Paolo Mieli e il telegramma di Putin per Elisabetta II

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La morte della Regina Elisabetta è una perdita “irreparabile”. Così il messaggio di condoglianze di Vladimir Putin che avrebbe potuto passare inosservato nella marea montante delle reazioni alla morte della sovrana, ma che è stato giustamente messo in evidenza da Paolo Mieli, benché annoverato tra i più aspri critici dello Zar.

Un telegramma foriero di sorprese?

Intervenendo alla trasmissione Tagadà, Mieli ha sottolineato come Putin non abbia inviato un telegramma anodino, di quelli che si usano in tali occasioni, ma abbia scelto con cura le parole, conferendo al messaggio un significato più che importante, anche in considerazione del fatto che Londra è stata la più feroce antagonista dei russi nella guerra ucraina, più ancora degli americani.

Un telegramma che ha colpito molto Mieli, tanto da fargli dire che questo clima dolente per la morte della Regina potrebbe riservare “soprese” positive riguardo all’esito del conflitto che sta separando l’Oriente dall’Occidente.

Interessante anche – e forse soprattutto – quanto aggiunge a proposito di sorprese, cioè il fatto che Erdogan parteciperà al funerale della Regina. In realtà non sembrerebbe esserci nulla di strano nella presenza del Presidente turco, che si aggiunge a quelle dei tanti esponenti politici di tutto il mondo.

Invece, per Mieli, sembra avere una valenza tutta particolare, tanto che, in un piccolo lapsus, sembra accennare che Erdogan giunga a Londra per conto di Putin, come se fosse incaricato di trattare…

Anche se siamo alquanto scettici al riguardo, non si possono non registrare con interesse e speranza le osservazioni di Mieli, che arrivano mentre il fronte ucraino vede uno sviluppo nuovo e in via di definizione.

Lo scenario ucraino

Gli ucraini hanno, infatti, inanellato il primo vero successo dall’inizio della guerra, mettendo a segno una controffensiva verso Izyum, che li ha portati a penetrare in profondità nelle linee nemiche e a conseguire guadagni territoriali significativi.

Resta da vedere se arriveranno a riprendere il controllo di Izyum, cosa che metterebbe in crisi i russi, essendo la cittadina il centro nevralgico della zona che comprende la città di Kharkov; ma il successo, stavolta, è vero, a differenza di altri sbandierati in passato.

Serviva maledettamente a Zelensky e alla NATO, altrimenti il bluff della “vittoria” ucraina sarebbe stato troppo evidente e addio alla fornitura di armi, a nocumento dell’apparato militar-industriale Usa e dei tanti che stanno lucrando su questa maledetta guerra.

Così, nulla importando delle enormi perdite che ciò avrebbe causato nelle fila dei coscritti ucraini, Zelensky ha dato l’ordine, imponendo all’esercito di portare diverse offensive parallele. I russi ne hanno parate due, infliggendo seri danni agli attaccanti, ma la terza è riuscita a sfondare.

Tra le tante analisi della situazione, spicca quella di un analista russo che ha spiegato quel che ha sorpreso altri, cioè che l’area attaccata era difesa da un contingente simbolico, da cui la sicura sconfitta.

Avendo impiegato relativamente pochi militari in un’operazione che si dipana su un fronte molto allungato, i russi hanno optato per un dispiegamento difensivo mobile, che prevede una difesa molto debole in prima linea, e che ha solo il compito di presidiare l’area e rallentare il nemico in caso di attacco, con riserve in seconda linea pronte a muoversi verso la zona in affanno.

Ora le forze russe stanno convergendo verso l’area, ma ci vorrà tempo, mentre le forze ucraine continuano la loro avanzata, anche se sembra che abbiano perso lo slancio iniziale; ma a quanto pare, stanno già preparando i rinforzi per ridargli corpo.

Resta, dunque, da vedere se davvero riusciranno a prendere Izyum, penetrando ancor più nelle linee nemiche, come pianificato, o se l’offensiva sarà respinta. Nel secondo caso l’esercito ucraino dovrà stare attento a tenere aperte le linee della retroguardia, perché rischia di rimanere circondato, con conseguente mattanza.

 

La speranza di pace, un desiderio diffuso

Ma, al di là delle singole contingenze militari, che sono solo una parte di una guerra più ampia, anzi globale, che si sta consumando nell’Europa orientale, restano, appunto, le parole di Mieli, persona alquanto informata che potrebbe aver reso pubblico un sentimento più diffuso di quanto sembri.

E forse anche l’offensiva attuale potrebbe favorire una chiusura del conflitto: nessuno perde, nessuno vince, quindi chiudiamola qui, prima che la situazione diventi ancor più drammatica e a rischio di quanto è in questo momento, sempre più cupo.

Una speranza, nulla più, ma che val la pena conservare.

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