di Gilberto Trombetta
Un calo del PIL del 4,8% nel primo trimestre dell’anno, mentre per i mesi di aprile e maggio le stime parlano, rispettivamente, di un crollo del 24% e del 16%.
Un colpo durissimo per un’economia, quella italiana, che non si è mai davvero ripresa dalla crisi scoppiata nel 2008.
Veniamo da circa 40 anni di salari stagnanti, da quasi 30 anni di tagli alla spesa pubblica (1.043 miliardi di avanzi primari tra il 1992 e il 2018), da un crollo degli investimenti più che ventennale e da un export messo a dura prova dall’uso di una moneta per noi sopravvalutata e sottovalutata per i nostri maggiori competitor manifatturieri. Come la Germania. Export che si è ripreso solo grazie alla cura da cavallo targata Monti, che – come lui stesso ebbe a vantarsi – ammazzò ulteriormente la domanda interna.
Solo quest’anno rischiamo di perdere lo stesso numero di botteghe e attività commerciali perse tra il 2009 e il 2017: circa 200.000.
Non devono quindi sorprendere i dati venuti fuori quest’oggi da un report pubblicato dall’Ufficio studi di Confcommercio*.
Un crollo dovuto soprattutto alle forti perdite della ricchezza immobiliare e finanziaria.
Il reddito pro capite, in questo lasso di tempo, è sceso dell’8,1% (1.707 euro in meno l’anno). Come sono inevitabilmente scesi i consumi: -4,8% per un totale di 883 euro l’anno.
A causa della pandemia e della prolungata quarantena, il 42,3% delle famiglie ha visto ridursi l'attività lavorativa e il reddito, mentre il 25,8% ha dovuto sospenderla del tutto. Il 23,4% è finito in cassa integrazione.
Il timore di perdere il posto di lavoro o il rischio di veder ridotta, se non compromessa, la propria posizione reddituale preoccupa il 57,4% degli italiani, con un 18,6% che si dichiara particolarmente preoccupato.
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