La vicenda giudiziaria della famiglia che vive nel bosco e del clamore mediatico che da settimane sequestra l’opinione pubblica è sicuramente molto interessante da più punti di vista. L’opinione pubblica infatti si è oramai polarizzata intorno a un aut aut che non lascia spazio ad alcuna riflessione terza, per cui o si condividono le disposizioni della sentenza e di conseguenza lo stile di vita della famiglia in questione risulta inaccettabile oppure tutto il contrario.
E’ doveroso notare che una simile polarizzazione impedisce e appiattisce quel senso critico che si dice sempre di dover e voler coltivare.
Quando le visioni vengono ridotte e ricondotte in un angusto aut aut abbiamo il chiaro indicatore che il senso critico è morto da un pezzo.
Premesso che non si vuole affatto entrare nel merito della questione aggiungendosi al coro degli urlatori, ci si limita a sostenere che l’allontanamento di un minore dalla famiglia e la sua collocazione in ambiente protetto in assenza di abusi, maltrattamenti e condotte che mettono a rischio la sua incolumità personale è da considerarsi di certo una misura estrema e infinitamente dolorosa seppur prevista dal nostro ordinamento. Se si agisce infatti nell’esclusivo interesse del minore un provvedimento del genere non potrà non avere delle pesantissime ripercussioni sulle sue condizioni psichiche e sul suo sviluppo futuro. Premesso ciò, nella sentenza e nelle relazioni degli assistenti sociali ravvediamo però delle zone grigie, delle criticità che è giusto vengano considerate dalle istituzioni. Ci sono infatti relativamente alla abitazione dei requisiti minimi stabiliti per legge che pare qui non siano soddisfatti. L’assenza di impianto termico cui però si sopperisce tramite caminetto a legna è quella meno rilevante rispetto alla a quella dell’ impianto idrico ed elettrico e sopratutto rispetto alla assenza dei servizi igienico-sanitari, idonei a garantire la salubrità di una abitazione; assenza che comporta, recita la sentenza: “una presunzione ex lege dell’esistenza di pericolo di pregiudizio per l’incolumità e l’integrità fisica dei minori”, si parla altresì di “gravi e pregiudizievoli violazioni di diritti dei figli all’integrità fisica e relative alla assistenza materiale.
Ma lasciando a latere queste argomentazioni che comunque secondarie non sono, si vuole portare il focus su altro.
Si è detto da più parti che con questa sentenza si vorrebbe punire uno stile di vita improntato alla libertà, che il sistema non tollera chi si rende indipendente, chi è autonomo, chi non resta schiavo a lavorare nelle città, città che si badi bene, oggi vedono i poveri espulsi sempre più frequentemente in un orizzonte periferico senza diritti. Si è detto che questa scelta è punita per una precisa ragione: colpirne uno per educarne 100.
Ma stranamente il mainstream e di conseguenza la gran maggioranza dell’opinione pubblica che è da esso orientata, ha sposato in toto la causa della famiglia. E questo non può che rincuorarci dal momento che viene espressa solidarietà e forte empatia per il dolore di questi bambini e si contesta un provvedimento spropositato. Ma analizzando bene si noterà che questa famiglia a differenza di altri che hanno fatto la scelta di vivere nel bosco in case super funzionali e confortevoli, vive invece condizioni di vita molto dure. E lo fa, si badi bene, per scelta. Così dicono. Abbiamo sentito attraverso decine di interviste quali insegnamenti si sciorinano: fa male al pianeta fare la doccia o avere un bagno con acqua corrente. D’altronde a che servirebbero i soldi? Una volta che il bosco ti da legna e un po di cibo, qualche spicciolo per un po di vestiti e per mantenere un’auto ma cosa vuoi di più? Che altro chiedere?
Un vero e proprio elogio della povertà e per questo estremamente funzionale al regime neoliberista attraverso una visione depoliticizzata e in realtà intrisa di un’ideologia che fa molto comodo al sistema. In un momento storico in cui lo stato sociale è distrutto dall’economia neoliberista fare il panegirico di uno stile di vita cui i più poveri erano costretti 100 anni fa, è manovra funzionale e geniale. “Vivere come vivevano i nostri nonni o bisnonni che son venuti su bene” dicono in molti dando un calcio alle conquiste e al benessere garantite dallo stato sociale, frutto di decenni e decenni di lotte e sacrifici.
Si dirà che il capitalismo ci vuole consumatori, incollati agli schermi, a vedere serie tv. Ma è anche vero che il sistema capitalista concentrando progressivamente il capitale nelle mani di pochi produce continuamente una infinità di nuovi poveri che costituiscono una pericolosa minaccia. Pochi ricchi e molti poveri è star seduti su una polveriera, una situazione a rischio che bisogna assolutamente disinnescare. Allora via con la propaganda, col lavaggio del cervello per costruire alla luce dell’ideologia Green la buffonata della decrescita felice che però, guarda caso, vale solo per i poveri ahimè, di modo da neutralizzare e rendere innocue le masse, non più in grado di rivendicare alcunché.
Dismettendo in due balletti la coscienza di classe c’è chi si relega da solo ai margini della società, a vivere nell’indigenza. E’ il capolavoro del potere. “Non avrai niente e sarai felice” vi ricorda qualcosa? E’ quanto prescritto dall’agenda 2030 e qui siamo pure in anticipo sulla tabella di marcia. C’è chi sta facendo tutto da solo e viene indicato come modello di vita, idolatrato come eroe. Si anela a non avere niente.
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