Freccero sul Corriere: «Siamo stati ingannati su Saddam e Gheddafi, non abbiamo il dubbio che potremmo esserlo su Maduro?»

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Freccero sul Corriere: «Siamo stati ingannati su Saddam e Gheddafi, non abbiamo il dubbio che potremmo esserlo su Maduro?»



di Carlo Freccero - Corriere della Sera
 

Ho subito parecchi attacchi da quando ho preso in mano Raidue. L’attacco di Telmo Pievani su «la Lettura» #380 però mi sconcerta perché, più che essere una critica al mio operato, vuole essere un processo alle intenzioni, a un eventuale programma che ancora non esiste e rischia di non andare mai in onda. Attento, sembra suggerirmi Pievani, che un programma di notizie proveniente da Internet rischia di essere una raccolta di bufale. Non so perché Internet e bufala debbano essere sinonimi. Paradossalmente tutti gli anni si celebrano su Internet vari festival delle bufale per premiare l’informazione mainstream. Quindi se i giornali pensano alla bufala su Internet, Internet attribuisce le bufale ai giornali.


Conosco l’interesse per la scienza e la teoria dell’evoluzione di Pievani e mi sento di rassicurarlo su un fatto. Un programma d’informazione non ha per oggetto teorie ma fatti, eventi reali e verificabili. Per quanto riguarda la scienza, una trasmissione d’informazione c’entra come i cavoli a merenda, però potrebbe sempre dare spazio a notizie reali come il risarcimento di una famiglia per gli effetti avversi del vaccino o la presenza, in campo internazionale, di Paesi come il Giappone e la Svezia che per motivi diversi rifiutano la vaccinazione obbligatoria.

 

Internet non è in grado di confutare la scienza ma può, a pieno titolo, confutare le bufale di qualsiasi natura e specie, molto più di un testo scritto che deve per forza abbracciare una tesi data. Come facciamo a dirlo? Ad esempio su Internet ha circolazione tutto un materiale di intercettazioni per cui capita di apprendere la verità dalla stessa fonte che, ufficialmente, sostiene la tesi contraria. In questo caso io penso si possa applicare l’autofalsificazione come elemento di discernimento tra vero e falso. L’ha detto lui. Quando Victoria Nuland vuol far passare il colpo di Stato in Ucraina come una rivoluzione europeista, e il suo interlocutore le fa notare che l’Europa non accetterà il nazismo della classe dirigente appoggiata da Washington, la Nuland sbotta: «Che l’Europa si fotta». Ecco smentita, secondo me, la matrice europeista della rivoluzione colorata. E a proposito di rivoluzioni colorate le intercettazioni su Hillary Clinton emerse nella campagna presidenziale e su George Soros da parte di DCLeaks escludono la spontaneità delle stesse.


Dopo l’11 settembre per far digerire al mondo la guerra, che con l’industria delle armi e l’accaparramento delle risorse naturali rappresenta l’ultimo mezzo di arricchimento degli Stati, ogni bugia è lecita. La propaganda di guerra è sempre esistita. Oggi è più insistente ma può essere confutata in tempi più brevi rispetto al passato. Chi frequentava Internet non ha avuto bisogno delle successive smentite, seguite all’invasione dell’Iraq, per sapere che Saddam Hussein non possedeva armi di distruzione di massa e che Muammar Gheddafi non era un dittatore inviso al popolo, ma uno statista africano che voleva dotare l’Africa di una propria moneta. Purtroppo la verità mainstream spesso non sopravvive al passare del tempo. E allora si pone la domanda: perché continuiamo a credere alle stesse bufale? Se siamo stati ingannati su Saddam e Gheddafi, perché non abbiamo il ragionevole dubbio che potremmo esserlo su Nicolás Maduro?

Ma dubito che, partendo da presupposti come questi, mi faranno mai fare il programma. Se tutto quello che circola su Internet è una bufala, in fondo non dovrebbe avere importanza. Perché allora tanta censura da parte del mainstream?

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