Taverna Santa Chiara. Quello che non ti raccontano sul "video virale" dei turisti israeliani
di Francesco Fustaneo per l'AntiDiplomatico
Qualcuno ci aveva provato sabato, incluso tanti media accondiscendenti a far passare quanto accaduto alla Taverna Santa Chiara a Napoli come un atto di razzismo in chiave antisemita.
In un video circolato in rete si vedono, infatti, dei turisti israeliani che riprendono col cellulare il personale della Taverna e accusano, gridando la titolare dell’esercizio commerciale di antisemitismo e di supportare il terrorismo, mentre dall’altra parte con una certa calma ma in modo deciso viene loro risposto che i sionisti non sono i benvenuti.
Per inciso il video favorito dalle riprese parziali e dal fatto di essere decontestualizzato diventa subito virale e nell’attuale clima di caccia alle streghe che avvolge l’informazione nel nostro Paese ai danni di chiunque osi condannare le politiche genocide e repressive del governo israeliano, non tarda a innescare subito il linciaggio mediatico contro i proprietari della Taverna Santa Chiara: le accuse di razzismo e antisemitismo in rete si sprecano.
Ovviamente sono in pochi a provare ad ascoltare l’altra campana, ossia quella dei gestori del locale. E di fatti cercando di approfondire viene fuori una storia completamente diversa.
E sono proprio i gestori della Taverna a raccontarla, tramite i propri account social:
Nella giornata di sabato 3 maggio, nel nostro esercizio, siamo stati vittime di un episodio a scopo intimidatorio da parte di una avventrice che, dopo aver pranzato nel nostro locale, ha iniziato a parlare ad alta voce, facendo chiaramente intendere di essere sostenitrice dei crimini internazionali del governo israeliano contro il popolo palestinese. A quel punto, da cittadini coscienziosi quali siamo, abbiamo evidenziato che condanniamo il genocidio palestinese in atto, quale crimine contro l’umanità. La turista ha immediatamente iniziato ad accusarci di antisemitismo, di sostenere il popolo palestinese che, nelle sue parole, lei individuava come popolo di terroristi e, quindi, di essere noi stessi a supporto di terroristi. La turista, nel frattempo, ha iniziato a riprendere noi e i nostri lavoratori, nonché altri clienti senza consenso di chi veniva ripreso (inclusi minorenni di un'altra famiglia di clienti), per poi diffondere il video in rete (un reato), diffamandoci come sostenitori del terrorismo e antisemiti (un altro reato) e scatenando una campagna di odio che da ieri sfocia in messaggi anonimi con minacce di 1) spedizioni punitive, 2) distruzione del locale, 3) violenza fisica nei confronti della proprietaria e dello staff, 4) auspici di stupro della proprietaria (tutti reati).
La nostra unica responsabilità è quella di aver preso posizione, nell’ambito della campagna degli Spazi Liberi dall’apartheid israeliano, contro il genocidio palestinese in atto.
Alla luce della campagna di odio e mezzo social che è stata scatenata e delle minacce ricevute, volte a minare anche la nostra incolumità personale nonché l’andamento della nostra attività, sporgeremo formale querela. I nostri legali, inoltre, hanno mandato di segnalarci tutte le diffamazioni a mezzo social e a mezzo stampa che ci accusano, falsamente, di aver cacciato chicchessia dal locale, come dimostra lo stesso video diffuso dalla coppia.
Nel nostro locale, che accoglie da sempre persone di ogni nazionalità, fede ed etnia, non possiamo tollerare e continueremo a non tollerare alcuna forma di esternazione razzista, sia essa ispirata da antisemitismo, islamofobia, o, come in questo caso, razzismo antipalestinese.
A conti fatti dunque i turisti israeliani si sono accomodati e hanno consumato regolarmente nel locale. Nessuno li ha insultati, nessuna discriminazione e’ stata posta in essere. Solo, dopo aver consumato, si avvia una conversazione con altri avventori del locale, durante la quale i primi “incensano” Israele. A quel punto, la titolare del locale spiega con calma che la Taverna aderisce alla campagna internazionale Spazi Liberi dall’Apartheid Israeliana e che si oppone, come atto politico e civile, al regime di oppressione in Palestina. Da lì la vicenda degenera, evidentemente i turisti non accettano che si possa divergere e opporsi alla loro narrazione; segue il filmato con le urla e le accuse mosse nel video, la sua pubblicazione, lo stesso che diventa virale nel giro di poche ore con la complicità che rasenta la “farsa” della narrazione alla versione dell'episodio "antisemita "offerta da molti media nostrani.