Non solo de-dollarizzazione. Le sfide (geostrategiche) dei BRICS 11 che l'occidente neanche vede - SECONDA PARTE

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Non solo de-dollarizzazione. Le sfide (geostrategiche) dei BRICS 11 che l'occidente neanche vede - SECONDA PARTE

 

di Giuseppe Masala 


PRIMA PARTE: COME I BRICS 11 STRAVOLGONO GLI EQUILIBRI MONDIALI 



SECONDA PARTE 

Non solo de-dollarizzazione. Le sfide (geostrategiche) dei BRICS 11 che l'occidente neanche vede 

Nei criteri di scelta dei paesi entrati nel BRICS non mancano però considerazioni di ordine strategico e militare. I BRICS con l'entrata dell'Egitto si assicurano il controllo sul Canale di Suez, porta verso il Mediterraneo, e con l'entrata dell'Etiopia si garantiscono il controllo dell'entrata nel Mar Rosso dall'Oceano Indiano, garantendo così sicurezza assoluta al Regno Saudita nella sua parte occidentale. Allo stesso tempo con l'entrata di Iran, di Emirati Arabi Uniti e dell'Arabia Saudita i BRICS si garantiscono l'egemonia nel Golfo Persico e il controllo dello stretto di Hormuz, vera e propria Giugulare del mondo da dove passa una grande quantità del petrolio mondiale, soprattutto quello diretto alla Cina. E' chiaro che i paesi del BRICS hanno appreso una delle più importanti lezioni della storia: non basta essere competitivi nei commerci, bisogna avere la sicurezza delle rotte marittime se si vuole garantire al proprio paese uno sviluppo economico sostenuto e duraturo nel tempo. Del resto anche Adam Smith sosteneva non a torto che “La difesa è molto più importante della ricchezza”.

Una parola specifica merita anche l'entrata dell'Etiopia nell'organizzazione. Se per molti la scelta può apparire incomprensibile, si tratta di una scelta dettata da una saggezza economica che troppo spesso gli occidentali hanno dimostrato di non capire: i paesi in via di sviluppo sono dei volani fondamentali per lo sviluppo, consentendo di avere nuovi mercati di sbocco da un lato e dall'altro garantendo anche un bacino di manodopera fondamentale per produzioni ormai mature nei paesi sviluppati.

E infatti il Paese del Corno d'Africa è diventato uno snodo centrale per la cinese “Iniziativa Nuova via della seta” (Belt and Road Initiative, Bri), nell'ambito della quale sono attualmente in fase di realizzazione in Etiopia circa 400 progetti cinesi, per un valore di oltre 4 miliardi di dollari. Peraltro - va sottolineato - immediatamente dopo l'annuncio di Addis Abeba nel BRICS, gli Emirati Arabi Uniti (anche essi neo componenti dell'organizzazione) hanno annunciato che aumenteranno i propri investimenti fino a 2,9 miliardi di dollari nel paese del Corno d'Africa. Si tenga inoltre conto quando si guardano le cifre degli investimenti che bisogna considerarle a Parità di Potere d'Acquisto, così da capire che questi investimenti in Etiopia sono da considerare colossali; per chiarire questo basti pensare che nel 2021 (ultimo dato disponibile) il reddito medio pro capite nel paese è stato di 925 dollari all'anno.

Insomma, i paesi del BRICS non solo vogliono essere volano di sviluppo ma con questo vogliono garantirsi importanti mercati di sbocco e riserve di manodopera a basso costo. Logica che vale ovviamente anche per l'Egitto e che l'Occidente non ha mai applicato e forse non ha mai capito perché troppo incentrato su vecchi schemi predatori e di colonizzazione culturale. Logica predatoria è stata certamente quello di usare i paesi in via di sviluppo come bacini di sfruttamento per le materie prime lasciando nulla sul territorio se non disastri ambientali difficilmente sanabili; e colonizzazione culturale è da considerare per esempio tutta la retorica pseudo democratica e dei pseudo diritti umani: solo un modo per tenere sotto schiaffo paesi e popoli che hanno il sacrosanto diritto di stare al mondo, di trovare la loro strada senza essere continuamente bacchettati da chi (noi) si sente Unto dal Signore e Prometeo portatore di luce nel mondo. Non è chiaro peraltro a che titolo l'Occidente si sia rivestito di questo ruolo.

Tra i tanti temi emersi in questo vertice a mio modo di vedere vi è poi quello delle “sanzioni illegali”. Secondo il vice ministro degli esteri russo Sergej Ryabkov tra i criteri di scelta dei paesi invitati all'adesione vi è "il non utilizzo di sanzioni illegali da parte di un potenziale membro dei BRICS contro nessuno dei membri dell'associazione". Indipendentemente dalla situazione contingente che riguarda la Russia vi è un discorso più generale: il principio rivendicato dai paesi del BRICS (e nello specifico da Cina e Russia che fanno parte permanentemente, e con diritto di veto, del Consiglio di Sicurezza dell'ONU) secondo il quale qualsiasi sanzione o provvedimento preso unilateralmente dagli occidentali sia da considerare illegale. Una precisazione questa che è una diretta e aperta sfida all'Occidente che in questi ultimi trenta anni di globalizzazione è stato il Dominus incontrastato a livello mondiale. Ormai la gara per l'egemonia è apertamente dichiarata.

E infine la tanto attesa decisione sull'unità di conto dei BRICS che nelle intenzioni doveva costituire lo strumento che avrebbe scalzato il Dollaro nei regolamenti internazionali. E' stato lo stesso Putin a chiarire che non è stato possibile varare questa “moneta” stante le difficoltà a trovare una quadra che garantisca gli interessi di tutti i componenti l'organizzazione. Ciò però non significa – a mio modo di vedere – che il processo di dedollarizzazione non andrà avanti, semplicemente continuerà così come ha fatto negli ultimi anni; ovvero attraverso accordi bilaterali fra stati e swaps tra banche centrali. Il processo di de-dollarizzazione è un processo inarrestabile per il semplice fatto che l'Occidente e gli Stati Uniti hanno perso l'egemonia mondiale e la moneta di conto dei regolamenti internazionali (che è anche la moneta di riserva usata delle banche centrali) non può non essere che quella del paese (o blocco di paesi) egemone a livello mondiale sia per forza militare, che diplomatica, che tecnologica, che economica.

Comunque anche sotto l'aspetto monetario e finanziario il BRICS ha varato una novità non da poco. Si tratta dell'implementazione de sistema di pagamento BRICS Pay. Ovvero di una piattaforma di pagamenti digitali sviluppata congiuntamente dai Paesi membri del blocco economico BRICS (Brasile, Russia, India, Cina e Sudafrica). BRICS PAY mira a consentire i pagamenti digitali tra i diversi Paesi nel formato BRICS PLUS (quindi comprensivo dei nuovi entranti), permettendo alle imprese e ai consumatori di effettuare e ricevere pagamenti nella loro valuta locale in modo sicuro e senza interruzioni. La piattaforma è progettata per ridurre i costi e la complessità dei pagamenti internazionali, fornendo al contempo un modo sicuro e affidabile per pagare beni e servizi

L'insieme di BRICS PAY trae vantaggio da una combinazione di sistemi di pagamento tradizionali e nuove tecnologie come le valute digitali delle banche centrali (CBDC), la finanza decentralizzata (dApp) e gli asset tokenizzati (titoli  garantiti, per esempio potrebbe essere degli “assegni circolari” tokenizzati per intenderci).

Ovviamente questo sistema di pagamento non scalfisce l'egemonia del dollaro (a mio avviso), almeno fino a quando le quotazioni dei beni saranno in dollari. Per paradosso con i pagamenti che avvenissero in monete del BRICS attraverso questo nuovo strumento in un sistema dove le quotazioni nei mercati avvenissero in dollari si avrebbe l'effetto che la divisa statunitense rimarrebbe come “moneta immaginaria” mondiale. Ma al di là di queste sottigliezze “filosofiche” ciò che va sottolineato e che il BRICS PAY sfida apertamente un altro sistema di pagamento interbancario, ovvero lo SWIFT occidentale. Che poi è la principale arma per far collassare il sistema bancario dei paesi colpiti da sanzioni grazie alla disconnessione dal circuito interbancario internazionale, lo SWIFT, appunto.

Anche questo progetto da l'idea di quanto sia profonda e potente la sfida lanciata dal BRICS all'Occidente. E lasciatemelo dire, quanto sia pericolosa: nessun paese ha mai rinunciato alla sua egemonia senza aver prima provato a difendersi con le armi. Vedremo se questa volta vincerà la saggezza, con un accordo complessivo che garantisca entrambe i blocchi, come sarebbe auspicabile.

 

(Seconda parte - Fine)

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