le differenze, ovvio, a iniziare dai fondamenti stessi dell’Impero, laddove per gli Stati Uniti è la magia, l’anelito alla libertà pervertito in missione libertaria globale (vedi Piccolenote), mentre l’Impero romano era fondato su una più materiale promessa di prosperità e sicurezza (tale promessa ha attratto a Roma le entità politiche dell’epoca e la sua realizzazione lo ha reso stabile).
Ma certi segnali di decadenza, appunto, appaiono ripetersi. La tragedia è che l’Impero statunitense ha armi di distruzione di massa che quello romano non aveva. E la sua leadership è preda a una follia collettiva non dilagata in egual modo nell’Impero romano morente.
Ad esempio, non intraprese più guerre aggressive, limitandosi a tentare di difendere i limes, quei limiti che l’Impero americano non riconosce, altra divergenza più che significativa. Da cui i rischi globali.
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