La lezione della Brexit per l'uscita



A mezzanotte il Regno Unito ha festeggiato l’uscita ufficiale dall’Unione Europea. La bandiera inglese ha illuminato la facciata di Westminster.

L'UKIP di Nigel Farage ci ha messo quasi 30 anni prima di riuscirci. Nonostante fosse un partito nato da una scissione e fosse quindi composto da politici di professione.

Avesse dato retta a tutti quelli che lo deridevano dandogli dello zerovirgolista per i risultati elettorali dell'UKIP nei primi anni, a quest'ora il Regno Unito sarebbe ancora nell'Unione Europea.

E, attenzione, il popolo inglese ha potuto scegliere non certo per la clemenza della UE. Che anzi, come al suo solito, ha provato invece a ricattarlo per anni.

Ha potuto scegliere perché da decenni un partito lavora solo per l'uscita e non si è lasciato ricattare.

«Ma noi non siamo l'Inghilterra!».
«Per noi sarebbe diverso».
«Noi non possiamo».
«O ci buttano fuori o crolla da sola. Non c'è alternativa».

Non so se ce ne rendiamo conto, ma - con poche sfumature di differenza - si tratta delle stesse identiche argomentazioni dei liberali.

Come quando qualcuno propone di aumentare la spesa pubblica, per esempio. E loro, i liberali, «Ma noi non siamo il Giappone!».

Sfumature a parte, però, quello che colpisce è il substrato comune. Quello cioè dell'interiorizzazione del TINA (There Is No Alternative) di Thatcheriana memoria.

Perché va detto con molta onestà: le prime catene che bisogna toglierci di dosso sono quelle mentali.

Si deve uscire da questa convinzione - senza fondamenti e quindi surreale - che non abbiamo alternativa.

Che ciò che per gli altri popoli e Paesi è normale, per noi sia invece impossibile.

Se non rompiamo prima le catene mentali che ci impediscono di immaginare un'alternativa, cioè una società e un Paese in cui valga davvero la pena vivere, non potremo neanche mai rompere quelle reali che ci assoggettano.

E più robuste, più numerose sono le catene, più ferocemente si deve lottare per la propria libertà. Non certo rassegnarsi e rinunciare a combattere.

A meno che, si diceva, la condizione di schiavitù non sia a tal punto stata interiorizzata da essere noi i primi a non immaginare la nostra vita se non in catene.

A non riuscire a immaginarci liberi. Rinunciando così in partenza alla più importante e possibile delle battaglie.

Quella per la libertà e l'autodeterminazione. Quella per il sacrosanto diritto, sancito dalla Costituzione, a una vita dignitosa. Quindi a un lavoro ben retribuito e a uno Stato che torni a fare lo Stato anziché lo strozzino conto terzi.

E, una volta spezzate quelle catene mentali, non mettiamoci il vestito buono. Quello teniamolo per dopo.

Per quando, una volta vinta la battaglia e spezzate finalmente anche le catene reali, festeggeremo insieme per strada e il tricolore illuminerà l'Altare della Patria.

Ma prima ci aspetta una lunga battaglia di liberazione, non una cena di gala.

Gilberto Trombetta
FSI - Fronte Sovranista Italiano
Riconquistare l'Italia

Le più recenti da Lo Squillo

On Fire

Il "piano Draghi": ora sappiamo in cosa evolverà l'UE

di Giuseppe Masala per l'AntiDiplomatico Io credo che le prossime elezioni europee andrebbero inquadrate nel modo più corretto possibile. Provo a dare la mia interpretazione. 1 Si dà troppo...

Andrea Zhok - Il momento esatto in cui si è deciso il suicidio di Ucraina e Europa

di Andrea Zhok* Tre giorni fa, il 16 aprile, l'autorevolissima rivista di provata fede atlantista "Foreign Affairs" ha pubblicato un articolo che mette la parola fine a tutte le chiacchiere intorno...

L'avviso (finale) del Fondo Monetario Internazionale all'Impero Americano

di Giuseppe Masala per l'AntiDiplomatico   Abbiamo sempre sottolineato che questa enorme crisi geopolitica in corso abbia una origine di tipo economico e monetario. Del resto solo le persone ingenue...

Alessandro Orsini - Le democrazie occidentali, le dittature e l'antropologia culturale

  di Alessandro Orsini*   C’è questa idea senza alcun fondamento empirico secondo cui le democrazie occidentali sono sempre migliori delle dittature. Lo studio della storia smentisce...

Copyright L'Antiplomatico 2013 all rights reserved
L'AntiDiplomatico è una testata registrata in data 08/09/2015 presso il Tribunale civile di Roma al n° 162/2015 del registro di stampa