La vittoria di Trump, i dilemmi dell'Europa e il viaggio di Mattarella

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La vittoria di Trump, i dilemmi dell'Europa e il viaggio di Mattarella



PICCOLE NOTE

 

Dopo la vittoria di Trump s’intravedono segnali di un cambio di passo per il mondo. Sebbene sia ancora solo una prospettiva, l’annuncio del nuovo presidente di voler porre fine alle guerre sta già dando frutti. Infatti, nonostante il fatto che gli ambiti internazionali consegnati alle guerre infinite non si siano dati per vinti – determinazione che rende i mesi che mancano all’insediamento di Trump molto pericolosi – la loro stretta sul mondo si allentata, dando modo alle forze politiche a essi consegnate, per interesse o perché costrette, di riposizionarsi.

L’exit strategy di Scholz e il viaggio di Mattarella

Il caso più eclatante è la Germania, con Scholz che, ancora troppo debole per dimissionare la sua bellicosa ministra degli Esteri Annalena Baerbock (la Nuland verde teutonica), ha però licenziato il suo ministro delle Finanze Christian Lindner, oltre che per manifesta incapacità anche perché gli aveva suggerito per l’ennesima volta di inviare i missili a lungo raggio Taurus all’Ucraina (Strana), fornitura alla quale il Cancelliere si è sempre opposto strenuamente e coraggiosamente.

Il ministro tedesco ritiene che Scholz lo abbia licenziato dopo aver proposto di inviare missili Taurus in Ucraina

Tale opposizione è forse l’unica cosa buona che ha fatto nel corso del suo mandato, oltre a quella di aver preso coscienza della sua totale inadeguatezza chiamando il Paese a nuove elezioni, nella speranza che emergano forze nuove, capaci di dialogare con la nuova amministrazione Usa e fermare la corsa verso il precipizio della sua nazione, avviata alla de-industrializzazione a causa della guerra ucraina.

Nel piccolo, anche la povera Italia si è risvegliata, con Mattarella pronto a volare in Cina con il cappello in mano per riallacciare quei rapporti che si erano interrotti quando il governo era stato costretto dagli States a rescindere le intese sulla Nuova Via della Seta.

Missione davvero insolita, quella di Mattarella, dal momento che si tratta di tematiche che dovrebbe affrontare il governo e non un presidente della Repubblica, ma va bene così. In tal modo si è inteso dire che è l’Italia a voler cambiare rotta, non le forze al governo, che pure potranno godere di un rapporto cordiale con la futura America (anche se tanta è la confusione nell’ambito delle forze di centro-destra, basti pensare che, nella prospettiva di un tale allineamento, il gruppo editoriale che fa capo agli Angelucci, la cui ascesa nei media è stata favorita da esse, aveva puntato tanto su Mike Pompeo, facendone punto di riferimento del Giornale appena acquisito; quel Pompeo appena dichiarato persona non grata da Trump per le sue derive neocon).

La Polonia in cerca di dividendi

Di rilievo anche l’entusiasmo per l’elezione di Trump dilagata in Polonia, con le autorità polacche che hanno iniziato a porre criticità più esplicite alle richieste di aiuto dell’Ucraina e a parlare con più chiarezza di chiudere la guerra.

Da notare, peraltro, come il primo ministro Donald Tusk, fervente devoto dell’americanismo più retrivo, abbia annunciato urbi et orbi il prossimo viaggio del presidente Andrzej Duda negli States allo scopo di incontrare Trump per parlare dell’Ucraina. Dichiarazioni e passi importanti per la geopolitica globale, perché la Polonia è stato un attore primario della tragedia che ha travolto il Paese confinante.

Polish President to visit Trump for talks on Ukraine

Con la possibile fine della ostilità ucraine, Varsavia vuole concretizzare le opportunità che il conflitto gli ha aperto, cioè porre l’Ovest dell’Ucraina sotto stretta influenza, sviluppo che aprirebbe alla Polonia un futuro geopolitico di ancor più rilevanza.

Tale prospettiva sarebbe favorita, ovviamente, se il Donbass restasse sotto il controllo di  Mosca, cosa che ormai è destino manifesto, perché l’Ucraina ne uscirebbe più che indebolita e incapace di reggersi da sola, mentre della sua sorte, finita l’utilità attuale data dalla guerra per procura contro la Russia, non interesserebbe più a nessuno. Da questo punto di vista, gli interessi della Polonia coincidono con quelli dello storico nemico russo. Invero strana l’eterogenesi dei fini che si è consumata nell’Est europeo.

Londra, Parigi e il fantasma della Merkel

Quanto alla Francia del povero Emmanuel Macron e alla Gran Bretagna dello stolido Keir Starmer, li ha colti il terrore che l’affermazione dei repubblicani oltreoceano possa portare fortuna ai rispettivi rivali interni, i Tory e la destra della Le Pen. Paura che a Londra è aggravata dalla prospettiva di un cessate il fuoco in Ucraina, che chiuderebbe il conflitto che essa ha alimentato in combinato disposto con i neocon americani per distruggere i rivali dell’Europa continentale, sia a livello politico che economico.

Anche per questo, i circoli neocon americani hanno eletto i due leader europei a pietre d’inciampo delle prospettive aperte dalla vittoria di Trump, tanto che i due hanno inteso rilanciare i rapporti bilaterali tra i loro Paesi nientedimeno che sotto l’arco di Trionfo parigino. Tramite questi improbabili dioscuri, i circoli di cui sopra sperano di ripetere i fasti della prima presidenza Trump, quando l’Europa a trazione Merkel si coordinò con i nemici interni del presidente americano per contrastarlo.

Ma allora l’opposizione europea al tycoon prestato alla politica era più vasta e unita che non quella che i due leader politici ambiscono a guidare; e il Vecchio continente era ancora una potenza economica e aveva ancora una qualche rilevanza politica, ormai residuale. Così che più che un ruggito, quello lanciato sotto l’Arco di trionfo appare più un garrulo abbaiare.

Quanto ai cosiddetti putiniani d’Europa, Orbán e Fico su tutti, la loro posizione ora è meno vacillante. Forse basterà a evitargli ulteriori strali da parte dei loro feroci antagonisti Ue-Nato o forse no. Ma se sopravviveranno alle avversità, col tempo potrebbero essere preziosi per ripristinare i rapporti rescissi con la Russia, che il ritrovato rapporto tra Washington e Mosca dovrebbero riaprire anche al Vecchio continente.

 

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