Milei incontra Bill Clinton: l'imprevedibile futuro dell'Argentina


PICCOLE NOTE

Javier Milei si è recato negli Stati Uniti nel suo primo viaggio all’estero da presidente dell’Argentina, visita ufficiosa e non ufficiale dal momento che la sua presidenza inizierà il 10 dicembre. Bizzarro, o forse no, che l’uomo politico indicato come il Trump argentino abbia voluto incontrare per primo Bill Clinton, l’uomo forse più odiato dal leader repubblicano insieme alla moglie Hillary, sua più che acerrima nemica.

La mossa potrebbe passare per mero pragmatismo, essendo i democratici al potere negli Stati Uniti, ma se pur vero, la realtà è più complessa. Ne abbiamo scritto in altra nota, accennando che più che associarsi all’originale amalgama ideale di Trump, libertario anomalo e isolazionista convinto, Milei appare più prossimo alle fumisterie dei neoconservatori, anche se la declinazione in salsa argentina rendono tali fumisterie ancora più bizzarre.

E tale prossimità lo rende vicino anche ai liberal democratici – di cui i Clinton sono simbolo e colonna portante -, che condividono con i neoconservatori le linee guida essenziali in politica estera.

La visita spirituale

Lo denota anche il fatto che abbia voluto segnalare che più che un viaggio politico il suo voleva essere un viaggio “spirituale”, dal momento che il suo scopo era visitare la tomba “del padre spirituale dei Lubavitcher Hasidim, Menachem Mendel Schneerson, a New York”.

Questa segnalazione del quotidiano argentino La Nacion è stata riporta da Ria Novosti come un cenno significativo. D’altronde, non è certo un segreto il senso di Milei per l’ebraismo e per la destra ebraica e messianica in particolare, di cui Schneerson, l’ultimo rebbe del movimento Lubavitcher, è stato esponente di primo piano (inutile ricordare come neoconservatori americani abbiano un rapporto consolidato con la destra ebraica, in particolare quella con tendenze messianiche).

Al di là della digressione, e tornando al piano più strettamente politico del tour americano del presidente argentino, va aggiunto che, benché non abbia incontrato Biden, ha però avuto un incontro di alto livello con l’amministrazione Usa, quello con Jake Sullivan, il Consigliere per la Sicurezza nazionale e l’uomo più vicino al presidente.

Milei sta cercando dai gringos un appoggio sia sul piano personale che al suo programma iperliberista, perché li ha prescelti come nazione guida della nuova Argentina, tanto da aver proposto la dollarizzazione del suo Paese, abbandonando la moneta nazionale e chiudendo la Banca centrale.

Secondo Ria novosti, però, tanti sono gli ostacoli su tale cammino, anzitutto il fatto che gli USA dovrebbero trovare un modo per finanziare in modo massivo l’Argentina. Tanto che probabilmente Milei dovrà rinunciare al proposito.

Cina e Brasile, dagli insulti all’appeasement

Anche i tanti estremismi manifestati durante la campagna elettorale sembrano appartenere al passato, almeno a stare alle analisi di Ria Novosti e del Global Times, corroborate da una nota della Reuters. Se ha insultato pubblicamente il comunista Lula, ha poi inviato in Brasile la consigliera per la politica estera Diana Mondino con un messaggio per il presidente carioca: “Siamo paesi fraterni. E rimarremo tali”.

All’altro Paese comunista, e insultato di conseguenza in campagna elettorale, la Cina, ha riservato un messaggio analogo su X (ex twitter), nel quale ha ringraziato il presidente cinese Xi Jinping per le congratulazioni per la sua elezione e ha inviato “i suoi più sinceri auguri di benessere al popolo cinese”.

D’altronde, scrive Ria, “Brasile e Cina sono i principali partner commerciali dell’Argentina, quindi è comprensibile il desiderio di mantenere rapporti con essi”. Anche il Global Times, tramite un esperto, ha rilevato “un cambiamento in Milei che, da radicale, ha assunto un atteggiamento relativamente pragmatico e flessibile. in politica estera”.

Ma è possibile che il cambio di indirizzo sia dovuto a un banale riallineamento con Washington, che ha buoni rapporti con il Brasile e sta cercando un rapporto meno conflittuale con la Cina…

Resta, infine, da segnalare la telefonata con papa Francesco, anch’esso insultato in campagna elettorale insieme alla Chiesa argentina. La conversazione telefonica dovrebbe aver chiuso anche questa deriva.

Resta il dubbio sull’adesione dell’Argentina ai Brics, che il suo predecessore aveva preparato e sul quale Milei ha lanciato un anatema. È arduo che voglia innervosire gli Stati Uniti, che vedono nei Brics un antagonista esistenziale, ma forse avrà bisogno di essi per cavarsi d’impaccio sul piano economico-finanziario.

L’imprevedibile futuro dell’Argentina

Dato tutto questo, è alquanto arduo cercare di indovinare quale rotta prenderà l’Argentina sotto la sua presidenza. Il personaggio è quel che è: né pragmatico né flessibile, semplicemente imprevedibile e apparentemente inaffidabile.

MIlei avrà poi il problema di trovare un modo per governare. Il suo partito, La libertad avanza, ha solo sette seggi su 72 in Senato e 38 su 257 alla Camera. Inoltre, la formazione politica è nata di recente e Milei ha pochi uomini su cui contare. Dovrà aprirsi, dunque, ad altre istanze per formare coalizioni e ottenere sostegno, cosa che potrebbe stemperarne le tante asperità e velleità e magari renderlo un po’ più prevedibile e affidabile. Forse.

Il 10 dicembre verrà ufficialmente inaugurata la nuova presidenza. Milei ha invitato Lula e spera di avere un parterre adeguato al suo ego. Ma sul futuro dell’Argentina resta tanta incertezza.

Milei è riuscito a catalizzare la rabbia popolare per la crisi che attanaglia il Paese. Se non riuscirà a dare risposte, rischia che gli si ritorca contro. Ma, data la volatilità del personaggio, potrebbe anche sorprendere in positivo, se troverà ausilio adeguato. Tutto sospeso, tutto da vedere.

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