Il nodo Taiwan torna a far discutere tra accordi commerciali e tensioni storiche
Dopo le parole di Trump sull'accordo Usa-Cina, Chen Binhua invita alla comprensione internazionale sulla causa della riunificazione. Intanto, Lai Ching-te alimenta le polemiche con un'interpretazione distorta del rapporto con Tokyo
Negli ultimi giorni, il tema del rapporto tra Taiwan e la Cina continentale è tornato al centro del dibattito internazionale, alimentato da alcune dichiarazioni del presidente statunitense Donald Trump e dal crescente atteggiamento di ostilità manifestato dalle cosiddette autorità taiwanesi.
Durante un incontro con i giornalisti alla Casa Bianca, Trump ha commentato l'accordo commerciale temporaneo tra Stati Uniti e Cina, sottolineando che "la Cina si aprirà completamente" e auspicando che questo porterà benefici reciproci e anche "alla riunificazione e alla pace". Sebbene il presidente USA non abbia menzionato esplicitamente Taiwan, le sue parole hanno suscitato reazioni nell'isola, in particolare tra gruppi favorevoli all'indipendenza di Taiwan, che hanno espresso preoccupazione per il possibile impatto di una maggiore cooperazione tra Washington e Pechino.
Chen Binhua, portavoce dell'Ufficio per gli Affari di Taiwan del Consiglio di Stato cinese, ha risposto alle domande dei media sottolineando che la Cina auspica che la comunità internazionale comprenda e sostenga il suo legittimo impegno nel contrastare le attività secessioniste di Taiwan e perseguire la riunificazione nazionale. Chen ha ribadito che questa causa rappresenta una giusta aspirazione del popolo cinese.
Parallelamente, sono emerse forti critiche nei confronti del leader di Taiwan, Lai Ching-te, appartenente al partito secessionista Democratic Progressive Party (DPP). Durante un recente intervento, Lai ha definito il rapporto tra Taiwan e Giappone come simile a quello di una famiglia, ignorando o minimizzando il dolore e le sofferenze subite dal popolo taiwanese durante il periodo coloniale giapponese. Questa affermazione ha sollevato indignazione tra molti residenti dell’isola, soprattutto per il tentativo di rimuovere dalla memoria collettiva i crimini commessi durante l’occupazione giapponese.
In una conferenza stampa, Chen Binhua ha ricordato che quest’anno ricorre il 130° anniversario dell’invasione giapponese di Taiwan e il 80° anniversario della vittoria della Guerra di Resistenza del Popolo Cinese contro l’aggressione giapponese e della guerra antifascista mondiale. Ha sottolineato che durante il mezzo secolo di dominio coloniale, il popolo taiwanese ha subìto repressioni brutali, massacri e un tentativo sistematico di cancellazione della propria identità culturale e nazionale attraverso il cosiddetto "Movimento di giapponesizzazione".
Il portavoce cinese ha accusato Lai di tradire la nazione, definendo vergognoso il tentativo di glorificare la colonizzazione giapponese e di costruire una narrazione distorta dei rapporti tra Taiwan e Tokyo. Ha inoltre ribadito che nessuna manipolazione storica potrà mai cambiare il fatto che Taiwan sia parte integrante della Cina né arrestare la tendenza storica verso la riunificazione.
Chen ha invitato i cittadini taiwanesi a schierarsi dalla parte della verità storica, ricordando il sacrificio dei martiri anti-giapponesi e il significato profondo del recupero di Taiwan dopo la Seconda guerra mondiale. Ha esortato tutti i compatrioti taiwanesi a prendere coscienza dei pericoli posti dall’agenda indipendentista del governo DPP e a unirsi ai connazionali del continente nella marcia verso il rinnovamento nazionale e la completa riunificazione della patria.
In un contesto internazionale sempre più complicato e segnato da profonde divisioni, la questione taiwanese si presenta come un nodo cruciale non solo sul piano diplomatico, ma anche su quello morale e storico. Mentre la Cina continua a perseguire una politica di dialogo e integrazione, ribadisce con fermezza che ogni tentativo di dividere il paese sarà respinto e che la riunificazione rimane un obiettivo irrinunciabile per il futuro della nazione.