Guerra energetica: l'ultima (disperata) mossa in mano all'Ucraina

17 Luglio 2023 22:00 Giuseppe Masala



di Giuseppe Masala per l'AntiDiplomatico


Sostanzialmente tutti gli analisti economici erano arrivati alla conclusione che la “guerra dei tubi” e la “guerra energetica” mondiale erano sostanzialmente finite dopo le esplosioni dolose che hanno distrutto il gasdotto North Stream che collegava attraverso il Mar Baltico la Russia direttamente con la Germania minando così alle fondamenta la competitività economica del paese teutonico fondamentalmente basata sull'energia a basso costo acquistata dalla Russia (oltre che naturalmente sulla deflazione salariale imposta ai paesi europei grazie ai trattati capestro europei).

Ovviamente una guerra che vedeva come vincitori sia gli USA che riuscivano a ribaltare il dato sfavorevole della competività delle loro merci rispetto a quelle tedesche e sia la Cina che acquistava la sicurezza energetica grazie al fatto che la Russia avendo perso il mercato dell'Europa occidentale doveva per forza vendere il suo Gas all'Impero Celeste; dall'altro lato invece questa guerra vede in pareggio la Russia che sostanzialmente non perde e non guadagna nulla in termini finanziari dalla perdita dei clienti europei perchè ha immediatamente trovato nuovi clienti, in particolare la Cina e l'India.

Grande sconfitta della guerra energetica è stata considerata – certamente non a torto – l'Europa nel suo complesso, che ha perso l'accesso all'energia russa a basso costo, vedendo minata sia la sicurezza degli approvvigionamenti sia la competitività dei propri prodotti nei mercati mondiali dovuta proprio ai bassi costi energetici.

Ormai dunque, viste queste risultanze della guerra energetica, gli analisti si concentravano su due sole variabili per riuscire a predire l'andamento del conflitto in corso tra NATO e Russia: la variabile prettamente militare compreso l'aspetto dell'innovazione tecnologica degli armamenti, e la variabile monetaria e finanziaria.

Per quanto riguarda la variabile militare per dirla in maniera molto stringata, gli analisti ormai sono persuasi che l'unico reale game changer dell'inerzia del conflitto (chiaramente a favore della Russia) sia la diretta entrata in guerra della Nato o di una parte di essa vestita da “coalizione di volenterosi”. Nessuna arma occidentale donata all'Ucraina sembra in grado di capovolgere la partita a vantaggio dell'occidente: né i missili da crociera a lungo raggio anglo-francesi Scalp né i cacciabombardieri F-16 paiono in grado di garantire quei successi di cui Kiev avrebbe disperato bisogno.

Anche per quanto riguarda la guerra monetaria e finanziaria la bilancia sembra pendere a favore delle nuove potenze emergenti, non solo la Russia, ma soprattutto la Cina. E' ormai data per certa la nascita di una unità di conto dei paesi appartenenti al BRICS che dovrebbe regolare gli interscambi tra i componenti e altri quarantuno paesi che si sono dimostrati già interessati al suo utilizzo. E' certamente ancora da vedere la velocità con la quale questa unità di conto sarà implementata, oltre naturalmente alle sue caratteristiche tecniche: sarà un paniere tra le monete dei paesi BRICS ponderato in base alle dimensioni del Pil del singolo paese come già in passato è stato l'ECU della Comunità Economica Europea (CEE), oppure sarà una “quasi moneta” agganciata ad un paniere di commodity o direttamente all'oro? Staremo a vedere. Una cosa però è certa, questa unità di conto rischia in prospettiva di insidiare potentemente Sua Maestà il Dollaro come moneta standard degli scambi internazionali. Un dollaro, inutile ricordarlo già fortemente minato nella sua credibilità dall'enorme debito estero americano, superiore ai 18mila miliardi di dollari nei confronti del resto del mondo (e più precisamente dei paesi nord europei, del Giappone, di Singapore, di Hong Kong e della Cina).

Dunque partita chiusa a vantaggio del blocco euroasiatico (Russia e Cina) e sconfitta bruciante del blocco atlantico (USA, Canada, EU) e dove in realtà si attende solo il suono del gong e la firma di nuovi trattati che sostituiscano quelli che sono stati firmati alla fine della Seconda Guerra Mondiale e che hanno visto l'egemonia del locco atlantico? Neanche a parlarne.

La vera arma che gli anglosassoni e gli ucraini vogliono usare per ribaltare l'inerzia del conflitto a loro sfavorevole è ancora una volta l'arma del gas: la guerra del tubo rischia di avere una nuova fase di recrudescenza. Infatti in una intervista al Financial Times di giovedì 22 giugno il Ministro dell’Energia ucraino German Galushchenko ha dichiarato che molto probabilmente il contratto quinquennale con Gazprom per il transito del gas attraverso il gasdotto “Progress” che arriva in EU non verrà rinnovato alla sua naturale scadenza, ovvero il 31 Dicembre 2024. Si tratta di una notizia clamorosa – sebbene non rilanciata dal mainstream occidentale – perchè nonostante guerra e sanzioni il gasdotto in questione trasporta ancora 40 milioni di metri cubi di gas al giorno ed è quindi di rilevanza vitale per i paesi UE, a maggior ragione dopo il sabotaggio del NorthStream (1).

Che il flusso attraverso il gasdotto Progress sia assolutamente vitale per il sistema produttivo europeo è lo stesso ministro dell'Economia tedesco Robert Habeck a dichiararlo a Bloomberg. Argomentando tra l'altro che l'eventuale blocco del gasdotto Progress potrebbe costringere Berlino letteralmente a spegnere in tutto o in parte il proprio sistema produttivo.

Quale potrebbe essere il vantaggio per l'Ucraina derivante dal blocco di questa vitale arteria energetica per l'Europa è abbastanza comprensibile: quella di costringere l'Europa ad entrare in guerra con la Russia nella speranza di riprendersi con la forza ciò che ha perso. La scommessa di Kiev potrebbe essere in buona sostanza quella di ridurre “alla canna del gas” l'Europa per costringerla a fare qualcosa di disperato. Del resto Zelenskij ha sempre detto che la Russia è una torta da fare a fette: è chiaro che se l'Europa vuole sopravvivere come continente industrializzato dovrà giocarsi il tutto per tutto, a meno che non si voglia credere alla farneticazione di un idrogenodotto dall'Algeria alla Baviera passando per tutta l'Italia.

E' da un anno che Kiev (spalleggiata da Londra, Varsavia e Washington) sta compiendo ogni sorta di provocazione così da costringere l'UE e la Nato ad entrare in guerra direttamente. Cosa peraltro ampiamente auspicata e prevista anche dalla Gran Bretagna che proprio ieri, per bocca del suo ministro della difesa Ben Wallace ha dichiarato in un'intervista al The Sundy Time che “Alla fine del decennio il mondo diventerà molto più pericoloso e incerto. Penso che saremo in conflitto. Sia che si tratti di un conflitto freddo o di un conflitto caldo, penso che ci troveremo in una situazione difficile". E dove ovviamente la controparte del conflitto - argomenta sempre Wallace - è la Russia, considerata come la principale minaccia al dominio del mondo occidentale.

E' chiaro che in questo contesto siamo obbligati a prepararci per una lunga traversata nel deserto dove ogni mezzo (compreso il tubo del gas) sarà usato per trascinarci in guerra.

NOTE

(1) Financial Times, Russia gas flows through Ukraine could stop next year, Kyiv says, 22 Giugno 2023 https://www.ft.com/content/bfe11756-a8be-42ea-a439-88b7d0f88f8d

(2) Bloomberg, Germany Warns of Industry Shutdown If Russian Gas Stops Flowing, 12 Giugno 2023 https://www.bloomberg.com/news/articles/2023-06-12/germany-warns-of-industry-shutdown-if-russian-gas-stops-flowing?srnd=premium-europe#xj4y7vzkg

(3) Sanday Times, Ben Wallace I'm resigning from politics next reshuffle, 16 Luglio 2023 https://www.thetimes.co.uk/article/ben-wallace-im-resigning-from-politic-next-cabinet-reshuffle-2023-k0x9st2rt

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