«Il socialismo è una necessità», intervista a Geraldina Colotti

«Il socialismo è una necessità», intervista a Geraldina Colotti

Il collettivo della Rete Europea di solidarietà con la Rivoluzione Bolivariana intervista la giornalista italiana

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RED. Lo scorso 13 ottobre a Bruxelles è stata fondata la Rete Europea di solidarietà con la Rivoluzione Bolivariana, a cui hai partecipato. Che importanza ha la costituzione della piattaforma in questo continente, visto che l'Unione Europea sta applicando sanzioni contro il popolo Venezuelano?

 

L'incontro di Bruxelles assume un'importanza particolare in questo momento, sia sul piano concreto che su quello simbolico. Contro il Venezuela si è dispiegato un attacco articolato e concentrico: economico, finanziario, mediatico, diplomatico. In questo contesto, e per ammissione dello stesso governo nordamericano, esiste anche il pericolo di un'aggressione militare, che potrebbe essere favorita dall'elezione del nazista Jair Bolsonaro in Brasile. Contro il Venezuela bolivariano, che da quasi vent'anni – dalla vittoria di Hugo Chavez alle presidenziali del dicembre 1998 – ha deciso di affidare al socialismo le speranze di un nuovo riscatto- si sono messe in atto tutte le modalità della guerra di quarta generazione: un nuovo Plan Condor che prova a innescare lo schema delle “rivoluzioni colorate”, sia dall'interno del paese che sul piano internazionale. Una modalità che, da ultimo e in un diverso quadro di contraddizioni, vediamo agire anche contro il Nicaragua. L'Europa – un'Europa dei forti, dominata dagli interessi delle grandi banche e non certo da quelli dei popoli – è un perno centrale di questa aggressione, allineata, pur con tutte le sue contraddizioni, al volere di Washington. Si sa che, per quante contraddizioni possa avere al suo interno, il sistema capitalista trova modo di compattarsi contro il “nemico comune”: il socialismo, che si propone di accelerare la crisi strutturale in cui si dibatte e che cerca di risolvere con nuove guerre. Un socialismo la cui bandiera ha continuato a sventolare, in America Latina, anche dopo la caduta del campo socialista, grazie alla resistenza eroica di Cuba e alla rivoluzione bolivariana che, seppur con mezzi legali e con tutte le difficoltà che questo significa, ne ha raccolto il testimone. Una Rete europea di solidarietà parte dalla presa d'atto che si debba mettere un argine a tutto questo e che occorra unire gli sforzi per mostrare il proprio “no” deciso alle sanzioni, al blocco economico-finanziario, alle mozioni di condanna contro il socialismo bolivariano, da parte di personaggi invisi ai settori popolari, che agiscono nelle istituzioni dell'Unione europea. Come giornalista, ho partecipato alla fondazione della Rete europea in quanto corrispondente per l'Europa di Resumen Latinoamericano, da sempre in prima fila nella difesa militante della rivoluzione bolivariana, di Cuba e dell'autodeterminazione dei popoli, altro tema fondamentale di cui si è discusso a Bruxelles. A Bruxelles sono andata anche come esponente della direzione internazionale del Consejo Nacional e Internacional de la Comunicacion popular (CONAICOP), una rete internazionale che fa capo alla compagna Tania Diaz, responsabile della Commissione Agitazione e Propaganda del PSUV e vicepresidente dell'Assemblea Nazionale Costituente. Da anni, inoltre, faccio parte della Rete di intellettuali in difesa dell'umanità, che era rappresentata dal coordinatore internazionale Pablo Sepulveda Allende, con il quale abbiamo condiviso uno dei quattro tavoli di discussione. Ho anche avuto l'onore di partecipare al tavolo della presidenza e alla stesura del documento finale come portavoce del tavolo, insieme alla compagna Maigualida Rivas.

 

RED- In quanto giornalista e militante internazionalista, quale contributo pensi si possa portare nell'ambito di questa Rete per opporsi alla campagna mediatica che, dall'Europa, viene scatenata dal grande capitale attraverso le sue corporazioni mediatiche per attaccare quotidianamente il proceso bolivariano?


Quello di opporsi alla guerra mediatica, che ha il suo fulcro più insidioso proprio in Europa e in special modo in Italia, dove la sinistra ufficiale ha da molto tempo abbandonato la difesa dei settori popolari, è un compito tanto ineludibile quanto arduo. Nella concentrazione monopolistica dei grandi blocchi mediatici, l'informazione è ormai diventata una merce che risponde ai propri padroni e non alla verità dei fatti. Saper descrivere, con dati e prove, la verità del Venezuela, promuovere conferenze, dibattivi, iniziative, è già un primo passo avanti. Bucare lo schermo della menzogna, avere accesso ai media egemonici, in Europa, è molto difficile. E' difficile contrastare il coro dei cosiddetti neutrali che, a sinistra, usano i propri fantasmi irrisolti per criticare il processo bolivariano: che è, appunto, un proceso, un laboratorio di sperimentazione che si proietta a livello mondiale. Uno degli assi portanti della Rivoluzione bolivariana è il sistema dei media alternativi, che ha avuto un ruolo crescente dal golpe contro Chavez del 2002. La comunicazione alternativa è uno strumento che serve a informare, alfabetizzare e orientare i settori popolari: uno strumento di lotta contro il latifondo mediatico. Negli anni '70, in Italia, le radio libere sono state uno strumento di resistenza in quel grande tentativo rivoluzionario che ha cercato di fare la rivoluzione – anche con le armi – in un paese capitalista come l'Italia, da sempre subalterno alla Nato e stracolmo di basi militari. Per bucare lo schermo della disinformazione – è stato detto a Bruxelles – bisogna costruire prima di tutto un'agenda di lotta che ci unisca nell'azione. Da comunista, penso che abbiamo bisogno prima di tutto di militanti che sappiano anche informare e orientare, non di giornalisti che si rifiugino dietro una tastiera e non sappiano spiegare al vicino perché occorre difendere la verità del Venezuela. E questo è il principale esempio che viene dalla rivoluzione bolivariana: il socialismo è una necessità, una realtà delle cose che occorre rivelare e interpretare, per sovvertire i rapporti di sfruttamento. Informare è impegnarsi nella battaglia delle idee: a partire dalla contraddizione capitale-lavoro per come si presenta oggi, dalla lotta alla guerra imperialista per un mondo di pace con giustizia sociale, dall'incrocio tra pensiero di genere e lotta di classe. Dai tavoli di discussione, la questione di genere, che attraversa tutto l'arco della produzione e riproduzione della vita e che interseca la questione di classe, è emersa con chiarezza, conformemente a quanto sta accadendo nella rivoluzione bolivariana: la cui costituzione, che nel 2019 compirà venti anni, è declinata nei due generi.

 

RED- Il presidente de la Repubblica, Nicolás Maduro ha ringraziato la solidarietà e salutato la creazione della Rete Europea a nome del popolo venezuelano “che resiste stoicamente alle agressioni dell'imperialismo”. Come far fronte, dall'Europa a questa pressione internazionale contro il proceso bolivariano?

 

Il messaggio del presidente Maduro, del compagno Nicolas Maduro, ha indicato quale sia il vero senso della solidarietà: lottare contro il governo del proprio paese, costruire un blocco sociale anticapitalista capace di cambiare le cose in Europa. La solidarietà è internazionalismo, è opposizione contro il nemico comune, non è solo approvare quel che fanno i popoli del sud mandando un twitt o un comunicato. Le imprese che boicottano il proceso bolivariano hanno nomi e cognomi. Le istituzioni che ospitano e premiano i golpisti venezuelani con i soldi dei contribuenti hanno sedi e rappresentanze in cui si possono organizzare “escraches”, denunce come fanno le compagne e i compagni argentini. Questo è stato il merito principale dell'incontro di Bruxelles, aver deciso di organizzare campagne contro le sanzioni e il blocco economico, contro le menzogne mediatiche, prima ancora di definire per bene la forma organizzativa. Non a caso la prima azione della Rete europea è stata una protesta davanti alla Euroclear, che sta bloccando il denaro del Venezuela per le medicine e gli alimenti già acquistati. Anche sul piano del metodo, serve l'esempio del proceso bolivariano: quello del Partito Socialista Unito del Venezuela, del PCV, delle formazioni che compongono il Gran Polo Patriotico, dei movimenti che spingono per dare forza e contenuti alla rivoluzione. La logica che porta alla vittoria, a tutti i livelli dell'organizzazione solidale, è quella dell'”uno por dies”: di funzionare da moltiplicatori di pratica e di coscienza. E' la logica del Conaicop, che funziona come un moltiplicatore, un attivatore della comunicazione aternativa.

 

RED- L'Europa, attraverso l'Unione Europea, è stata in prima fila nell'approvare le sanzioni che hanno generato un blocco economico, finanziario e commerciale contro il popolo venezuelano. La Rete organizzerà azioni contro questa situazione?



Certo, in tutti i modi possibili: accompagnando la diplomazia di pace, le rappresentanze politiche bolivariane che vengono a difendere la verità del Venezuela, con un'azione militante e visibile. Facendo inchieste e conferenze che portino, nelle università e in tutte le sedi possibili, la voce del socialismo bolivariano, mostrando come e perché difendere la rivoluzione bolivariana sia difendere la possibilità di futuro per le classi popolari, facendo della battaglia per la difesa del Venezuela un asse portante della battaglia delle idee: per il riscatto della memoria delle rivoluzioni precedenti e della storia come storia della lotta di classe, che implica costi e sacrifici, e che non può vincere se non nominando e guardando in faccia il nemico.

 

RED- Come militante internazionalista, quale appello rivolgi a chi vuole aggiungersi alla Rete Europea per rafforzare la solidarietà tra i popoli contro le sanzioni e le aggressioni imperialiste?

 

Appena uscito dal carcere di Yare, dov'era stato rinchiuso dopo la ribellione civico-militare del 1992, Hugo Chavez ha respinto la tesi sulla presunta “fine della storia”, che allora andava per la maggiore dopo la caduta dell'Unione Sovietica e il dilagare del neoliberismo. Alla crisi della IV Repubblica, al sistema dell'alternanza tra centro-destra e centro-sinistra nato dal Patto di Punto Fijo, il campo bolivariano ha reagito con più socialismo, mettendo sempre più l'accento sulla necessità di portare avanti una nuova battaglia contro l'ipocrisia di quei partiti, mostrandone la loro vera natura. In Europa, come nel resto dei paesi capitalisti, è passata l'idea che non esistano alternative al capitalismo e che tutto vada “accomodato” al suo interno in un balletto di finzioni in cui 264 famiglia detengono la ricchezza di 3 miliardi di persone. Dal Venezuela di Chavez e di Maduro, dal Venezuela del potere popolare e delle comunas, arriva un altro messaggio: esiste un'alternativa, esiste un secondo tempo nella partita del socialismo contro la devastazione del capitalismo. E per questo il Venezuela diventa un tema di politica interna per le forze reazionarie e fintamente progressiste che agiscono contro gli interessi popolari in Europa. Per le comuniste e i comunisti, per le forze di movimento e rivoluzionarie, è il momento di uscire dalle catacombe anche in Europa. Il Venezuela – è stato detto – è la Stalingrado degli anni 2000. Il Venezuela è la nostra trincea. 


Rete Europea di solidarietà con la Rivoluzione Bolivariana

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