Bce e criptovalute. Lettera aperta al Prof. Panetta

02 Dicembre 2022 10:00 Giuseppe Masala


Gentile Professor Fabio Panetta,

le scrivo nella sua qualità di esperto della BCE per quanto riguarda le cosiddette cryptomonete. Sono rimasto alquanto stupito dal leggere nel blog della BCE un post del 30 Novembre 2022 firmato da Ulrich Bindseil e Jürgen Schaaf, nel quale si sostengono alcune inesattezze a mio modo di vedere molto gravi e soprattutto rivelatrici di quanto economisti, anche di gran fama, siamo rimasti totalmente spiazzati da questa innovazione tecnologica.

Secondo i due autori del post l'attuale crollo del prezzo del bitcoin sarebbe una tappa intermedia del percorso che porterà questa “moneta informale” verso l'irrilevanza.

Chiariamo subito una cosa, l'eventuale irrilevanza del bitcoin inteso come valore economico rispetto alle altre monete non significherà comunque irrilevanza del Bitcoin (in questo caso maiuscolo perché riferito alla tecnologia e non alla moneta nativa della tecnologia).

La tecnologia Bitcoin è una rivoluzione copernicana che accompagnerà l'umanità fino a quando non verrà sostituita da un'altra tecnologia ancora più efficiente e rivoluzionaria. Nella Storia è sempre stato così: già i figli di Gutenberg furono cacciati da Bologna perché aprirono una stamperia che avrebbe rivoluzionato il mercato delle idee in quella importante piazza culturale. Ma quella cacciata non impedì alla stampa di diffondersi rivoluzionando la storia dell'umanità.

Ugualmente la tecnologia Bitcoin consente alle persone di scambiarsi beni e servizi anche a migliaia di chilometri di distanza, scavalcando il circuito delle banche commerciali e senza utilizzare le monete di stato a corso legale emesse dalle banche centrali. Che la tecnologia in questione sia dirompente e rivoluzionaria sono le banche centrali stesse ad ammetterlo considerato che tante – compresa la BCE – progettano l'emissione di monete digitali.

Anche le banche commerciali più accorte e innovative hanno realizzato le proprie dApp “private” che emettono “token” ovvero cryptomonete di “secondo ordine” spesso agganciate direttamente al valore di una moneta di stato a corso legale e le cui transazioni avvengono pagando una “tassa” nella cryptovaluta nativa della blockchain sulla quale la dApp si appoggia. Penso per esempio ad Onyx di JpMorgan che è una dApp che si appoggia alla blockchain Ethereum.

Altro tema interessante sollevato nei loro Cahiers de Doléances dai signori Bindseil e Schaaf è quello relativo al “costo ambientale” della tecnologia Bitcoin. Verissimo, la rete Bitcoin è molto costosa dal punto di vista ambientale ma per poterla valutare correttamente occorre innanzitutto verificare il differenziale di costo ambientale rispetto al sistema bancario tradizionale: non basta dire che la rete Bitcoin genera più rifiuti dell'intera Olanda senza dire quanto ne genera l'obsoleto sistema bancario tradizionale. Per quanto riguarda invece il costo energetico della tecnologia Bitcoin, è certamente vero che la scelta del “proof of work” è molto costosa, ma è altrettanto vero che un listato in C++ quale è il programma Bitcoin non è la Tavola della Legge scritta sulla pietra e data da Dio a Mosè, ma un semplice programma informatico che può essere modificato sostituendo per esempio il protocollo “proof of work” con il più efficiente sotto l'aspetto energetico “proof of stake”. Non ho dubbi che presto o tardi gli eccezionalmente bravi sviluppatori del Bitcoin si metteranno d'accordo su questo punto.

A proposito, sa che è davvero difficile credere che gli sviluppatori di Bitcoin siano dei semplici hobbisti che operano dal tinello di casa. Verrebbe da pensare più a professionisti di altissimo livello, di università, di enti statali o di BigTech private. Ma forse sono io qui ad essere un tantino sospettoso.

Un ultima cosa, gentile Professor Panetta, certamente il “bitcoin” così come le altre cryptomonete necessitano di una regolamentazione, soprattutto in merito al fenomeno del pre-mining che io personalmente considero un nuovo scandalo della Banca Romana in salsa Cyberpunk. Così come probabilmente è necessario introdurre obblighi in materia di impatto ambientale. Ma ad aver maggior necessità di regolamentazione è il mondo degli exchange che operano da banche ma al di fuori di qualunque regola come il crack di FTX sta lì a dimostrare. Gestione allegra questa degli exchange e delle società che offrono prodotti finanziari denominati in cryptomonete non solo grazie alla versatilità di questi strumenti tecnologici ma soprattutto a causa del fatto che le società sono basate (o hanno succursali) in paradisi fiscali come le Bahamas o Vanuatu.

In tutto questo, aspettiamo con curiosità l'entrata in campo delle monete digitali di stato a corso legale, che hanno molto da dire per le loro caratteristiche intrinseche di Last Resort. Ma ben difficilmente si riuscirà a tornare ai tempi del travet bancario di fantozziana memoria e - me lo lasci dire - per fortuna.

Approfitto dell'occasione per porgerle i miei più cordiali saluti. Un semplice cittadino (con qualche competenza in economia e in informatica).

Giuseppe Masala

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