Pepe Escobar - Dal Caspio al Golfo Persico: sulle tracce del corridoio nord-sud dell'Iran
di Pepe Escobar – Sputnik
[Traduzione a cura di: Nora Hoppe]
In viaggio in Iran – Il Corridoio Internazionale di Trasporto Nord-Sud (INSTC) è uno dei progetti geoeconomici/infrastrutturali più cruciali del XXI secolo. Unisce al suo centro tre nazioni chiave dei BRICS – Russia, Iran e India – e si estende al Caucaso e all'Asia centrale.
Quando sarà pienamente operativo, l'INSTC offrirà un corridoio commerciale e di connettività esente da sanzioni, più economico e più veloce del canale di Suez a gran parte dell'Eurasia. Le conseguenze geoeconomiche saranno sbalorditive.
Rivedere l'Iran in questi tempi di difficoltà geopolitiche, di “massima pressione” incessante, di linee rosse sull'arricchimento dell'uranio e di minacce di bombardamenti non potrebbe essere più impellente – e illuminante.
Connettività totale: Autostrada, moschea, bazar
Per serie di eventi di buon auspicio, il reportage/l'iinchiesta della vecchia scuola è diventato la trama di un documentario, prodotto in Iran, girato da una troupe eccezionale e trasmesso in diverse parti dell'Eurasia, compresa la Russia. Qui vi proponiamo le grandi linee del nostro viaggio nel cuore dell'INSTC.
Abbiamo iniziato con una serie di interviste a Teheran, con analisti dell'Asia Centrale e soprattutto con Mostafa Agham, il massimo esperto di Behineh Tarabar Azhour, un'azienda di trasporti e logistica specializzata nei corridoi ferroviari dell'Eurasia. Queste analisi hanno offerto punti di vista contrastanti sulle prossime tappe dell'INSTC e sulle sue principali sfide.
Il viaggio lungo l'arteria principale dell'Iran, da Teheran a Bandar Abbas, è stato d'obbligo – in quanto conformerà l'asse autostradale transiraniano da nord a sud del corridoio. Si tratta ovviamente di un pellegrinaggio culturale e spirituale, che nel nostro caso ha avuto molte sfumature di buon auspicio.
Siamo arrivati nella mitica Isfahan dopo il tramonto, il che ci ha permesso di visitare praticamente indisturbati la moschea Masjed-e Shah – ovvero la “Moschea Reale”. La moschea reale – uno dei punti salienti dell'architettura islamica – si trova sul lato sud della piazza Naqsh-e Jahan di Isfahan, una delle piazze pubbliche più straordinarie nella storia dell'arte e dell'architettura, che rivaleggia e probabilmente supera San Marco a Venezia.
È inevitabile anche una visita al bazar di Isfahan. Cercavo un vecchio amico che vendeva tappeti nomadi – alla fine, a causa della lentezza degli affari, si è trasferito in Portogallo – e ho trovato il suo erede, giovane ed energico, che oltre a indicarmi uno spettacolare e raro tappeto tribale proveniente dal nord-est dell'Iran, vicino al confine afghano, mi ha fatto un corso accelerato sugli effetti delle sanzioni e sulla perenne demonizzazione dell'Iran in Occidente (“La Turchia ha 40 milioni di turisti, noi ne abbiamo due o tre”). Il bazar di Isfahan, ordinato ed estremamente organizzato, offre un artigianato di qualità che può competere con quello di Istanbul, ma si tratta essenzialmente di un turismo interno, con qualche straniero proveniente soprattutto dall'Asia centrale e meridionale e alcuni dalla Cina.
Sulla via del ritorno a Teheran abbiamo appreso che, essendo un martedì, il venerato Haram di Fatima Masumeh, la figlia del 7° Imam Musa, a Qom era aperto tutta la notte. Nulla prepara il pellegrino all'arrivo, quasi alle due del mattino, in un'apoteosi di oro e cristalli nel cuore di Qom, la seconda città più sacra dell'Iran dopo Mashhad. Solo pochi pellegrini che rendono omaggio, alcuni che passeggiano intorno al santuario con le loro famiglie o leggono il Corano. Un momento di tranquilla illuminazione.
Poi è arrivato il momento di raggiungere il Caspio e il porto di Bandar Anzali, il proverbiale “ponte internazionale” dove, in teoria, inizieranno ad arrivare in massa, attraverso l'INSTC, le navi da carico provenienti da Astrakhan, nel Caspio russo, e da altri Stati confinanti con il Caspio. A Bandar Anzali, l'Iran importa essenzialmente prodotti petrolchimici, materiali da costruzione, minerali e prodotti ferrosi ed esporta cereali (soia, mais, orzo, grano) e petrolio greggio.
A Teheran, Mostafa Agham, l'esperto di connettività, aveva spiegato in dettaglio che forse la spinta multimodale dell'INSTC attraverso il Caspio potrebbe non essere l'idea migliore. I russi preferiscono costruire una ferrovia che costeggi i margini occidentali del Caspio; e un'altra possibilità è quella di utilizzare una rete di ferrovie già funzionanti che partono dalla Russia centro-meridionale, attraversano il Kazakistan fino ad Aktau, sul Caspio, e poi si collegano attraverso il Turkmenistan a Teheran.
È solo attraverso un primo piano su Bandar Anzali che si capisce la logica russa. Uno dei nostri cameraman, in un delizioso inglese stentato, ha coniato un'espressione di successo: “Port no exist”. Traduzione: le infrastrutture non sono state aggiornate da decenni, il che ci porta agli effetti devastanti delle sanzioni, visibili in diversi nodi dell'Iran. La Cina avrà molto lavoro da fare nell'ambito della loro partnership strategica ventennale, in cui l'energia per le infrastrutture è un asse centrale.
Verso il confine…
Bandar Abbas, nel Golfo Persico, è una storia completamente diversa. È il principale porto iraniano e un nodo chiave dell'INSTC, da collegare a Mumbai e già connesso ai grandi porti della Cina orientale. Abbiamo avuto tutti i permessi necessari, difficili da ottenere, per esplorare la Zona Economica Speciale di Shahid Rajaee, affollata di container di compagnie di navigazione come West Asia Express e che scarica decine di carichi di container cinesi. Lo Stretto di Hormuz, estremamente strategico, si trova a soli 39 km a sud. Pochi giorni dopo la nostra visita, il presidente iraniano Masoud Pezeshkian è andato dritto al punto, riferendosi alle proverbiali minacce di Trump: “Bloccate il nostro petrolio e bloccheremo l'energia del mondo.” L'Iran può farlo – in un battibaleno; se ciò dovesse accadere, il collasso dell'economia globale è garantito.
Inoltre, le autorità portuali hanno spiegato che la recente esplosione sul Porto Shahid Rajaee – attribuita a “negligenza”, ancora in fase di indagine e alquanto un po' impantanato nelle polemiche – non è avvenuta nel porto stesso, ma in un'area di stoccaggio a 10 km di distanza.
Dal Golfo Persico voliamo verso il Mare di Oman – e di nuovo problemi di infrastrutture: ci sono solo due voli a settimana. Arriviamo in un minuscolo aeroporto militare fuori dalla futura superstar dell'INSTC: il porto di Chabahar, nella provincia del Sistan-Baluchistan. I baluci sono fighissimi, cugini di quelli che vivono dall'altra parte del confine, in Pakistan. Nella vivace Chabahar, i tratti di una città in pieno boom sono ben visibili.
Una lunga passeggiata nel porto a fianco di Alireza Jahan, esperto di logistica, e poi una conversazione con Mohammad Saeid Arbabi, presidente del consiglio di amministrazione e amministratore delegato della zona di libero scambio di Chabahar, non potrebbero essere più illuminanti.
Jahan spiega come Chabahar sia essenziale per l'Asse orientale dell'Iran, in quanto serve oltre 20 milioni di persone non solo nell'enorme Sistan-Baluchistan, ma anche in altre tre province del Khorasan e più avanti nel Kerman. Chabahar è quindi il porto di un enorme entroterra, mentre il suo concorrente, Gwadar nel Mar Arabico in Pakistan, a soli 80 km di distanza, è praticamente isolato.
Jahan spiega anche gli investimenti indiani. Teheran sta investendo molto nelle infrastrutture e nelle sovrastrutture del porto di Chabahar, mentre l'India sta investendo in attrezzature: le gru italiane che circondano il porto provengono dall'India. Arbabi, presso la Zona di libero scambio, approfondisce il profilo internazionale di Chabahar, che sarà un nodo assolutamente fondamentale non solo per l'Afghanistan senza sbocco sul mare, ma anche per gli “stan” dell'Asia centrale.
E questo ci porta alla saga dell'autostrada locale: Chabahar a Zahedan, al confine con l'Afghanistan, 632 km, già una “strada accettabile” e con una ferrovia di accompagnamento da costruire entro i prossimi tre anni, tutto finanziato al 100% dal governo iraniano.
I progressi al porto sono costanti – lentamente ma inesorabilmente. Per il momento Chabahar riceve tre navi al mese dall'India e due dalla Cina, più tre dal Golfo Persico. La distanza da Mumbai è di soli 4 giorni e da Shanghai di 15 giorni. Il potenziale di espansione è illimitato.
Da Chabahar si prosegue beatamente lungo la spettacolare, strategica, petrolifera e semidesertica costa del Makran, che costeggia l'immacolato mare dell'Oman fino al Mar Arabico. La storia incombe: è qui che Alessandro Magno perse ben il 75% del suo esercito per disidratazione e fame, mentre si ritirava attraverso il deserto verso la Macedonia dopo la tortuosa invasione dell'India durata due anni.
Per una serie di ragioni economiche ed ecologiche, da tempo si sta pensando di trasferire la capitale Teheran sulla costa del Makran. Chabahar, in questo caso, sarebbe il candidato ideale: porto franco, connettività INSTC tra Asia centrale e Oceano Indiano. L'India – che ha bisogno di intensificare il suo gioco geoeconomico – se n'è accorta. E la Cina se n'è accorta senz'altro; le aziende cinesi sono destinate a investire massicciamente a Chabahar – di fatto il nodo chiave per l'integrazione dell'Eurasia meridionale.