Toys chiude negli Usa, 15 mila lavoratori perderanno il loro posto. Questa la spiegazione emblematica del New York Times

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Toys chiude negli Usa, 15 mila lavoratori perderanno il loro posto. Questa la spiegazione emblematica del New York Times


di Francesco Erspamer*


Toys-R-us, che fino a pochi anni fa dominava la distribuzione dei giocattoli negli Stati Uniti, sta per chiudere. Aveva decine di migliaia di impiegati, che perderanno il lavoro. Come mai? Leggete la spiegazione del New York Times: "I gusti dei consumatori cambiano così in fretta che le imprese troppo indebitate non ce la fanno a riorganizzarsi e adattarsi alla competizione di rivali con più finanziamenti". Avrebbero potuto più semplicemente usare la formula che nel diritto anglosassone definisce quegli eventi che non si possono umanamente evitare e per i quali dunque non ci sono responsabilità civili o penali: "Act of God", atto divino. Davvero vogliono farci credere che dietro il consumismo compulsivo degli americani ci sia una sorta di necessità naturale? Che il loro bisogno ossessivo di comprarsi sùbito e tutti insieme l'ultimo superfluo prodotto pubblicizzato da sportivi e altre celebrity, sia spontaneo e non il frutto di un'immensa e incessante operazione di manipolazione delle coscienze?





All'origine c'è la resa senza condizioni dello Stato alle multinazionali, che consente a quelle più aggressive di aggirare le regole o preferibilmente farle abolire (la celebre deregulation liberista) dai politici grazie alle pressioni (ma una volta si chiamava corruzione) delle lobby e dei media. Altro che destino: sarebbe bastato tassare il commercio online il doppio di quello tradizionale, impedire i licenziamenti facili e le delocalizzazioni, soprattutto smetterla di usare il denaro pubblico per creare infrastrutture di cui beneficiano corporation private e globali che spesso neanche pagano le tasse. Per non parlare del divieto delle concentrazioni economiche e finanziarie (antitrust): già anni fa Amazon avrebbe dovuto essere frammentata in tante piccole società, ciascuna operante in un paio di stati americani, altro che permetterle di diventare un gigante che può imporre a chiunque le sue condizioni. E la pubblicità ossessiva? Perché si deve rischiare di essere derisi se solo si osi ipotizzare una sua regolamentazione?


Il liberismo è un'ideologia, anzi una teologia, la più pervasiva della Storia. Chi ha fede nel suo dio, il Mercato, non ammette alternative: ancora non brucia gli eretici ma soltanto perché il suo potere è incontrastato. Meglio cominciare a capirlo meglio, questo potere, a smascherare le sue strategie, a rifiutare le sue seduzioni e la finta logica dei suoi ben remunerati intellettuali. In Italia almeno, prima che l'americanizzazione piddina e berlusconiana diventi irreversibile.

*Professore all'Harvard University. Post Facebook del 16 marzo 2018.

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