Il discorso di Hassan Nasrallah e la dottrina della "reciproca deterrenza"



Piccole Note


Tutte le cancellerie del mondo erano in attesa dell’intervento di Hassan Nasrallah, il leader di Hezbollah, silente dall’inizio del conflitto, che avrebbe potuto aprire in prospettiva, cioè lanciando un ultimatum), il vaso di Pandora di una guerra su larga scala in Medio oriente con ripercussioni, e coinvolgimento, globale.

Il leader di Hezbollah ha dimostrato ancora una volta una grande intelligenza, riconosciuta peraltro anche dai suoi più accaniti nemici. Certo, ha magnificato l’azione del 7 ottobre di Hamas, cosa che non può non suscitare irritazione, per usare un eufemismo, nella controparte, ma era ovvio dopo l’accoglienza che essa ha avuto nel mondo arabo.

E, però, ha collegato l’azione sia alla storia di oppressione di Gaza, ma soprattutto all’inasprimento dell’oppressione avvenuto degli ultimi tempi, un surplus di repressione e abusi causato da un governo israeliano estremo quanto “stupido”, attributi e critiche che il governo di estrema destra a trazione Netanyahu si è attirato anche nel ristretto ambito del proprio Paese (implicitamente, Nasrallah ha fatto intendere che con altri governi israeliani si poteva trattare…).


Iran ed Hezbollah estranee all’attacco contro Israele del 7 ottobre

Quanto all’azione di Hamas, ha usato l’elogio della segretezza con cui è stata preparata, che gli ha permesso di ingannare la Sicurezza israeliana, per poter dire in maniera chiara e inequivocabile che non solo Hezbollah, ma anche l’Iran e le altre fazioni palestinesi ne erano all’oscuro. Un’azione, quindi, al “100% palestinese”, che nulla ha a che vedere né con le controversie regionali né con le più ampie tensioni internazionali.

Tutto circoscritto al conflitto israelo-palestinese. Ciò dovrebbe permettere di porre dei limiti al conflitto, nonostante il leader di Hezbollah non abbia mancato di elogiare l’entrata in guerra degli alleati regionali dei palestinesi, gli Houti dello Yemen e le milizie irachene, che però restano sullo sfondo.

Quanto a Hezbollah, Nasrallah era stretto da una tenaglia: da una parte non poteva eludere gli obblighi discendenti dall’alleanza stilata con le succitate forze regionali legate all’Iran, oltre che con Hamas, dall’altra doveva evitare la discesa in campo massiva di Hezbollah, che avrebbe innescato la guerra ad ampio spettro.

Così, evitando gli scogli, ha detto che Hezbollah è di fatto già in guerra con Israele, avendolo impegnato sul confine libanese dall’8 ottobre, confine lungo il quale questi deve mantenere una parte significativa del suo esercito (che in tal modo non può operare con tutta la sua forza a Gaza).

In realtà, finora il succitato fronte Nord ha prodotto scontri più che circoscritti – dove purtroppo sono morte persone da una parte e dall’altra del confine (cosa che non può non rattristare). Ma, per come ha posto la questione Nasrallah, tale conflitto dovrebbe rimanere a bassa intensità, evitando cioè sia un’azione massiva di Hezbolah sia l’intervento degli Stati Uniti, cosa che potrebbe portare in guerra anche l’Iran.


USA e forze regionali iraniane: reciproca deterrenza

Certo, restano i pericoli di un ampliamento della guerra, che Nasrallah nel suo discorso non ha mancato di menzionare spiegando che tale scenario è “molto plausibile” e che, per quanto riguarda Hezbollah, “tutte le opzioni restano sul tavolo”. Ma Nasrallah ha anche inteso sottolineare che Hezbollah scenderà in campo con tutto il suo potenziale solo in caso di un’aggressione significativa contro il Libano.

Così la guerra, almeno al momento, resta limitata alla battaglia di Gaza, con le tensioni e gli attacchi verso obiettivi americani e israeliani nella più ampia regione mediorientale solo come sfondo di deterrenza contro un più aggressivo intervento dell’U.S. Army, che ovviamente non poteva né potrà non rispondere agli attacchi in questione, ma contro obiettivi anch’essi limitati dalla necessità di non alzare il livello dello scontro con Hezbollah e l’Iran (almeno al momento e sempre che qualcuno non si faccia prendere la mano).

Così veniamo alla guerra di Gaza, che quindi resta il focus della terribile contesa, con Nasrallah che ha chiarito che né Hezbollah né l’Iran vogliono che si allarghi il conflitto. Oltre a deplorare in maniera forte gli attacchi israeliani e a elogiare i palestinesi che vi vivono e quelli che lottano nella Striscia, Nasrallah ha anche dichiarato esplicitamente gli obiettivi del conflitto.

Nasrallah circoscrive la guerra

E qui si arriva al nocciolo della questione. Così Nasrallah: “La nostra battaglia non ha ancora raggiunto lo stadio della vittoria che si raggiunge con il colpo fatale, ma stiamo vincendo ai punti”.

“Dobbiamo essere realisti. Questa battaglia si gioca sul raggiungimento di una serie di successi e impedendo al nemico di raggiungere i propri obiettivi. Dobbiamo tutti agire per fermare l’offensiva su Gaza e affinché Gaza emerga trionfante”.

Insomma, l’obiettivo indicato da Nasrallah è fermare la guerra, esito che sarà brandito come una vittoria di Hamas e della resistenza, ma che è stranamente in sintonia con tante pressioni del mondo, addirittura con l’odiato nemico statunitense (diverge la tempistica, ovvio, dal momento che Washington indulge su tempi più lunghi per poter imporre i propri desiderata su una Gaza devastata e una Cisgiordania e un’Israele sfinite).

Tali i punti più importanti del discorso di Nasrallah, che certamente ha fatto tirare un sospiro di sollievo a tutto il mondo, Israele compresa (anche se non si potrà dire), essendo non solo stata scongiurata da subito una guerra su ampia scala con Hezbollah e l’Iran, ma avendo anche chiarito che si vuole che il conflitto resti in un ambito circoscritto.

Armageddon evitato

Restano le ferite terribili di Israele e gli orrori incrementali di Gaza, sempre più inaccettabili nonostante gli sforzi della propaganda per sedarne il contraccolpo globale. Ma, almeno oggi si è evitato l’Armageddon, nel quale speravano alcune ali estreme dell’islamismo, ma soprattutto alcuni circoli internazionali.

Sull’ultimo punto riportiamo il titolo di un articolo del Guardian: “‘Hamas ha creato una domanda aggiuntiva’: Wall Street punta sugli enormi profitti derivanti dalla guerra”. Sottotitolo: “Morgan Stanley e TD Bank sperano in guadagni nel settore aerospaziale e degli armamenti dopo un aumento del valore del 7% dall’inizio del conflitto Israele-Hamas”.

Uno sciacallaggio sulle pelle delle povere vittime israeliane e palestinesi che rappresenta solo la punta dell’iceberg degli interessi suscitati dal conflitto in atto. Ovviamente, se la guerra si allargherà, gli utili aumenteranno in modo esponenziale. Da cui una parte delle pressioni in tal senso, mentre altre discendono da motivazioni geopolitiche, e altro e più oscuro.

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