E' l'Armata Rossa ad entrare a Auschwitz-Birkenau. Ci vuole memoria per sconfiggere la madre di tutte le fake news

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E' l'Armata Rossa ad entrare a Auschwitz-Birkenau. Ci vuole memoria per sconfiggere la madre di tutte le fake news


di Lorenzo Ferrazzano


Settantatré anni fa l'Armata Rossa faceva il suo ingresso nei campi di Auschwitz-Birkenau mettendo fine alla prigionia di 7.000 sopravvissuti, miracolati. In questi campi, nei pressi della cittadina polacca di O?wi?cim, morirono un milione e mezzo di esseri umani tra ebrei, polacchi,italiani, ungheresi, sovietici, rom, omosessuali e prigionieri politici. 





Sentiamo dentro di noi che Auschwitz abbia provocato una faglia  incolmabile nella storia dell'umanità e da qui è sembrato necessario tracciare una linea di confine tra un "prima" e un "dopo" Auschwitz. Questo confine sembra rappresentare una voragine tale per cui tutto ciò che è successo prima ma soprattutto ciò che è successo dopo perda di significato rispetto ad Auschwitz. Questa linea ci tiene costretti a sottovalutare i nostri genocidi, avvenuti dopo il 27 gennaio del '45, come se questo confine temporale immobilizzi le nostre coscienze. 


Sarò breve riguardo alla degenerazione demagogica di questa ricorrenza importante. Mi riferisco all'istituzione:
ogni anno la commemorazione delle vittime viene offesa dagli stessi commemoratori. Senza vergogna gli sbandieratori ad alti livelli dell'antifascismo e dell'antinazismo come l'ANPI, che annulla i concerti di Povia ma non spende una parola sulla glorificazione dei criminali nazisti in Lituania, calpestano la memoria dei campi. La calpestano quando ignorano le marce neo-naziste in Estonia. Lituania ed Estonia, due paesi in cui oggi le minoranze russe vengono regolarmente discriminate. 

Calpesta la memoria dei campi il nostro governo quando appoggia il golpe nazista di Euromaidan, in funzione antirussa, forse trascurando l'identità politica di Settore Destro, protagonista del colpo di stato. 

E chissà a cosa stava pensando la sempre candida Laura Boldrini quando accoglieva in pompa magna il Presidente della Rada ucraina Andriy Parubiy, che nel 1991 fondo il Partito Nazional Sociale Ucraino, che dice ispirato al Partito Nazional Socialista di Hitler. 

Ma parlare dell'ambiguità dell'antifascismo e antinazismo delle nostre istituzioni è fin troppo semplice e non voglio ridurre questa riflessione ad una polemica banale contro questo o quel politicante. 

Perciò mi sposto dalle stanze del Palazzo a quelle delle nostre case e dei nostri uffici e dico: il vero dramma della barbarie nazista fu la piena consapevolezza, a livello popolare, di quello che stava accadendo alle minoranze ebraiche. Tutti sapevano dei crimini che si stavano consumando sugli ebrei delle città d'Europa. 

Se passeggiate nel quartiere ebraico di Cracovia troverete tutto lasciato al suo posto, fermo al 1943. Botteghe, case, sinagoghe, tutte lasciate là come se nulla fosse successo. Mancavano soltanto gli ebrei che vivevano il quartiere. La sensazione è quella di tornare a casa e trovare la tavola apparecchiata e la luce accesa ma nessun'anima viva. Era impossibile non sapere. 

Le città si svuotarono e tutti capivano perché. Questo crimine veniva considerato certo un orrore, dal momento che furono in molti a nascondere intere famiglie rischiando la vita, ma veniva considerato anche un male nei confronti del quale era impossibile opporsi, o addirittura era considerato un male necessario. 

Ecco cosa voglio dire: la gente che abitava l'Europa negli anni delle deportazioni sapeva della tragedia ma era incapace di reagire. Complice la guerra, la propaganda,la paura, ma nessuno era capace di opporsi. 

Settantatré anni dopo la situazione resta identica. Siamo perfettamente a conoscenza del dramma della tratta degli esseri umani e dei profughi del Medio Oriente. Abbiamo visto i campi di prigionia in Libia e le prigioni americane in Iraq. E tutti i giorni vediamo le schiave sulla strada e gli schiavi sotto la frusta dei caporali. E ancora tutti i giorni vediamo gli africani nelle strade e nei parchi di Roma, Bologna, Milano , Bari, a spacciare droga e a rischiare la vita tutte le notti, mettendo a repentaglio anche quella degli altri.  

E mi chiedo: come è possibile conoscere questo dramma e accettarlo come un male impossibile da scalfire o un male necessario? La tragedia delle deportazioni fu l'impotenza dei popoli. La tragedia dei nostri genocidi è la stessa incapacità di guardare la realtà dei fatti. 
Sappiamo che cosa succede e sappiamo che non si può evitare. 

Da qui il dubbio: come si penserà ai nostri genocidi quando questi, fra venti o cinquant'anni, verranno storicizzati e mistificati, quando troveremo il colpevole? Come ricorderemo questi giorni quando si potrà contare il numero delle vittime e che noi non c'entriamo niente? Davvero dobbiamo riconoscere la brutalità dei nostri tempi quando verranno storicizzati?

Faccio mie le parole di Nietzsche :<< La cultura storica è anche e realmente una specie di innata canizie, e coloro che ne portano in sé il segno fin dall'infanzia devono ben giungere all'istintiva credenza della vecchiaia dell'umanità [...] La considerazione aspra e melanconicamente seria della mancanza di valore in tutto ciò che accade, del fatto che il mondo è maturo per la sua condanna, si è volatizzata nella consapevolezza scettica che sia comunque bene conoscere tutto l'accaduto, perché è troppo tardi per fare qualcosa di meglio >>. 

Quando versiamo le nostre lacrime per Auschwitz, dimenticandoci dei genocidi di oggi, ricordiamoci di una lastra che è stata posta in fondo al campo dopo la liberazione che dice : << Grido di disperazione e ammonimento all'umanità sia per sempre questo luogo dove i nazisti uccisero circa un milione e mezzo di uomini, donne e bambini, prevalentemente ebrei, da vari paesi d'Europa. 
Auschwitz-Birkenau 1940-1945 >>

Il pianto per il passato prepara le lacrime dei giorni che verranno e a far scoppiare il nostro dolore, oggi come domani, è la nostra incapacità etica e biologica di dire << NO >>. 

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