di Giuseppe Masala per l'AntiDiplomatico
Fino a qualche anno fa il mese di Agosto era caratterizzato dalla calma piatta anche sul piano della politica internazionale: l'agenda della politica estera rimaneva in sospeso sostanzialmente in tutto il mondo in attesa di risolvere i problemi con l'arrivo dell'autunno.
Da qualche anno, in particolare da quando la guerra è ritornata sul territorio europeo, la Storia non da tregua e non da respiro, né agli osservatori né, tantomeno, ai decisori politici e militari.
A dettare i ritmi dell'agenda europea in particolare è la guerra russo-ucraina, che, giorno dopo giorno, sta assumendo sempre più le caratteristiche di una guerra su vasta scala.
Dal punto di vista militare, da un lato assistiamo al progressivo collasso delle posizioni ucraine nelle regioni del Donbass che lentamente, ma inesorabilmente, stanno passando ai russi; però dall'altro lato ciò non sta significando un progressivo avvicinamento a trattative di pace che formalizzino quanto le armi stanno suggerendo ovvero che la Russia sta portando a termine la sua operazione “operazione speciale” con la liberazione del Donbass.
Infatti, abbiamo assistito in questo mese di Agosto all'apertura di un nuovo fronte con l'invasione della regione russa del Kursk. Apparentemente si è trattato di una operazione suicida (peraltro attualmente ancora in corso) attraverso la quale gli alti comandi ucraini volevano probabilmente impadronirsi della centrale nucleare russa di Kursk; una carta mediatica clamorosa e anche un'ottima carta diplomatica da giocarsi in eventuali trattative con la parte russa. Sfortunatamente per Kiev l'operazione si è rivelata un vero e proprio disastro militare che sta generando un bagno di sangue. Anche dal punto di vista territoriale i risultati sono miserrimi; infatti il centro più importante che Kiev è riuscita ad occupare è un paese di appena seimila abitanti. Per il resto sono stati presi solo dei piccolissimi centri agricoli di poche decine o centinaia di abitanti. Altrettanto, a mio modo di vedere, non si può dire dal punto di vista simbolico e dunque politico: la guerra si è definitivamente portata sul territorio russo e conseguentemente l'operazione militare speciale voluta dal Cremlino è diventata una guerra su vasta scala che coinvolge il territorio della Russia europea.
A voler essere precisi, bisogna anche aggiungere che ormai gli attacchi ucraini su territorio russo realizzati con missili e con sciami di droni sono diventati endemici e colpiscono infrastrutture strategiche di primaria importanza quali, centrali elettriche, raffinerie e depositi petroliferi. Bersagli non certamente casuali, che se non possono cambiare le sorti sul campo di battaglia - soprattutto nell'immediato - possono invece debilitare la Russia per i prossimi mesi e anni, magari quando sul campo di battaglia entreranno nuovi attori.
E anche sotto questo aspetto ci sono novità importanti. Infatti il 28 e il 29 Agosto si è svolta a Bruxelles una riunione informale dei ministri della difesa e degli esteri dei paesi della UE che tra i punti in agenda aveva quello di discutere l'invio di istruttori militari UE in territorio ucraino. A tale proposito non abbiamo riscontri su quale sia stata la decisione presa da questa riunione (emblematicamente il sito della UE non carica il verbale né altra forma di resoconto), ma non possiamo non notare che il super falco ministro degli esteri polacco Radoslaw Sikorski ha più volte sostenuto (si consulti anche l'articolo del Financial Times di tre giorni fa) la necessità di abbattere i missili russi usando l'antiaerea situata nel territorio polacco.
Va comunque detto che per quanto riguarda il tema degli istruttori militari della UE si tratterebbe comunque di una formalizzazione di quanto si verifica già sul campo. Basti pensare al bombardamento della scuola militare di Poltava da parte dei russi, dove si ammette tranquillamente la presenza di istruttori Nato adibiti all'insegnamento della guerra elettronica ai militari ucraini. Per la precisione molte fonti sostengono che gli istruttori di guerra elettronica presenti nella scuola militare ucraina di Poltava fossero svedesi (paese Nato e UE) e che le improvvise e sostanzialmente non spiegate dimissioni del ministro degli esteri svedese Tobias Billström siano dovute proprio alla strage di istruttori svedesi che si è verificata.
Inoltre non è certamente passata sotto traccia a Mosca la notizia che i serbi a fronte dell'acquisto dalla Francia di 12 caccia Rafale per un importo totale di 3 miliardi di euro pagherà anche con la consegna di ben 36 caccia MiG-29 di fabbricazione russa a Parigi. I caccia verranno consegnati ai francesi a Dicembre. È credo sia ovvio che questi aerei andranno poi in Ucraina. Mosca sarebbe già stata informata di questo punto dell'accordo essendo il paese produttore dei MiG e non credo ne sia contenta, sebbene è costretta ad abbozzare per non perdere i rapporti storici con Belgrado.
Ciò che si desume da quanto è accaduto ad Agosto è che la guerra è ben lungi dal concludersi nonostante la rotta ucraina in Donbass. Infatti i paesi occidentali sono sempre più risoluti ad evitare il naturale epigono del conflitto con la sconfitta di Kiev; per fare questo sono obbligati a fornire armi che sempre di più sono in grado di colpire in profondità in territorio russo, così come sono costretti a fornire nuovi mezzi aerei e antiaerei; a proposito Crosetto si è lamentato con le ferie agostane per giustificare il ritardo nell'invio in Ucraina di un altro costosissimo sistema antiaereo SAMP-T!
Tuttavia, due anni e mezzo di guerra hanno dimostrato che non ci sono armi donate all'Ucraina in grado di cambiare l'inerzia della guerra; al massimo queste possono solo rallentare il naturale decorso del conflitto che vede Mosca vincitrice. Per ribaltare quanto espresso dal campo di battaglia, presto o tardi, i paesi europei saranno costretti a fare scelte dolorose, indipendentemente dal “marchio” (NATO, UE o coalizione dei volenterosi) che vorranno utilizzare in caso contrario dovranno accettare la sconfitta catastrofica.
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